Scrittrice, giornalista, libraia, Erminia Dell’Oro, nata ad Asmara da una famiglia trasferitasi in Eritrea a fine Ottocento, non ha mai dimenticato la terra d’origine, facendone scenario di molti suoi romanzi. Appassionata bibliofila, ha diretto per anni la storica Libreria milanese Einaudi, promuovendola a cenacolo della cultura ambrosiana. Ultimamente si è dedicata anche alla narrativa per l’infanzia, facendo opera di divulgazione nelle scuole.

Buongiorno Erminia, cosa ci racconta com'è la sua vita?

Avendo vissuto molte passioni non sono mancate le delusioni, ma anche indimenticabili periodi di entusiasmo. Ho sempre seguito la storia dell’Eritrea, paese al quale mi lega un forte senso di appartenenza, attraversando i giorni della liberazione dalla dittatura dei militari etiopici dopo una guerriglia durata trent’anni, poi la nascita di uno stato finalmente libero. Ho seguito anche come giornalista gli avvenimenti più importanti, recandomi spesso in Eritrea dove è sempre vissuta la mia la mia famiglia. Contemporaneamente, abitando a Milano, sono stata coinvolta, fin dagli anni Settanta, nella politica attiva, partecipando alle tante battaglie per i diritti delle donne, per i diritti civili, per le tante cause giuste per le quali allora si riempivano le piazze. Grandi conquiste e grandi speranze. Poi gli anni del terrorismo, le brigate rosse, anni difficili. L’Eritrea, l’Italia, una famiglia, i temi sociali, il desiderio di diventare una scrittrice, e quindici anni trascorsi nella storica Libreria Einaudi, luogo di incontri, allora, di intellettuali, di importanti figure del mondo politico e artistico. In quest’intreccio di avvenimenti la mia vita, se devo fare un bilancio, mi ha dato molte soddisfazioni, e anche delusioni: l’Eritrea è stata tradita dal suo stesso liberatore, molti eritrei fuggono a causa della dittatura che li costringe a un servizio militare illimitato.

Lei, donna di cultura, come vede la situazione in Italia, con particolare rifermento all’editoria?

In Italia si sono spente molte passioni, a livello politico la situazione è peggiorata, ma vedo ancora segnali positivi nella società civile, e molto fermento nel volontariato di cui nessuno parla. E non si può dire che a Milano non si faccia cultura, sebbene ci sia stato un peggioramento nel mondo della grande editoria, che è più attenta, in molti casi, al denaro che alla qualità. La Libreria Einaudi è stata per me un’esperienza preziosa, vissuta con entusiasmo, sebbene sia anche abbastanza faticoso fare il libraio. Preziosa per tutti i libri che mi passavano per le mani, per la possibilità di poter scegliere quelli che volevo tenere, e quelli che rifiutavo – allora c’era questa possibilità -, per i tanti clienti che si lasciavano consigliare da me. Esperienza preziosa per i tanti incontri, e perché avevo la possibilità di organizzare le presentazioni di libri, sempre di qualità. Ci sono i piccoli e i medi editori, lavorano meglio, sebbene con molta fatica e poco profitto. Ma resistono. Come cercano di resistere le librerie indipendenti, creando eventi, collegamenti con le scuole, facendo di tutto per poter resistere. Le grandi catene hanno invaso il mercato, ma ho l’impressione che questo non sia un periodo favorevole nemmeno per loro, devono vendere gadget, elettronica, dvd e altro se vogliono stare in piedi. Il personale mi sembra spesso sfiduciato, stanco.

Ha partecipato a tante battaglie per i diritti delle donne…

La donna ha ottenuto con molta fatica grandi conquiste, e ne paga il prezzo. Da oggetto è diventata soggetto, causando un disorientamento nell’uomo, che spesso non accetta la perdita del suo ruolo, uomo-potere, a volte con tragiche conseguenze. Ma altri uomini, soprattutto i giovani, hanno oggi un rapporto di parità con le donne, si occupano dei bambini e dei lavori casalinghi. Questo è un periodo di transizione, e come tutti i periodi di transizione, non è facile. Sappiamo che nel corso dei secoli il potere lo ha sempre detenuto l’uomo. Oggi anche molte donne ambiscono giustamente al potere, con una sensibilità diversa da quella dall’uomo, ma con la stessa determinazione, consapevoli di subire ancora delle discriminazioni. Penso che nelle future generazioni uomini e donne avranno più consapevolezza del loro ruolo, nel reciproco rispetto delle diversità. Cambiamenti ce ne sono stati da quando le donne non potevano esprimersi nelle arti, relegate al ruolo moglie - madre, “angelo della casa”, e non è trascorso molto tempo. Ne trascorrerà altro, ma si troverà un equilibrio, o almeno lo spero.

E la donna milanese?

Lo stereotipo della donna milanese è l’arrampicatrice sociale, la dinamica donna in carriera. Ma gran parte delle donne milanesi cerca di trovare un equilibrio tra la famiglia, il lavoro, il tempo libero; molte di loro sono separate o divorziate e con i figli da crescere. Vedo anche donne impegnate nel volontariato, nella piccola imprenditoria con l’aiuto del micro credito, con occupazioni che consentano loro di avere un minimo sostegno economico, o studentesse con obiettivi ben precisi e difficili da raggiungere. Oggi il lavoro è un problema, spesso si devono fare i conti con il precariato, ma le donne cercano di non scoraggiarsi e di adattarsi, con molta fatica, alle nuove situazioni. Milano è una città che corre, e la donna di oggi è in sintonia con la città.

Le ultime ondate migratorie…

Le ultime ondate migratorie preoccupano e spesso spaventano, ma non si potrà mandare indietro chi arriva da paesi devastati dalle carestie, dalle guerre, dalle dittature, nemmeno chi arriva in cerca di una vita migliore. Si dice che il mondo gira, continuerà a girare, e l’uomo, in situazioni diverse, a emigrare. L’Italia, paese vecchio, può ringiovanire e attingere nuova forza soltanto dai migranti, e così altri paesi europei. È un periodo di difficile transito, come ce ne sono stati altri, ma non di impossibile governabilità. Senza contare che alcuni paesi occidentali hanno grandi responsabilità per le condizioni che si sono create in alcuni paesi dai quali si è costretti a emigrare.

Come si caratterizza la donna musulmana eritrea?

La donna musulmana eritrea nata e cresciuta in Asmara si è evoluta, anche grazie alla lunga guerra di liberazione in cui ragazze musulmane hanno gettato il velo e sono andate a combattere per la libertà... Conosco donne musulmane che hanno sposato uomini di religione cattolica o ortodossa, e non subiscono le limitazioni di donne di villaggi e paesi lontani dalle città. Sono stata ospite di alcune famiglie di questi villaggi, le donne hanno molto potere all’interno della famiglia, ma varcata la porta di casa restano confinate nel ruolo imposto dalla religione. In Eritrea quasi nessuna donna musulmana porta il burka, e anni fa è stata varata una legge per cui chi pratica ancora l’infibulazione rischia molti anni di carcere.

Il colonialismo italiano in Eritrea ha avuto due fasi…

Coloro che arrivarono nella colonia Eritrea, alla fine dell’Ottocento, volevano lavorare, e costruire, come fecero, notevoli strutture, convinti che sarebbero rimasti a lungo nella colonia Eritrea. Arrivarono anche militari di alto rango, e alcuni di loro sposarono donne eritree. C’era comunque una divisione tra il bianco e il nero, considerato inferiore, gli eritrei non potevano frequentare i locali pubblici frequentati dagli italiani, tantomeno le scuole. Ma i cosiddetti vecchi coloniali, come i miei nonni e mio padre, erano diversi da coloro che arrivarono negli anni dell’invasione d’Etiopia; avevano creato legami profondi con la terra d’Eritrea, avevano una profonda conoscenza del luogo, e non erano stati soggetti alle leggi razziali promulgate da Mussolini.

Scrivere libri per bambini, come lei fa, deve essere un’esperienza straordinaria…

Alla scrittura per bambini sono arrivata per caso, non ci avevo mai pensato. Ho scritto un racconto per il mio primo nipote, diventato subito un libro grazie a un amico che l’ha inviato a un editore. Non mi sono più fermata. Avendo molto immaginazione non mi è stato difficile avvicinarmi al mondo dei bambini, usando un linguaggio che fosse per loro immediato. È stato importante non avere perso la capacità di stupirsi, anche per le piccole cose. L’ispirazione mi viene, anche, pensando ai miei anni africani, alla natura, agli animali, alla guerra che può essere raccontata sotto forma di favola, al tema delle diversità, e alle difficoltà che affrontano i bambini migranti. Sono molto affezionata al libro Dall’altra parte del mare, pubblicato più di dodici anni fa, che mi ha portato e continua a portarmi in quasi tutte le regioni d’Italia per parlare ai bambini di immigrazione. Risultato? Lettere, disegni, riflessioni, spettacoli, curiosità per le culture diverse. Penso che molti dei bambini che ho incontrato abbiano fatto conoscere ai genitori qualcosa delle sconosciuta e rimossa storia dell’Eritrea. E la gran parte di loro, quando racconto che circa venti milioni di italiani sono emigrati, molti anni fa, per cercare lavoro, dato che in Italia non riuscivano a sfamare le famiglie, si mostrano stupiti, non sanno nulla.

L’Eritrea e Milano, due mondi così diversi, ma per lei così vicini…

In Eritrea vado tutti gli anni, ma non ci sto più di venti giorni da quando sono morti i miei genitori, e non ho il tempo di pensare a Milano. È come se Milano, l’altra mia vita, molto più lunga di quella trascorsa in Eritrea, svanisse, come se l’Italia fosse un lontano altrove. Infatti non telefono quasi mai ai miei figli, loro lo sanno e non mi cercano. Vedo mio fratello, ad Asmara, lui non si staccherà mai dalla sua terra. Ora so che non mi daranno più il visto per entrare in Eritrea, avendo denunciato la dittatura nel mio ultimo libro, ne ero consapevole e mi abituerò all’idea. Sono vissuta tra culture, religioni, etnie diverse. Una esperienza straordinaria, che mi ha arricchito, allora non me ne rendevo conto. Non c’erano problemi nel nostro piccolo mondo cosmopolita. Penso che si arriverà, anche a Milano, a una convivenza tra culture, religioni, etnie diverse, è inevitabile. Sarà una società più ricca.