“Volete anche fermarvi con me in questi regni? La città che organizzo è vostra; attraccate le navi; troiano o tirio per me sarà trattato senza alcuna differenza”.

Didone, regina di Cartagine, non ancora innamorata a morte di Enea, la cui eroica avvenenza la colpì poco dopo, accolse i troiani orfani della patria incenerita, come sarebbe bello che tutti fossero accolti. E i tempi narrati da Virgilio non erano certo meno guerreschi di quelli di adesso. I modi di Didone furono perciò i modi di un’illuminata.Una sovrana solidale sulle sponde del Mediterraneo, il mare che è ridiventato molto nostro, al di là dello scialo balneare, da quando gli sbarchi degli esiliati, dai regimi e dalla miseria, sono continui. Gli annegamenti continui. Mare nostrum, coscienza nostra.

Dice Giancarlo Cauteruccio, che dopo trent’anni, rimette in scena la sua innovativa Eneide con la quale sfondò, regista e attore, in Italia e negli Stati Uniti: “Inutile sottolineare in che misura l'approdo di Enea sulle coste libiche evochi gli sbarchi che segnano tragicamente il tempo presente. Così come la sacralità dell’accoglienza riservata agli stranieri fuggiaschi da Troia distrutta, espressa nelle parole di Didone, faccia inevitabilmente riflettere sull’emergenza dei nostri giorni. E come amore e morte, così legati simbolicamente, e le battaglie di conquista ancora oggi narrino parte dell'esistenza umana, in un'epoca in cui in Europa si sente parlare di una terza guerra mondiale”.

Negli anni Ottanta, l’Eneide dell’artista calabrese naturalizzato fiorentino fu importante perché Cauteruccio, forte di una brillante intuizione di giovane uomo, raccontò il poema più con le immagini e i suoni che con le parole, con l’impiego di tecnologia ed elettronica. E oggi è ancora importante (Eneide di Krypton. Un nuovo canto, vista l’anno scorso al Teatro Studio di Scandicci, in scena il prossimo 13 aprile all’Opera di Firenze, e 21, 22, 23 aprile all’Argentina di Roma) perché è vecchia, ma non datata, quindi un classico. Inoltre, aggiornata. "Ho appena finito di sentire quel povero cretino per il quale mi prendevo trent'anni fa... ”, dice Samuel Beckett per bocca della sua creatura Krapp dopo aver riavvolto la bobina, L’ultimo nastro di Krapp. “Non avrei mai immaginato che questa frase, che pure mi sono portato profondamente dentro nel mio incontro fondamentale con Beckett, avrebbe toccato la mia esistenza - spiega Cauteruccio -; e invece eccomi qui, all'ascolto di un'opera che proprio trent'anni fa aprì gli orizzonti della mia ricerca. Mi ritrovo adesso nella scena, nel tentativo di rivivere il viaggio di una mia opera senza i corpi giovani e prestanti che la abitavano, fieri dentro le loro corazze di plastica e di plexiglass, ma sostenuto dai musicisti, anch’essi decisi a entrare nella scena e a farsi attori della loro opera, così restituendo la forza originaria di una grande intuizione giovanile.

In un carosello di laser colorati, Cauteruccio offre la sua voce incisiva alle parole virgiliane, con un effetto potentissimo: “Mi vedo nella luminosa scena come un caparbio interprete che si illude di potersi riappropriare di quella materia espressiva esile e leggera, con il mio corpo pesante, goffo e provato dal tempo: improvvisare un improbabile e disorientato direttore d’orchestra, che si ritrova a giocare con il più importante giocattolo della sua vita, mentre l’orchestra suona con grande maestria, ignorandolo. Questa nuova Eneide si trasforma in una immersione emozionale in quelle notti di trent'anni fa trascorse a pensare come affrontare il poema, come fuggire dalle parole per tradurle in immagini e in suoni, con lo sguardo più di un pittore che di un regista”.

Mentre nello spettacolo post-moderno del 1983, fondato sull'immagine e sulla “superficie”, Cauteruccio e i musicisti restavano fuori dal palcoscenico, chiusi nella cabina di regia, in questo nuovo allestimento sono in scena “per convogliare, attraverso l'azione live, quella energia creativa ed espressiva che è stata per tutti noi un grande punto di partenza, e far sì che una nuova energia ora sottolinei una funzione dell’arte che non può più essere soltanto estetica. L’opera rinasce tra le nostre mani sotto forma di concerto teatro perché vogliamo misurarci con il tempo presente, proiettarci nella memoria, e andare oltre, per indagare nuovi territori, ma anche per ripristinare il senso profondo della poesia”.

Le navi del Principe dei Dardani, Cauteruccio, i Beau Geste, Ginevra De Marco, attraccheranno all’Opera di Firenze. Una scelta che entusiasma chi immagina l’auditorium, successore del glorioso teatro Comunale, aperto tutto l’anno, oltre la sinfonica e la lirica. Tanto che i fan hanno partecipato anche al sostegno economico dello spettacolo. Sarà uno sbarco chiassoso, promette Cauteruccio: “Quel rumore estetico di Eneide di Krypton di trent’anni fa, torna con la necessità di contrastare il marcio rumore contemporaneo che assilla e intacca l'arte e la creatività. Una vera e propria vibrazione di suono e voce, una tessitura tra musica rock e parola teatrale che scaturisce dalla lunga esperienza di Gianni, Antonio, Francesco e mia, ancora tutti desiderosi di invenzione, di creazione, di ritmo, di rumore. Immagino questa nuova Eneide come un concerto critico con cui frantumare la separazione tra palco e platea per proporre una possibile forma immersivo”.

La notizia sensazionale è che, dall’Olimpo, Giunone si è detta d’accordo.