Nasce cinquant’anni fa a Tortona, una piccola città del basso Piemonte, considerata la piccola Milano, almeno nelle aspettative degli abitanti. Voltandosi ora e osservandosi da un punto di vista di donna adulta, Laura sente che sarebbe potuta essere considerata una bambina sradicata, prima ancora di avere avuto il tempo di radicarsi. I genitori giovanissimi immersi nel lavoro affidano la sua quotidianità ai nonni, ma Laura ha avuto il privilegio di avere quattro nonni giovani che hanno coccolato le sue ferite di bambina, anche quelle provocate da loro, inconsapevoli e in buona fede.

Laura è una bambina atipica, attratta dal mondo degli adulti e poco dai suoi coetanei, la sua cerchia, prima dell’inizio delle scuole è costituita dai vicini di casa, frequentatori del cortile. Il sano cortile, luogo di improvvisazione e inconsapevole comunicazione tra simili. Ma a Laura intrigano i più grandi, li imita nei loro comportamenti, atteggiamenti e persino travestimenti. Socializza anche con i genitori dei suoi coetanei, li considera alla pari. "Devo essere stata piuttosto inquietante come bambina adulta….", lei stessa sostiene lasciando trasparire sulle labbra un lieve sorriso ironico e malinconico.

La sua è sempre stata una ricerca di attenzione, il desiderio spasmodico di essere "vista". In verità Laura è priva del concetto di infanzia. Di qui la sua solitudine. Legge tanto, ascolta musica, la “musica dei grandi”, nel senso ascoltata da chi ha decisamente più anni di lei, adora i cantanti e gli attori. Abita di fianco a un cinema, uno dei tre della sua città, di proprietà di amici di famiglia. Lo considera la sua seconda casa, entra ed esce, senza problemi di pagare il biglietto, è un prolungamento del cortile, della sua sala giochi. Si immedesima in ogni immagine inventando copioni. Laura è maga, meccanico, medico, venditrice ambulante, trapezista, ballerina, cantante, biologa, giornalista, attrice e regista. Immaginarsi regista la fa impazzire. La doppia parte di attrice e regista le piace ancor di più.

Laura ha due vite, fin da allora. È solare, dolce, fiera di nascondere i suoi vuoti, che consegna solo alla sua penna, non appena impara a scrivere. Frequenta il liceo a Tortona e poi l’università a Pavia, Lettere Moderne, che interrompe bruscamente in prossimità della fine. Il suo interesse primario è la psicologia, che però coltiva autonomamente, iscrivendosi, appunto, ad altra facoltà. Gli altri, le persone che la conoscono bene, lo considerano un talento naturale, qualcosa più di una propensione, per una forma di empatia e spiccata curiosità nei confronti dell’essere umano.

Alla mia domanda curiosa sul perché la psicologia Laura è schietta e diretta: "La psicologia? Perché la psicologia? È un amore, percepita più come vocazione che come occupazione. È la facilità con la quale scivolo dentro gli altri a darmene ragione. Che non vuole dire capire gli altri. Vuol dire accomodarsi dentro. Forse non ho voluto mescolare l’amore con la professione, per far sopravvivere il sentimento, ragion per cui non mi sono iscritta a psicologia. O forse la risposta non ce l’ho. Così come non ho i finali. Non mi piacciono i finali. Mi piace poterli riscrivere, mi piace lasciare aperte tante possibilità. È questa la scusa che adotto quando racconto di non aver terminato l’università. No, forse non è questa la verità. La verità è che sono stata sopraffatta da altre esperienze, personali e lavorative e nelle mie intenzioni l’ho semplicemente accantonata".

Laura da esami su esami e intanto scrive. Si dedica ad attività commerciali che non predilige, scelta dettata da altre priorità, una fra tante, lavorare al fianco della persona che è accanto a lei da trent’anni, unita a un grande amore per la cucina, che la colloca nel settore della piccola ristorazione. Il contatto con il pubblico e la ricerca di una cura sempre maggiore nell’arte culinaria, stimola e nutre, nel frattempo, le sue curiosità. E intanto scrive, in continuazione: appunti sparsi, dialoghi inventati, immaginati, fra persone reali a lei note e non. A cinquant’anni decide di mettere insieme tutti i respiri rilasciati proprio da quelle persone che le sono passate di fianco, di dare una forma di eternità alle emozioni. Scrive così il suo primo romanzo, Se ne hai bisogno e immediatamente inizia il secondo, al quale si sta dedicando.

Se ne hai bisogno è un romanzo senza una vera trama. Il racconto è stato definito da un amico, semplicemente come ‘una scusa’. Si, è vero è una scusa che le ha permesso di mettere sulla carta sensazioni che avevano bisogno di un contesto materiale, avevano bisogno di indossare abiti visibili per camminare con le loro gambe e arrivare a un ipotetico lettore. C’è un racconto, un racconto di vita, ambientato ai giorni nostri, con personaggi comuni, con la loro quotidianità fatta di cose nobili e meno nobili. Poi ce ne sono alcuni che si staccano dal racconto perché sono elementi chiave di tutta la faccenda, compiono salti evolutivi inaspettati e guidano il lettore, senza però suggerirgli nulla, come lo è Giulio protagonista e non protagonista per scelta di vita, o come Elena che non è solo personaggio, ma anima della sua penna.

Elena ha una parte importantissima nel romanzo perché suo è il diario che alterna i capitoli ordinari e suo il cuore della questione. Quando la sua femminilità esplode raccontando l’intimità della vita di coppia, scrive con tale garbo e senza cadere nel volgare, con raffinato e appropriato linguaggio, per cui, maliziosamente consente al lettore di guardare solo dal buco della serratura della camera da letto.

È a lei, Elena, che Laura Ragni affida il senso del libro, è lei che destabilizza, è lei a tirare i fili. Il racconto è caratterizzato da un linguaggio moderno, tratto dalla quotidianità e di grande efficacia espressiva, spesso divertente, ma sempre, appropriato al soggetto descritto. Insomma, è un piacere leggerla, una penna che aiuta a salvarci dal precipitare nel limbo della mediocrità. "Questo è il mio primo romanzo. Era già scritto e io non lo sapevo, solo lo conservavo dentro.È il figlio che non ho avuto e non ho desiderato, ma lui non ne ha voluto sapere di non nascere, non ne ha voluto sapere di non essere desiderato. Io ho dovuto solo partorirlo. Chi reclama una nascita va accolto".

Geraldine è il nuovo libro, in fase embrionale ancora, Geraldine narra di un uomo in crisi che opera un'analisi maschile, con tutti i rischi connessi che, Laura, corre narrando in prima persona come uomo. Inadeguatezza al ruolo di padre e marito, Né vittima né carnefice, un figlio di questo tempo. Trova una soluzione non accettata socialmente ne tantomeno pianificata… che però è l'unica possibile. Non resta che aspettare.