Jade Hale - Christofi è un ballerino e coreografo britannico e ha iniziato a danzare all’età di cinque anni. Arrivato alla Upper School del Royal Ballet nel 2006, ha danzato Don Chisciotte e Jabula alla Royal Opera House di Londra, grazie alla sua specializzazione. Passato per la Francia e il Giappone si è poi unito al National Ballet d’Irlanda e al National Ballet londinese, nel 2014. Ha danzato per la Regina Elisabetta e per Michelle Obama.

Approdato a Los Angeles per studiare all’Actors Studio, ha avuto modo di collaborare con David LaChapelle nella pianificazione dei videoclip tratti dal brano dei Queen e Michael Jackson: There Must Be More To Life Then This e da Take Me To Church, di Hozier (che, ad oggi, ha ottenuto oltre quattordici milioni di visualizzazioni). I recenti lavori, ci hanno dato modo di fargli qualche domanda in due tempi: a seguito dell’uscita del videoclip sopra menzionato e oggi.

2015

Puoi dirci, innanzitutto, che cosa ti ha attratto e ispirato particolarmente nel brano di Hozier, da volerne creare una coreografia?

Il suggerimento di brano e location è venuto da David LaChapelle. Penso che l’ispirazione maggiore sia data dalla potenza della voce di Hozier e dalla consapevolezza di quanto possa essere potente Sergei quando danza. Una grande canzone può far tutto da sé e io avevo anche il ballerino a disposizione, quindi è stato molto semplice e spontaneo. Volevo mostrare alla gente quanto possano essere sorprendenti i ballerini maschi e, se non vai a vedere un balletto vero e proprio, forse non ti capiterà mai l’occasione di vederli all’opera, per cui è stato un modo di mostrare cosa siamo capaci di fare.

Certamente ti è già stato detto molte volte, ma il video ha la potenza dei veri capolavori: puoi vederlo a ripetizione eppure non perde nulla della propria magia. Puoi dirci com’è nata l’idea e come avete collaborato tu, LaChapelle e Polunin?

È proprio quello che ho tentato di fare, creare un pezzo che catturasse. Volevo che la gente lo vedesse e non percepisse tutto la prima volta, in modo da volerlo rivedere. Ho messo gesti diversi da scoprire poco a poco, in modo da dare un senso della storia e dare modo di pensare a cosa si sta guardando. Potrebbero esserci 3 o 4 storie che vogliono emergere. L’idea c’era ma doveva fuoriuscire al meglio e credo di esserci riuscito con l’imprescindibile aiuto di Sergei. Mi sono molto divertito a lavorare con David e Sergei, suppongo perché è andato tutto molto bene dalle prove alle riprese. David conosce bene la danza, quindi eravamo davvero sulla stessa lunghezza d’onda e questo ci ha concesso di ottenere il miglior lavoro possibile.

Com’è nata la scelta di location e danzatore? Sergei è sempre stato la tua prima scelta, suppongo?

David LaChapelle la scelto la location in prima battuta e ha pensato che fosse un eccellente background per il pezzo. Non l’abbiamo visto fino a pochi giorni dalle riprese, ma David ci ha dato ottime indicazioni di come sarebbe stato, cosicché immagini e idee hanno iniziato ad affiorare da subito. Sergei mi ha chiesto di creargli la coreografia. Quindi, fin dal primo giorno tutto è stato pensato su di lui e per il suo corpo. Il fulcro di tutto per me, era che piacesse ai suoi fan perché l’ho ideato per loro.

Quali sono le diverse sfide, dal punto di vista di un coreografo, tra musica classica e contemporanea?

Per quanto mi riguarda non ci sono grandissime differenze perché molta musica contemporanea può essere potente come la classica. Quando creo una coreografia cerco sempre musica che mi tocchi e che sia in grado di darmi grandi idee.

A quali progetti stai lavorando?

Mi è appena stata richiesto un pezzo per il Gala De Danza Mexico e inizierò le prove con il principal Joseph Caley del Birmingham Royal Ballet, il 2 giugno. Quindi, al momento sto lavorando assiduamente su un singolo pezzo, cercando le possibili storie da raccontare. Sono cresciuto con Joseph e so quanto è bravo, quindi riesco già a immaginarlo mentre balla il pezzo. Non penso che verrà filmato, quindi non avrà la risonanza di Take Me To Church ma ho dei piani per mostrarlo in futuro come parto di uno spettacolo, quindi verrà ripreso in un secondo tempo, proprio come il brano di Hozier.

2016

È passato quasi un anno da Take me to Church. Stai lavorando a nuove coreografie?

Sì, ho lavorato ad alcune idee nell’ultimo anno. Ho bisogno di tempo per metterle insieme e non voglio che vengano compromesse dal denaro o dalla location. Voglio che ogni lavoro sia il migliore possibile, perciò finché non ho tutti i tasselli al loro posto, restano nella mia mente. Ho appena finito di coreografare il lavoro in ologrammi 3D di Adam Donen, intitolato: Symphony to a Lost Generation e ho lavorato con Sergei Polunin e Natalia Osipova. È stata una meravigliosa esperienza lavorare con il green screen per la prima volta e sono molto orgoglioso del risultato. Lavorare con il proprio migliore amico su un progetto è fantastico. Sto anche preparando un pezzo con Natasha Bedingfield, stiamo raccogliendo idee ma ho la sensazione che faremo qualcosa di speciale insieme.

Nella nostra passata intervista hai menzionato un nuovo progetto in collaborazione con Joseph Caley. Saresti così gentile da dirci a che punto è?

Joseph Caley e io siamo cresciuti insieme alla Royal Ballet School ed è uno dei migliori danzatori che io conosca. Quando penso a un pezzo, penso anche al danzatore e lo baso sul suo modo di muoversi. Il pezzo è ancora un concept, ma l’ho chiamato di recente per dirgli che non l’ho dimenticato, benché vivere con fusi orari diversi sia un problema. Tuttavia, collaboreremo senz’altro insieme in futuro.

Lavori negli Stati Uniti da alcuni mesi. Pensi ci siano differenze sostanziali nel modo in cui è percepita la danza in America e in Europa?

Sì, penso che una delle maggiori differenze stia nel fatto che negli Stati Uniti non vengano utilizzati fondi governativi, perciò è difficile far danzare un ragazzino. So che il balletto è più forte sulla East Coast che sulla West Coast e ci sono piccole scuole qui a L.A. ma nulla è paragonabile all’Europa o alla Russia. Spero che i miei video rendano la danza il più accessibile possibile e che più ragazzini si interessino al balletto. Tuttavia, avere scuole in cui i ragazzi hanno un training corretto è difficile, qui. Il balletto deve essere approcciato dall’infanzia. Dopo 10 anni hai raggiunto uno standard che ti permette di competere con il resto del mondo, ma ciò significa iniziare molto presto. Le scuole giuste per i nostri figli, sono quelle in cui si insegna anche la storia della danza, la cultura del balletto sta diventando più forte negli Stati Uniti, ma auspico un intervento del governo per farla diventare davvero grande.

Di recente hai presto parte a un film/balletto di Javiera Estrada, intitolato: The Dream. Puoi dirci qualcosa di più?

Javiera Estrada mi ha chiesto di danzare nel suo film. La mia amica Elsa Godard era già stata scelta quindi, parlandone con Javiera, le ho accennato al mio desiderio di occuparmi anche della coreografia e lei ha subito accettato. Abbiamo provato in due settimane e girato in un giorno. Oltre alla danza e alla coreografia volevo occuparmi dell’editing, proprio come per Take Me To Church poiché è in quel momento che metti davvero insieme il lavoro. Ho tutto il filmato e ci sto lavorando, quindi spero possa essere pronto tra un paio di mesi.

Credo che tu abbia un ruolo fondamentale nel lungometraggio: Dancer (l’imminente biopic dedicata a Sergei Polunin), è stato difficile contribuire a un progetto così importante che riguarda un amico?

Non l’ho ancora visto, quindi non so che materiale abbiano usato, ma parlare del mio migliore amico è stato semplicissimo. Siamo cresciuti insieme e per me è come un fratello. Mi sono occupato della coreografia di Take Me To Church e ho donato materiale relativo ai nostri anni insieme. Sono certo sarà un successo.

Hai altri piani di collaborazione con Sergei, in futuro?

Sì, spero il mese prossimo di lavorare su un nuovo pezzo a cui penso da tempo, ma è ancora presto per avere più dettagli o sapere quando sarà pronto.

Hai delle performance live in vista?

Non mi esibisco più dal vivo, tendenzialmente. Sto cercando di focalizzare l’attenzione sui film e i video, a meno che non mi capitino occasioni di beneficenza particolari, per le quali sono sempre pronto.