Lo sanno tutti e non posso dire che non lo sapessi anche io. Raggiungere il paradiso non è per niente facile e non mi sto riferendo a quello tra le nuvole.
Tra guide turistiche e racconti di chi ci è stato, perché da questo paradiso si può, purtroppo si deve, tornare indietro, prima di partire avevo raccolto molte informazioni.
Sapevo bene che per arrivare alle isole Togean in Indonesia, un gruppo di isolette site nella “pancia” della grande C formata dall’isola di Sulawesi, non è per niente facile.
D’altronde chi ha mai detto che raggiungere un qualsiasi paradiso sia semplice?
Prima di raccontarvi cosa ho dovuto affrontare io e cosa dovrete fare voi per raggiungere il paradiso, per capire come è quello sulla terra e come poterlo toccare con le proprie mani, vi illustro su cosa rende questo viaggio tanto unico quanto complicato.
Le isole Togean costituiscono uno sparuto arcipelago sito nell’Oceano Indopacifico costituito da oltre una cinquantina di piccole isole, molte delle quali sono poco più grandi di un grosso scoglio ricoperto di foresta. Tenendo conto di queste esigue dimensioni anche le isole più grandi non hanno spazio libero per un aeroporto.
Questa situazione, che qualcuno potrebbe definire una carenza, a mio avviso è il segreto che ha permesso a queste isole di essere un paradiso.
Sapendo questo viene logico pensare che l’unico modo per raggiungere questo arcipelago è salire su una barca per poi sbarcare nell’unico porto (che definire solo piccolo è ottimistico) dell’isola più grande, Togean. Raccontato così sembra una cosa facile, un’escursione da prendere in considerazione in un week end libero, ma come detto raggiungere il paradiso non è cosa facile. Vediamo perché.
Le vie di navigazione per raggiungere il porto dell’isola di Togean sono due: da sud, partendo dalla città di Ampana o da nord, partendo da Gorontalo.
Nel primo caso la traversata dura “solo” 4 o 5 ore (se va tutto bene) quindi solo in apparenza l’avventura sembra più semplice. Infatti anche se al porto di partenza teoricamente è possibile arrivarci in aereo è altrettanto vero che l’aeroporto dista 200 km. Il problema non è questo, ma il fatto che questo aeroporto è sito poco fuori la città di Palu e di questo ogni viaggiatore ne dovrebbe tenere seriamente conto. Per chi non lo sapesse questa città dista pochi chilometri da diversi vulcani attivi che tra colate e maremoti ne hanno fatto una terra martoriata e pericolosa. A mio avviso da evitare se non altro perché, proprio per i motivi citati, l’aeroporto spesso è chiuso.
Oltre a ciò va detto anche che da Ampana partono solo traghetti che offrono sistemazioni spartane che possono rendere la traversata un vero incubo.
Ora per deduzione è facile capire perché è meglio salpare da Gorontalo. Per sincerità devo dire che anche l’approccio da nord però ha i suoi svantaggi e difficoltà.
A Gorontalo sì c’è un aeroporto, ma quando mi sono informato io per il periodo che mi interessava le tariffe dei voli erano proibitive. Per questo motivo, ma anche per il gusto di vedere una parte della bellissima isola di Sulawesi, a Gorontalo ci sono arrivato con un autobus da Manado che è situata all’estremità nord dell’isola. La distanza da percorre sembra più che affrontabile, sono circa 400 Km, ma se si tiene conto che di devono attraversare un infinito numero di paesini e villaggi, per quella che noi in Italia definiremmo una stradina di montagna, capite il perché ci vogliono 12 ore piene piene.
Se però il trasferimento è massacrante e infinito fuori dai grandi finestrini dell’autobus ho potuto godere di spettacolari ed unici paesaggi fatti di foreste, laghi, fiumi, montagne e vulcani. Se proverete un’avventura del genere preparatevi a lottare con la stanchezza che tenderà immancabilmente a chiudervi le palpebre. Credetemi, varrà la pena lottare.
Percorsi i 400 km si arriva al porto di Gorontalo e qui, in quella che dovrebbe essere l’anticamera del paradiso, ad attendere il turista ci sono diverse sorprese. La prima è che il traghetto che navigherà per oltre 12 ore per raggiungere le isole Togean non c’è tutti i giorni. Per chi ora si sta chiedendo perché non sincronizzare il viaggio da terra con la partenza del traghetto per evitare lunghe e stressanti attese non immagina quante sono le variabili in gioco nel trasferimento in autobus e l’orario di partenza del traghetto. La sincronizzazione è come avere 4 assi in mano a poker. Frutto di una fortunata casualità.
Io non so come definirmi a poker, ma a Gorontalo ho dovuto dormirci per 2 notti. La città non è un boom di vita, ma neanche spiacevole e nell’impossibilità di fare altro si può sempre attendere guardando il mare e immaginare come è il paradiso.
Arrivati a Gorontalo in realtà il paradiso non è neanche lontano. Dista circa un centinaio di miglia nautiche, ma prima che iniziate a fare i calcoli sappiate che il traghetto per le isole Togean con difficoltà supera i dieci nodi di velocità. A questo punto anche chi non è un marinaio capisce con rassegnazione che a bordo ci si deve passare molte più ore di quel che si era immaginato. Di solito i traghetti partono nel pomeriggio per arrivare la mattina successiva. Questo vuol dire che a bordo ci si deve passare un’intera notte. Questa cosa però non vedetela come una pessima notizia. Se non risparmiate fino all’ultimo centesimo potrete viaggiare disteso su un comodo lettino in una sala comune dotata di bagni decenti e aria condizionata. Io personalmente sconsiglio le cabine private poiché queste sono veramente piccole. Questa scelta è proprio vietata per chi soffre di claustrofobia.
Prima di lasciare Gorontalo non dimenticatevi di cambiare i vostri soldi in valuta locale poiché, almeno quando ci sono stato io, alle isole Togean non ci sono servizi bancari o cambi.
Una volta sul traghetto, dopo aver trovato il nostro lettino, c’è stata una sorpresa. Scendendo sotto il nostro ponte abbiamo scoperto che i locali approfittano del ponte inferiore del traghetto per improvvisare un mercatino di prodotti locali. Imperdibile esperienza. Gli odori e i sapori della frutta mangiata sono stati come un trattamento preparativo a quel che avremmo visto e vissuto di lì a poco, ma le sorprese non erano finite. Come detto se si vuole arrivare alle isole Togean, che lo si faccia da nord o da sud, è sempre un’impresa piena di meraviglie e sorprese. Io su molti aspetti mi ero informato ma a quanto pare non sapevo tutto e non ero pronto a tutto.
Vi anticipo che questo non sempre è un cosa negativa.
La mattina, svegliato da alcuni anomali rumori del traghetto, affacciatomi da un oblò ho visto le luci della costa delle isole delle Togean. La cosa mi è piaciuta e mi ha eccitato, ma un’istante dopo ho consapevolizzato che a quell’ora di mattina presto, alla longitudine equatoriale dove si trovano le isole Togean, l’intero arcipelago è ancora avvolto nel buio profondo della notte.
Io questo non lo avevo preso in considerazione quindi dopo pochi minuti mi ritrovai a mettere piede sulla terra ferma non solo assonnato e frastornato per la traversata, ma al buio quasi completo del porto di Wakai. Facendo attenzione a dove mettevamo i piedi, sempre al buio, io e la mia compagna siamo stati avvicinati da dei locali che a monosillabe, sfoderando quello che con la luce sarebbe potuto essere un sorriso, ci hanno elencato nomi di isole e di spiagge che fino a pochi giorni prima potevamo solo sognare.
Sempre al buio abbiamo detto si in tutte le lingue che conoscevamo per la paura che fosse solo un sogno che si prolungava dai comodi materassini del traghetto.
Ricevuto un nostro frastornato assenso siamo stati letteralmente accompagnati per mano fino ad un angolo in disparte del porto per poi essere invitati a sedere su una piccola imbarcazione ormeggiata. Caricati i nostri bagagli, sempre avvolti nel buio, abbiamo subito preso il mare.
Quando a monosillabe i locali ci avevano elencato le varie località raggiungibili noi alzammo la mano dopo aver sentito un nome che conoscevamo. Il Paradise, sull’isola di Kadidiri. Dalle informazioni raccolte sapevamo che su l’unica spiaggia di quella microscopica isola, circondato da foresta, c’è un piccolo resort accogliente e ben organizzato che dispone di bungalow sistemati lungo la spiaggia o in mezzo alla foresta. Con un gioco di parole potremmo dire che è il Paradise in paradiso.
Per arrivarci sapevamo che ci sarebbe voluta quasi un’ora di navigazione, non immaginavo però che la traversata l’avremmo fatta avvolti nel buio.
Anche questo trasferimento non è stato banale. Per fortuna era evidente che chi stava governando la barca di certo era un pescatore con una lunga esperienza di quel tratto di mare. Dello stesso infatti ne conosceva ogni roccia affiorante, ogni corallo sporgente ed ogni passaggio altrimenti non si sarebbe potuta spiegare la nostra incolumità con passaggi al buio vicino a rocce coralline e fronde d’albero da me viste solo all’ultimo secondo. Lo confesso. Lì seduto sul paiolo di quella barchetta, fatta di poche assi scolpite con un’ascia, più volte ho pensato a cosa avrei potuto o dovuto salvare in caso di affondamento. Più volte mi sono chiesto se sarebbe stato meglio salvare i soldi o il cellulare, il passaporto o la macchina fotografica.
In preda alle mie perplessità e ai calcoli su cosa è importante salvare nella vita, con gli occhi socchiusi per il sonno e la stanchezza sulle spalle ad un certo punto, grazie ai primi barlumi di luce di un imminente sole crescente, proprio davanti a noi ho intravisto un grosso scoglio semi sommerso. Il mio cuore ha iniziato a battere forte e la mia mano è subito andata alla macchina fotografica. Avevo fatto la mia scelta. Una scelta inutile. Mentre il mio cuore continuava a tamburellare, con una invidiabile tranquillità il marinaio aggirò lo scoglio sfiorandolo a 3 o 4 dita di distanza, non di più, passando oltre. Superata quell’emozione oltre ne era pronta un’altra.
Dietro il grosso scoglio il mio cuore, contro le avvertenze di ogni cardiologo, ha dato un’ulteriore accelerata per quello che ci si presentò davanti agli occhi.
In un solo istante tutte le mie perplessità, paure per un naufragio come la stanchezza e il sonno scomparvero. Nello stesso istante, con il sottofondo dei battiti del mio cuore, ho capito perché vale la pena affrontare un così lungo viaggio e complesso per attraccare al pontile di una spiaggetta immersa nella foresta di una delle isolette delle Togean.
Io non so come voi vi immaginate il paradiso, per me è fatto di una lunga spiaggia bianca con dietro tanti grandi alberi lussureggianti circondati da altra vegetazione da farne una rigogliosa foresta. A contorno alcune strutture di legno su palafitte tali da fare un tutt’uno con la foresta e davanti un mare corallino azzurro, limpido e quieto come certe volte neanche nei sogni si riesce ad immaginare.
D’altronde il paradiso è difficile da immaginare ma se si fa un lungo ed avventuroso viaggio è possibile vederlo coi propri occhi e toccarlo con mano.
Anche se stanco morto non ho atteso un solo minuto. Sbrigate le formalità con il resort e sistemati i bagagli in un bungalow ho preso in una mano la maschera e lo snorkel nell’altra e mi sono avviato lungo il pontile di legno che dalla spiaggia arriva fino a dove il mare aperto lambisce la barriera corallina e sono saltato giù. Vedendo certe cose da sotto il pelo dell’acqua viene spontaneo trattenere il respiro. Nel mare delle isole Togean non lo si fa solo perché si è sott’acqua. Quando è così non si può che stare in paradiso.
Come promesso nel titolo queste sono le istruzioni per andare in paradiso.
Prima che voi raggiungiate questo come tanti altri paradisi nel mondo che aspettano solo di essere esplorati ricordo a tutti che questi paradisi hanno modo di essere ritenuti tali grazie alla presenza di pesci, coralli, stelle di mare, squali, gorgonie, ricci, gasteropodi, gamberetti, e piante con tutta la loro biodiversità. Queste, a prescindere dal colore e dalla specie sono tutte creature preziose. Tanto preziose quanto delicate. Per questo motivo questi ambienti devono essere sì goduti, ma anche rispettati e protetti tanto dai turisti quanto dai locali. Perché un paradiso non può essere tale solo per l’ultimo che ci è stato.
Buon viaggio in paradiso.















