Se Ratel (tradotto: Serpente a Sonagli) è il nome con cui mi sono ribattezzato sul web come venditore on line, nessuno dovrebbe protestare e tanto meno lamentarsi se la merce che vendo è scadente o sovraprezzo. È il presupposto con cui fa i suoi affari il giovane protagonista di una torbida storia occasionalmente ambientata in Giappone, ma in tutto figlia del nostro tempo.
Ryosuke, così lo hanno chiamato alla nascita i suoi genitori, ignari del veleno che crescendo avrebbe accumulato nelle ghiandole salivari, è un bravo operaio. L’azienda va fiera di lui, tanto che il proprietario gli offre un incarico di prestigio, lo vorrebbe ad occuparsi delle risorse umane. Sorpreso della sua reticenza, gli offre pure una gratifica sullo stipendio; ma non c’è verso, Ryosuke rifiuta l’incarico, anzi va oltre, si licenzia. Vuole essere indipendente, sbrigarsi a far soldi, incrementare il suo lavoro extra: le vendite on line con cui sta ingrassando il suo estratto conto, tra investimenti azzardati e scommesse vincenti.
Prende una casa sul lago, fuori città e va a viverci con la fidanzata. Gli basta il computer al quale nessuno ha diritto di accesso, il suo santuario, la centrale operativa dei suoi affari. Compra stock di articoli a dieci e li rivende a duecento, non importa il valore della merce, poiché la parola stessa, “valore” non abita più nel suo vocabolario.
È freddo, calcola impietoso il proprio vantaggio quando va a rilevare una partita di apparecchi medici di precisione, strangolando il negoziante costretto a venderli.
Il passo immediatamente successivo è di offrirli in rete ad un prezzo concorrenziale. Poi aspetta il segnale intermittente dalle caselle degli acquisti che si riempiono, una dopo l’altra, come in una reazione a catena, il bingo frenetico della gratificazione. Accumulare per credere.
Tanto per fare un esempio di business illegali o meno, tra gli incalcolabili che ormai prosperano on line dietro pseudonimi coperti dalla foschia della Nuvola: avete un’idea dei profitti che giovanissimi utenti (parliamo di adolescenti) realizzano sul dark/deep web vendendo i precursori chimici di un vasto elenco di droghe sintetiche, sostanze provenienti da Cina e India che servono per produrre il Fentanyl, la droga più letale dei nostri giorni?
Kiyoshi Kurosawa, a proposito di nomi, si porta dietro un fardello enorme, eppure non si tira indietro, accetta la sfida con l’omonimo grande Maestro del passato.
Il suo film non sarà Rashomon, o Kagemusha, e nemmeno I Sette Samurai, eppure ci fa strada dentro la Nuvola che oscura un fermento incessante, dotato di una velocità esponenziale nel produrre ricavi che mai era stata rilevata su questo pianeta. Un’euforia spregiudicata e anonima che dissolve ogni concetto di relazione tra merce e lavoro.
Karl Marx, che pure aveva una capacità chirurgica di analisi dell’economia basata sul plusvalore, forse non sarebbe arrivato a immaginare un fenomeno di questa portata. Di sicuro l’Estremo Oriente mostra un’accelerazione in più rispetto all’Europa, ma la storia di Ryosuke proietta un’ombra che si allunga pericolosamente sul nostro presente, che è già futuro.
Le “sòle” (trascritto integralmente dal gergo romanesco, a suo modo esotico anch’esso, è sinonimo di: truffe, fregature, raggiri), che lui rifila con disinvoltura canagliesca alle sue anonime vittime, gli si ritorcono contro e finiscono per determinare la svolta imprevedibile che prendono gli eventi. Per lui è un passaggio necessario, propedeutico, alla scoperta della sua vera identità. C’è sempre un momento in cui tocca fare i conti con sé stessi, insomma con quel “chi” si presume di essere. Può accadere per un intervento del Caso, del Divino, oppure di una masnada di “solàti” che all’improvviso ti rintracciano e ti vengono a cercare per darti quello che ti sei meritato.
Quando il momento arriva, sono dolori e qui la nemesi include una svolta anche nello stile del film, un gioco a eliminazione fisica che ricorda il grande Sam Peckinpah. In questa resa dei conti finale ha un ruolo determinante il giovane assistente che Ryosuke ha assunto e poi licenziato perché si è messo a curiosare nel suo computer. Il suo intervento a sorpresa non ha i connotati dell’amicizia, è piuttosto un angelo custode, un alieno prototipo dei codici dei samurai, fedele e inflessibile fino alla morte.
Anche la fidanzata di Ryosuke, con la quale non scambia mai un gesto di tenerezza né tanto meno di amore, e la cosa è reciproca a scanso di equivoci, è perfettamente allineata al livello di regressione di ogni forma di affettività e di calore umano. Insomma, nemmeno lei ci fa una bella figura. La pietas e l’empatia non circolano più nel loro mondo, e questo è il modello che ci aspetta dietro l’angolo, ma che dico, dietro la porta di casa! Un agone spietato senza possibilità di salvezza.
Il giovane assistente che viene a soccorrere Ryousuke è in realtà un inviato delle forze oscure che Ryosuke cova già dentro di sé e che ha maldestramente tentato di nascondere e imbellettare, credendosi solo un uomo d’affari o addirittura una vittima, ignorando fino a che punto sia già un loro delegato.
È il momento in cui diventa un interprete certificato di quelle forze, finalmente consapevole della sua brutale natura. Davanti a lui si profila un cielo che si tinge di un colore livido, un orizzonte che sa di cancrena, di decomposizione. Ciò che lo aspetta in fondo alla corsa è un disegno implacabile che dovrà compiere da solo.
Dunque Kurosawa fa onore al nome che porta, svelando quale realtà si nasconde dietro la Nuvola che dà il titolo al suo film. Oltre quella cortina fumogena che ci fa da schermo e ci rassicura, garantendo a ognuno di noi un prudente anonimato, almeno fino a domani, quando non ci sarà più un bivio tra il bene e il male, ma la definitiva chiusura di ogni via di fuga da sé stessi.