La vitalità milanese delle gallerie milanesi, sulla scena artistica nazionale e internazionale, prima della Seconda guerra mondiale, rivela un passato culturale fondante, una chiave di lettura per capire le radici di tante eccellenze espresse e l’evolversi dell’arte italiana nei suoi molteplici aspetti. Questo fermento artistico che si è sviluppato tra il 1919 e il 1939 è raccontato in una grande mostra storica, allestita fino al 22 maggio alla Fondazione Stelline, a Milano.

Il curatore dell’esposizione, Gallerie milanesi tra le due guerre, una raccolta e un percorso ricco e articolato con opere significative di Balla, Boccioni, Campigli, de Chirico, Fontana, Guttuso, Kandinskij, Melotti, Sironi e Usellini e di altri artisti di fama, esposte insieme a cataloghi, documenti inediti e fotografie, è Luigi Sansoni, studioso d’arte, autore di saggi, libri e monografie di artisti e curatore di mostre e di volumi come quello di Gillo Dorfles, Gli artisti che ho incontrato (ed. Skira), la smisurata raccolta, dal 1930 al 2015, dei saggi critici di Dorfles, pubblicata nell’ottobre scorso.

Gallerie milanesi tra le due guerre è un documento importante della storia dell’arte italiana a livello internazionale. In che modo questa esposizione è stata pensata e preparata?

Ha richiesto due anni e mezzo di preparazione. E poi la mostra è stata posticipata un paio di volte ma da una parte è stata una fortuna perché ho avuto più tempo per rintracciare i materiali, i documenti soprattutto che sono la mia passione, anche perché mi piace fare le mostre con pitture e sculture ma quello che amo di più è documentare con lettere, cataloghi, recensioni d’epoca e in questo caso ne ho trovate molte inedite e tutte visibili nelle bacheche.

Qualche esempio?

La foto storica del 1924 al Teatro dal Verme di Milano con tutti i Futuristi e con Filippo Tommaso Marinetti al centro dell’immagine e tutti in posa con le coccarde futuriste. O il primo congresso futurista di Milano, il Manifesto originale con la data dell'11 gennaio dove la didascalia recita: Marinetti e i delegati futuristi alla festa della folla in corteo in piazza del Duomo. Dietro al manifesto c'era una bandiera enorme di 200 metri quadrati. Ma ho potuto raccogliere centinaia di altri documenti e moltissimi cataloghi delle mostre dell’epoca presentate nelle diverse gallerie, da Il Milione a Bottega di Poesia, dalla Galleria Pesaro alla galleria Milano o alla galleria Gian Ferrari che aveva aperto la sede nel 1936. L’unica galleria che è rimasta è Il Milione.

Da dove provengono le opere in mostra?

Un nucleo dal Museo Mart di Rovereto e un altro dal Museo del Novecento di Milano mentre tutte le altre arrivano da collezioni private italiane. Sono 100 opere in tutto. E ho cercato di trovare opere esposte in quel periodo e in quelle gallerie.

Anche in questa mostra c’è una collaborazione di Gillo Dorfles?

Nel libro di Dorfles, Gli artisti che ho incontrato, pubblicato l’ottobre scorso, dove è raccolta tutta la sua attività di critico d’arte, il primo articolo che appare, datato 1930-31, è una recensione che Gillo Dorfles fece per una mostra di Aeropittura e Futurismo alla Galleria Pesaro. E, in mostra, c’è una sezione dedicata all’Aeropittura e una parte di documentazione che riguarda la galleria Pesaro. Per questo ho chiesto a Gillo cosa ricordava di questo periodo. Da lì è nata una lunga intervista con lui e il catalogo della mostra apre proprio con la sua testimonianza e racconta tutti suoi ricordi di quell’epoca, tutte le sue conoscenze e tutta la sua storia di critico.

Tra le opere esposte nella sezione Astrattismo c’è un prezioso Libro d’artista di Vasilij Kandinskij dal titolo Kleine Welten del 1922. Di cosa si tratta?

È una cartella famosissima, fatta da Kandinskij al Bauhaus in Germania all’inizio degli anni ‘20, una cartella completa con 12 incisioni, tavole originali tutte firmate. Nel 1934 la Galleria Il Milione fece la prima mostra in Italia di Kandinskij e il Comune di Milano acquistò la cartella da Il Milione nel 1934 e fu pagata 500 lire all’epoca. Un libro d’artista molto interessante anche perché contiene un testo in tedesco dell’artista dove, in prima persona, parla delle varie tecniche dall’Acquaforte all’Acquatinta, alla Litografia e tutte le 12 incisioni vengono dalla Civica Biblioteca d’arte Milano.

E alla fine di quel periodo glorioso per l’arte, cosa è avvenuto?

Alcune cose sono sopravvissute e anche bene. Per esempio il Futurismo per un periodo venne un po' dimenticato, essendo associato al fascismo, benché Boccioni fosse morto nel 1916 e la parola fascista all'epoca neanche esisteva e lo stesso vale per Sant'Elia, anche lui morto nel 1916. Un movimento artistico dimenticato, dalla fine della guerra fino agli inizi degli anni ‘70. C'è stata una riscoperta sul Futurismo con la grande mostra Futurismo e Futurismi a Palazzo Grassi a metà degli anni ’80, di cui rimane anche un grosso volume. Ma per vedere quanto è importante il Futurismo mi capita di guardare in giro le pubblicità che usano vari caratteri, il corsivo, il grassetto, vari colori, vari formati e mi viene da pensare che il Futurismo è tuttora presente nella cultura italiana.

Il Futurismo è nato a Milano ma cosa ha fatto la città per questa forte corrente artistica?

Milano non ha fatto nulla per il Futurismo. Il Futurismo è nato in piazza Duomo, in Galleria. E di fronte c'è L'Arengario. All'Arengario non c'è nulla che riguardi Filippo Tommaso Marinetti, nemmeno una targa. Per dire come il Futurismo è stato messo da parte. Gli archivi del Futurismo li hanno al Paul Getty Museum, alla Yale University, al Mart di Rovereto. A Milano, dove è nato il Futurismo, non ci sono archivi. Ogni tanto si parla di fare un museo dedicato al Futurismo. Il Comune di Milano possiede la più grande collezione al mondo di Boccioni e, volendo, si potrebbe fare un museo acquisendo anche manifesti, libri e cataloghi.

Luigi Sansone, profondo studioso d’arte con un vasto background di libri, saggi e cataloghi. Come preferisce definirsi?

Io mi definisco un ricercatore. A me piace molto fare la ricerca e trovare documenti inediti, ma soprattutto interessarmi di artisti “fuori dal seminato”. Artisti che veramente hanno dedicato la loro vita alla ricerca e non al mercato. Oggi come oggi, molti pensano al mercato. Io vado a vedere l'uomo, a me appassiona quello. E ci dedico tanti anni. Per esempio Salvatore Scarpitta, quando l'ho conosciuto a Baltimora nel 1983, in Italia era semisconosciuto. A lui ho dedicato 30 anni della mia vita accumulando materiali per circa 22/23 anni finché ho realizzato un catalogo ragionato di Scarpitta. E ho sempre pensato che fosse uno dei maggiori artisti italiani del XX secolo e adesso finalmente mi danno ragione perché il suo nome viene accostato a quello di Lucio Fontana o di Piero Manzoni. Attilio Alfieri è un altro artista di cui ho fatto il catalogo ragionato. Ha fatto opere eccezionali negli anni ’30. Nella tarda primavera uscirà il catalogo di Sandro Martini, un artista che ritengo molto bravo e ho lavorato per quattro anni per preparare il suo libro.