Nella prima metà del Novecento l’Africa continuò ad essere oggetto di attenzione sia come presidio coloniale nelle regioni della Somalia, Etiopia e Eritrea sia come territorio oggetto di ricerca e studio da parte di antropologi, etnologi e naturalisti. Rare furono le donne che si avventurarono soprattutto sole e non “al seguito” per il loro lavoro di ricercatrici. Rappresenta un'eccezione la contessa Onorina Passerini Bargagli Petrucci, che oltre all’interesse scientifico è motivata da profondi interessi culturali rivolti allo studio delle popolazioni, degli usi e dell’economia locale.

Così si esprime la contessa Onorina nella sua pubblicazione edita nel 1934 dal titolo Nel Fezzan: “Perché amo viaggiare? Perché amo l’ignoto, la più bella attrattiva dell’esistenza, fonte di speranze… d’illusioni… di poesia. Ignoto che si riassume nel motto dannunziano La più gran gioia è sempre all’altra riva”.

Per entrare nel personaggio di Onorina è opportuno approfondire il contesto culturale e l’ambiente familiare in cui è cresciuta e maturata. E vengo a fare la sua conoscenza quasi per caso durante le mie ricerche di storia della botanica, in quanto lei non risulta ufficialmente in nessun testo accademico se non come coautore. Onorina è figlia, insieme ai fratelli Lapo, Gino, Mario, Lina, di Vittoria Ghetti e Napoleone Pio Passerini (1862-1951), figlio del conte Pietro Passerini di Cortona (1741-1848), a sua volta discendente del Cardinale Silvio Passerini (1459-1529) del cui archivio rimangono ancora documenti e carteggi presso l’Archivio di Stato di Firenze. La famiglia è riportata tra le più note famiglie toscane e di cui sono conosciuti i due rami, quello di Cortona e quello di Firenze. Il nome dei Passerini ritorna tra i personaggi italiani legati alla botanica e alle scienze naturalistiche. In particolare il padre di Onorina, Napoleone Pio è un valente agronomo e botanico, è professore emerito di agronomia e coltivazioni erbacee, selezionatore della razza Chianina, nelle sue tenute in Val Di Chiana a Bettolle nel senese e scopritore dei fermenti per la vinificazione. Fonda una importante Scuola professionale di Agraria a Scandicci in una proprietà da lui acquisita dagli Altoviti, Villa Le Rondini, costruita sulla parte alta della località appena fuori Firenze.

Onorina probabilmente matura la sua accesa passione per le scienze naturali incoraggiata dalla frequentazione di uomini di scienza poiché anche lo stesso futuro marito, Piero Bargagli Petrucci (1881- 1964) è cugino di Gino Bargagli Petrucci che ricoprì, durante il triennio accademico 1919 -1922, la carica di Direttore dell’Istituto Botanico di Firenze dove insegnava Renato Pampanini (1875- 1949), come addetto agli erbari. Quest’ultimo avrà un ruolo importante nella vita di Onorina per le sue attività di raccoglitrice di piante rare ed esotiche.

Onorina, che viveva ancora in famiglia a Villa Passerini, a Scandicci, il 17 Ottobre del 1908 sposa a Firenze Piero Bargagli Petrucci. A ventidue anni è già madre di Maria Vittoria (1910-2006), sua unica figlia, ma il grande anelito verso l’esplorazione, il viaggio, non tarda a esprimersi con la passione e la forza di una instancabile ricercatrice. Per sua fortuna le agiate condizioni economiche le consentono di intraprendere da giovanissima i primi viaggi. Mi fa pensare a un'altra donna coraggiosa come Edith Wharton (1862-1937), che aveva fretta di sposarsi per avere a quell’epoca la licenza di viaggiare, come scrive nella sua biografia.

Dal suo ampio archivio ordinato e ancora intatto presso gli eredi, si evince la vulcanica attività di Onorina che risulta attivissima anche nel sociale. Già dal 1906, a soli 18 anni, è membro dell’Istituto Italiano per L’Africa e direttrice dei corsi di Cultura nella Sede Regionale di Firenze, del Centro di Studi Coloniali di Firenze come partecipante al Convegno di Studi Africani, dell’Associazione Nazionale Profughi d’Africa e dal 1955 appartiene alla Federazione Nazionale Giornalisti e scrittori africanisti con il ruolo di pubblicista. Milita come membro della Croce Rossa Italiana e dimostra fin da giovane una spiccata propensione al viaggio per coltivare i suoi interessi naturalistici e etnografici. Nel 1910 affronta un tragitto noto per l’esplorazione africana, battuto dai più noti viaggiatori: la risalita del corso del Nilo. Il viaggio sarà fortunatamente documentato in un diario-dossier ampiamente illustrato da immagini fotografiche scattate da lei stessa e intitolato Nel Sudan Anglo Egiziano. Come lo vidi dopo molti anni di dominazione inglese (Marzocco, Firenze, 1941).

Nella premessa alla pubblicazione con molta semplicità sottolinea l’intento di voler esporre i fatti, relativi alla dominazione anglo-egiziana “ma di fatto inglese”, tiene a sottolineare, in modo fedele “e senza alcuna pretesa letteraria”. La impavida Passerini, queste “polverose memorie” , “appunti di viaggio” “dimenticati nei cassetti di un vecchio armadio”, li tirerà fuori dopo trent’anni, con la dichiarazione di guerra dell’Italia all’Inghilterra. Oltre ai numerosi viaggi negli anni Venti, Onorina si specializza nella raccolta botanica diventando raccoglitrice per conto del professor Renato Pampanini dell’Istituto di Botanica di Firenze che sta conducendo uno studio sulla flora del Cadore. Durante l’estate del 1928 e del 1929, appassionata di montagna, erborizza e ripone in fogli d’erbario diverse specie erbacee, oggi conservate presso l’Erbario dell’Orto Botanico di Padova, che poi costituiranno materiale indispensabile per la pubblicazione Flora di Cortina d’Ampezzo di R. Pampanini e R. Zardini (Forlì, 1948).

Successivamente, nell’aprile del 1930, intraprende un viaggio in Tripolitania nella regioni di Ghadames e nel Gebel tripolitano per visitare quei luoghi, e già in questa prima occasione dimostra un interesse scientifico spiccato poiché erborizza in tutta la regione, dove raccoglierà centinaia di esemplari di specie poi oggetto di studi tassonomici specifici. Li pubblicherà in collaborazione con il noto botanico Renato Pampanini in due importanti contributi. Infatti di queste erborizzazioni ne rende testimonianza Le piante raccolte nel 1930 dalla Contessa Onorina Bargagli-Petrucci nel Gebel Tripolitano e nella regione di Ghadames. Si trattò allora di una piccola collezione di piante: 106 specie e una varietà. Alcune di scarso interesse perché comuni nella zona, altre a detta di Renato Pampanini, che le classificò, più interessanti perché poco frequenti nella regione dalla quale non si avevano più documenti floristici da oltre 50 anni. Le piante raccolte provenivano dalle zone di Tagiura, Giado, altipiano di Rumia, e di Nalut, Sinauen, Tutta, Ghadames, Tunin e Bir Ganem.

Nell’aprile del 1932 intraprende un altro viaggio in Libia insieme al marito Piero Bargagli Petrucci, alla figlia Maria Vittoria e alla contessina Bianca Maria Dolfin. Il viaggio, di due mesi, intrapreso in automobile, una Cinquecento, si svolse in Tripolitania e nel Fezzan. Questa volta la collezione botanica comprende 225 esemplari (144 specie e 7 varietà e forme). Nuove per la Libia risultarono: Lasiurus hirsutus e Zilla spinosa var. microcarpa. Per la Tripolitania invece risultarono nuove 4 varietà, Aristida piumosa var.fioccosa, Erodium lacinatum var.pulverulentum, Haplophyllum vermicolare var. cyrenaicum, Aegylops ovata ssp.eu-ovata var.africana. Di questo secondo viaggio lei stessa documenta le raccolte e l’esperienza vissuta in prima persona nel volume Nel Fezzan: aprile-maggio 1932, edito a Firenze nel 1934 e successivamente lo fa nuovamente in un articolo dal titolo Attraverso la Tripolitania ed il Fezzan in una rivista scientifica pubblicata insieme al botanico Pampanini nell’Archivio Botanico nel Vol. IX Fasc. I dell’ Aprile del 1933.

Da una terza pubblicazione del Pampanini risalente al 1938, comunicata alla Società Botanica Italiana in occasione della Riunione giubilare per il cinquantesimo anniversario della fondazione della Società, dal titolo Le erborizzazioni della Contessa Onorina Bargagli Petrucci in Libia nel 1937 risulta un suo ulteriore viaggio di breve durata in Tripolitania e Cirenaica, in occasione del quale percorre l’itinerario da Tripoli a Giarabub e ritorno toccando le località di Sirte, Bengasi, Derna e Marmarica. Nonostante il poco tempo a sua disposizione ella riuscì a raccogliere 30 esemplari in Tripolitania e 235 in Cirenaica, tutti poi classificati e riportati nel contributo del Pampanini, il quale osserva nelle conclusioni che due sono le specie nuove individuate per quelle zone e in particolar modo per la Cirenaica: l’Asteriscus acquaticus Senn anche per il genere e la Carlina sicula Tenn nella forma tipica.

Nel bel volume illustrato dal titolo Nel Sudan anglo-egiziano: Come lo vidi dopo molti anni di dominazione inglese, edito a Firenze da Marzocco 1941, si può rilevare già nel titolo che chi scrive vuol dare rilievo alle osservazioni fatte in un paese che ha subito la dominazione coloniale. E se da una parte non mancano riferimenti di compiacimento per l’operato degli stati colonizzatori non si può non rilevare l’attenzione della viaggiatrice alle più nascoste peculiarità dei luoghi che illustra con uno spiccato sentimento di apprezzamento per la flora e la fauna. Durante il suo racconto a partire dalle sponde dell’Arno per arrivare al Nilo Bianco, esordisce con atteggiamenti di riprovazione datando la premessa del libro al 18 Novembre 1935, a pochi giorni dall’invasione dell’Etiopia da parte degli Italiani.

Di Onorina Passerini, studiosa e appassionata botanica rimane un vivo ricordo nei nipoti, grazie al bellissimo archivio fotografico che qui sarebbe impossibile riprodurre, i suoi numerosi scritti, le pubblicazioni e molti suoi disegni di cui uno raffigura la sua amata città: Firenze. È difficile accettare l’idea che una donna che fin da giovane ha seguito le orme del padre agronomo, abbia studiato le materie attinenti all’agricoltura e alla botanica, abbia collaborato per la raccolta e le arborizzazione di piante sia in Italia sia in Africa Orientale e in Sudan con grandi botanici dell’epoca come Renato Pampanini, sia stata completamente dimenticata e neanche menzionata nei testi sulla esplorazione geografica. Le sue qualità erano molte e non è possibile come di molte altre donne del tempo, farne un ritratto perché rischierebbe di essere incompleto e riduttivo.

Onorina Passerini dopo essere stata salvata miracolosamente da un incidente mortale dal marito Piero, il 4 Ottobre del 1966 lascia sua ultima residenza a Firenze nella zona di Porta al Prato. Ho scoperto la sua storia che ha avuto la capacità di entusiasmarmi a tal punto da inserirla nella biografia che ho da poco dedicato alle donne botaniche naturaliste e appassionate [1].

[1] Macellari E. Botaniche italiane. Scienziate naturaliste appassionate, Temi Editrice, 2015, Trento. Con il patrocinio della Società Botanica Italiana.