Il 28 giugno 1940 moriva a Tobruch il ferrarese Italo Balbo. Il Regno d’Italia era da poco entrato nella seconda guerra mondiale e della morte del “bell’alpino” che potenzialmente era il successore di Mussolini, l’unico secondo questi che poteva ucciderlo e colui che aveva già pensato alla convenienza di deporlo se non di assassinarlo, si è favoleggiato a lungo.
Non si trattava di vere favole, ovviamente, ma dell’eventualità che quel personaggio famosissimo e scomodo, venerato in tutto il mondo come asso dell’aviazione, capace di fare ombra al duce e soprattutto contestatore dell’entrata in guerra dell’Italia, fosse stato deliberatamente ucciso dalla contraerea italiana. In realtà, secondo tutte le testimonianze, per una serie di fatalità concatenatesi si è trattato sì di fuoco amico, ma accidentale. In ogni caso tanti lo hanno pianto e tanti hanno tirato un respiro di sollievo alla sua tragica morte.
Studente disordinato e poco incline all’impegno, che comunque poi portò pian piano a termine, dimostrò sin dalla giovane età un temperamento scherzoso e deciso, capace di essere amato e odiato, di sfidare a duello e di perdonare. Giovanissimo partecipava alle discussioni politiche dei caffè, soprattutto nello scontro ideologico tra monarchici e repubblicani. Quindicenne scappò di casa per partecipare alla spedizione militare in difesa dell’Albania che voleva rendersi indipendente dall’impero ottomano.
Interventista convinto, molto amico dell’ebreo Renzo Ravenna, conobbe Mussolini e Cesare Battisti, si arruolò volontario negli Alpini nel 1915, riuscì a diventare tenente e poi ebbe l’opportunità di andare a Torino per un corso di aeronautica, sua grande passione. Tornato al fronte, insignito di Medaglie di Bronzo e d’Argento al Valor Militare, raggiunse il grado di capitano. Seguendo la passione politica cominciò anche a scrivere articoli giornalistici per varie testate, mentre entrò presto nei Fasci di combattimento neonati (era infatti importante averlo dalla propria parte e affidargli un ruolo basilare).
La situazione del primo dopoguerra a Ferrara non fu delle migliori: le proteste del biennio rosso si moltiplicarono, con scioperi e occupazioni di fabbriche e soprattutto campagne, con la contesa sulla produzione di barbabietola che rifornivano gli zuccherifici, ad esempio, e i partiti di sinistra molto potenti. Altrettanto forte, e spesso feroce, fu la reazione degli squadristi che cominciarono a portare al fascismo, costituitosi in partito nel 1921, molti seguaci, tanto da fare essere la zona ferrarese uno dei principali bacini di supporto, ma anche la più pericolosa per Mussolini, visto che doveva tenere a bada varie correnti che premevano per il potere. Le squadre fasciste erano apertamente o meno appoggiate dalla borghesia e dai grandi proprietari terrieri che vedevano come molto pericoloso l’avanzare del comunismo, temendo una rivoluzione su stampo russo e tra poco sovietico. Uno spauracchio che non era certo solo millantato.
Intanto, Italo Balbo nel 1919 conobbe la contessina Emanuela Florio, giovanissima: appena si videro entrambi capirono che sarebbero stati l’uno dell’altra. Malgrado il dissenso dei genitori di lei, la storia continuò fino al matrimonio del 1924. Balbo era innamoratissimo della moglie, anche se non gli mancavano le storie extraconiugali, alcune delle quali anche abbastanza importanti e durature.
La sua adesione al fascismo era dovuta soprattutto al rapporto con Mussolini, ora di grande amore e ora quasi di odio, tanto che sono stati vari i momenti in cui sembrava che volesse spodestarlo, se non addirittura ucciderlo.
Italo Balbo era incline ad avere molti amici, alcuni carissimi, ma erano anche frequenti i litigi che talvolta portavano a riappacificazioni, altre assolutamente no. Non erano infrequenti in quel periodo anche le sfide a duello. La sua azione squadrista, che poi si cercò di attenuare, era frutto del suo temperamento, ma anche della sua capacità organizzativa, soprattutto perché conosceva bene le persone e il territorio. In modo particolare, cercava di controbattere le leghe di sinistra che detenevano un forte potere non solo sul ferrarese, imponendo paghe e soprattutto permettendo di lavorare soltanto a chi era gradito.
Azioni come l’occupazione del castello estense di Ferrara o quella di Ravenna gli diedero fama e visibilità, così come partecipare alla marcia su Roma come quadrunviro. Altrettanta fama, ma in questo caso mondiale, l’ebbe con le imprese aviatorie. Entrato nel governo nell’ottobre 1925 come sottosegretario all’economia nazionale, un anno dopo divenne sottosegretario al Ministero dell’Aeronautica e cominciò a riorganizzare la Regia Aeronautica. Balbo divenne pilota nel 1927 e promosse la nuova Arma in tutti i modi. Cominciarono quindi attività di propaganda aerea come la crociera del Mediterraneo occidentale del 1928 e quella del Mediterraneo orientale del 1929, anno in cui fu riconfermato deputato.
È del 1930 la crociera aerea transatlantica Italia-Brasile; del 1933 la trasvolata da Orbetello per il Canada e gli Stati Uniti, con destinazione Chicago dove gli vennero dedicati la “Balbo Avenue” e l’ “Italo Balbo’s Day”, tra il tripudio generale e l’accoglienza del presidente Roosevelt. Al rientro in Italia venne nominato Maresciallo dell’Aria. Sono solo alcuni esempi delle tante attività di Balbo che visse poi come una punizione, un esilio, il governatorato sulla Libia. Certamente era scomodo avere un quadrumviro contrario alle leggi razziali e all’entrata in guerra dell’Italia, mentre c’era sempre il timore che potesse prendere il posto di Mussolini, non solo con le buone. Molti vissero con sollievo la sua tragica morte, avvenuta per una serie di fortuite coincidenze proprio a Tobruch, dove voleva andare a verificare i danni di un bombardamento nemico.