Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose,
e la notte era a metà del suo corso

(Sapienza 18,14)

O Oriens, splendor lucis aeternae, et sol justitiae:
veni, et illumina sedentes in tenebris,et umbra mortis.

(Quarta Antifona dell’Avvento)

Ave, oh raggio del Sole divino
(Inno Akathistos)

Appena giungono gli ultimi giorni di novembre ogni anno mi capita di ricevere una percezione nuova di me stesso e del reale. Inizio a sentire un’elettricità nell’aria e nel mio stesso corpo. Colgo invisibilmente un senso di movimento, di trepidazione, di preparativi velati dall’ordinario svolgersi degli accadimenti. “Trepidazione” è la parola che molti hanno perso e che invece coglie con precisione questo stato d’animo. Si tratta di un misto di inquietudine, attesa e gioia. E’ connesso all’innamoramento, e all’avvicinarsi di appuntamenti esistenziali importanti. Eppure nulla sembra mutare. Sempre la stessa pioggia, le stesse nuvole. L’inizio dell’Avvento, quale tempo liturgico, indica nel facile etimo il senso avventuriale nella sua accezione più profonda e spirituale.

Ad-venio. Avvicinarsi. Appressarsi. I riti cattolici veicolano un'antica saggezza. I paramenti della prima Domenica di Avvento sono paradossalmente viola, come in Quaresima. Dialoghi fra solstizi ed equinozi? La Pasqua e il Natale quale Inizi che si rispecchiano? Non è un caso che i romanzi medioevali del Graal e della Tavola Rotonda vengano ambientati temporalmente nelle loro vicende più importanti e decisive a Natale e nel periodo fra gli ultimi giorni dell’anno e i primi dell’anno nuovo, oltre che a Pasqua, Pentecoste e Ognissanti. Galwain e il Cavaliere verde ad esempio collega lo strano rito cavalleresco della decapitazione, di cui racconta, al ciclo del passaggio annuale. Le dimensioni dello Spirito sempre agitarsi, rimescolarsi. Lo stesso tempo di Dicembre, come pure quello di Gennaio, sono dopotutto tempi qualitativamente ambivalenti. Riposo ma anche attesa, per Dicembre, riposo e proiezione in avanti, per Gennaio. Fra Dicembre e Gennaio assistiamo poi a un ribaltamento di polarità passando fra la dolcezza del riposo dicembrino e il vigore vitale di Gennaio. Due tempi che, come i due vasi di una clessidra, presiedono al cambio del ciclo annuale, e presentano aspetti omogenei, come l’immagine del silenzio e dell’inattività, insieme ad aspetti simbolici opposti.

Stiamo parlando naturalmente della “qualità” del tempo. Le festività ci aiutano a vivere il tempo in senso qualitativo e non quale sterile successione misurabile di unità temporali. Oggi fatichiamo a tornare alla qualitas del tempo, che è realtà instrinseca alla struttura del reale quanto innata nella coscienza/inconscio umano. L’unico racconto antico che sopravvive, anche se banalizzato e stilizzato nella superstizione predittiva, è quello dello Zodiaco da cui ripartiremo per accennare ad alcuni carismi del racconto simbolico dei tempi. Prima però accenniamo a un ottimo libro che ci può aiutare a capire come nel senso comune del tempo si celi un antica sapienza con cui valorizzare gli aspetti della qualità della vita. Il libro in questione è Per una concezione storico-fattuale del tempo di Luigi Zani, già docente di Metodologia delle scienze storiche presso l’Università di Genova e di Pavia. La sua è un opera di valore storico, e non esagero. Con questo saggio si rivaluta a livello di scienza e di filosofia della scienza, il valore e il senso pratico e comune del tempo e si compie così un’importantissima ricostruzione dell’unità del sapere e dell’unità del senso del reale, fino ad oggi spezzato fra i nuovi dogmatismi di una Scienza che vorrebbe assurgere a nuova Religione o Filosofia totalizzante e il senso pratico della vita. Zani ci fa riflettere seriamente sull’inevitabilità del comprendere i fatti e la loro successione nella visione del tempo. Sono proprio i fatti con la loro ritmica e le loro dinamiche a riassumere in unità le varie percezioni del tempo. Non esiste un “tempo” quale categoria kantiana, o newtoniana, cioè assoluto e astratto, scevro dal confronto con il quotidiano esperito. Un vero e proprio “ritorno al reale” (Gustave Thibon) che non impoverisce ma valorizza l’idea del reale riaprendolo a tutti i suoi livelli e i suoi aspetti coscienziali e qualitativi. Zani ci ricorda poi che lo stesso linguaggio varia nel tempo quindi neppure la fisica quantistica riesce a sfuggire al senso comune del tempo in quanto è la lingua discorsiva sociale che resta e resterà sempre “la lingua delle lingue”, garanzia di ogni possibile comprensione e traduzione da un linguaggio all’altro.

Il Mito può aiutare la scienza e il vivere ordinario nella percezione ed esperienza del tempo? Certamente in quanto il Mito è stato il primo racconto, sacrale e simbolico, concreto ma aperto alla trascendenza, e questo vale anche per il tempo. Prova ne sono le immagini dell’antica Grecia e dell’antica Roma per riassumere il tempo e le sue fenomenologie. Il Mito come spiritualizzazione dei processi naturali e, viceversa, quale utilizzo della natura per veicolare dimensioni interiori e spirituali. Di vere e proprie immagini si tratta, più che di racconti, in quanto prendono corpo nelle fasi più arcaiche del Mito stesso, ma di tratta di immagini estremamente narrative: Kronos, Kairos e Aion. Kronos che divora i suoi figli per timore di perdere il proprio dominio cosmico, cioè il tempo quale insieme di momenti effimeri, il tempo quale istante. Kairos quale angelo ierofanico, apocalisse vitale, cioè il tempo quale momento favorevole, acme di un climax, focalizzazione all’interno di un tempo discontinuo, già quantico. Kairos è il tempo dell’incontro, della prova, dell’invasamento, del suggello. Lo conosce l’innamorato al primo appuntamento, il soldato durante la prima uscita, lo studente durante un esame. Tempo fatale e sacrificale. Tempo quale occasione in cui il caso si può traslare in sorte, in causa. Aiòn è il tempo ellittico dell’iniziazione, della teofanìa.

Ad Alessandria d’Egitto in dicembre avvenivano i riti di Aiòn, gnostici ante litteram. Aiòn è il tempo del rito, del ritorno e dell’irradiazione. Il latino e italico Saturno con la sua sapienza e occulta fecondità salva il senso del tempo dal pessimismo di fondo della teologia greca della storia, fatta di decadimenti rigidi come quello del carbonio e recupera il ricordo mitico dell’"età dell’oro" che poi Virgilio celebrerà nella famosa e profetica quarta Bucolica. Nel Museo Archeologico di Milano è conservato un vassoio d’argento dorato chiamato La patena di Parabiago (IV secolo) dal luogo del rinvenimento. Vi è sbalzata una scena ricca e quasi barocca: Cibele e Attis con il carro trainato da leoni, Oceano con Vespero e Fosforo sul bordo e, sul lato destro del reperto, vicino a un coribante che si avviluppa nella sua sacra danza, compare un giovane in nobile postura che si affaccia da un’elegante ellisse, che abbraccia e che compenetra, con un asta nella destra e il capo leggermente reclinato in saturnina posa. E’ Aiòn.

Questo anello-porta che ne visualizza la simbolica temporale è la versione antica di quello che oggi chiameremmo stargate o wormhole, o “ponte di Einstein-Rosen”. Il tempo quale varco, quale cambio di paradigma. Non era la massima carica religiosa dell’antica Roma quella di “pontefix maximus”, assunta poi dagli Imperatori ai Papi? Ogni trascendenza e ogni rito religioso non mirano a svelare/costruire ponti fra due tempi? L’anello/porta è retto da un uomo a mezzo busto, novello Atlante. Il kairos costa fatica, sacrificio. Il varco sembra aprire ciò che è alluso dallo scudo ovale del coribante, il sacro danzatore invasato. La stessa storia di Kronos/Saturno ci aiuta a comprendere la qualità dei tempi. Kronos divoratore, colui che spezza la continuità della genealogia, una volta evirato diventa il Kronos pacifico e saggio che si auto esilia verso Occidente, verso l’Ausonia e diventa Saturno, il nume nascosto a cui è sacra la terra del Lazio, che significa appunto “celato”. Esiste un “mistero dell’Occidente”, luogo dell’oltretomba per greci ed egizi, terra dell’Ignoto, dimensione che inghiotte il sole. Il violento Kronos delle piogge e dei ghiacci si trasforma nel nume agricolo delle messi e del placido scorrere del tempo. Il mulino e la falce ne ricordano il carisma.

A livello di simbolizzazione temporale se Kronos è l’“al di qua” dell’indifferenziato, Saturno è il tempo quale continuità, quale ciclo regolare, e, quindi, manifesta un “al di là” oltre l’indifferenziazione. Da un certo punto di vista il tempo di Saturno è anche il tempo dell’Eden; un originario e indistinto luminoso presente. La teogonia di Kronos appare compatibile con la teologia cattolica del Paradiso terrestre quale luogo da cui l’umanità è sì alienata ma che resta nella sua realtà quale postulato di congiunzione fra il divenire del mondo e l’Essere dei cieli. Tempo aurorale, tempo infantile, quello dell’Eden il cui eco in noi si visualizzava grecamente con il mito appunto dell’età aurea cronia, con il tema dei Campi Elisi, mondo perfetto ma celato, così come le nevi custodiscono le future bionde messi. Il tema resta vivo con le esplorazioni cinquecentesche e seicentesche. Mercatore nella sua mappa del mondo pone l’Eden nel polo artico quale insieme di quattro isole. I ghiacci di Crono celano l’Eden saturnino.

Saturno ama le cose curve: il corvo con il suo becco, il coltello del potatore, la falce, la ruota, la clessidra, le corna del cervo, il serpe che si morde la coda. Dicembre è il tempo della spirale che si avviluppa, del rotolo che si chiude, mentre Gennaio è il rotolo che di nuovo inizia a srotolarsi. Entrambi si muovono attorno allo stesso asse, si ramificano come l’abete per accrescimenti concentrici. L’arte ha celebrato Saturno in vari modi: quale allegoria trionfale, quale emblema della consunzione cronologica, come saggio eremita nei Tarocchi e anche nel modello archetipale della Veritas filia temporis, tema che raggiunge il sublime con Tiepolo e i suoi Vecchi con raffinate e nude Veneri (Rosa Tiepolo, Calasso), e che si parla dell’aspetto del Tempo quale fenomeno processuale che tende alla semplicità denudando come fa l’inverno con la flora.

Forse le due raffigurazioni più profonde ed efficaci di Saturno sono il suo Trionfo inciso da Bruegel e la celebre Melancolia di Durer. Nel primo il corteo trionfale è aperto da due cavalli con il capo chino e con gli emblemi di sole e luna sui loro gioghi ed è concluso da un elefante sormontato da un putto che squilla la tromba. Il passaggio di Saturno, segnato dal filo a piombo, opera similmente a un “trionfo della Morte”: la vegetazione si spoglia e restano degli edifici solo rovine. Sotto il suo carro la terra è coperta da una massa caotica di strumenti, armi, oggetti mescolati e abbandonati. Vanitas e memento mori. Ma anche il caos e la rovina quale ciclica esigenza trasformativa. Nella celebre opera di Durer tutto è saturnino e “gianico”: la sfera, la ruota da macina, il dantesco Veltro che appare avviluppato come un ouroboros, la clessidra, il compasso, le chiavi, gli strumenti di lavoro abbandonati sul pavimento, le piante invernali nella corona sulla testa.

Tornando al nostro antico e sapiente vassoio ellissoidale notiamo accanto al giovane puer aeternus (James Hillman), che regge il varco ellittico, un altro emblema prezioso per la simbologia cronica: un obelisco con avviluppato un serpente che sale. L’obelisco è a punta, sembra un simulacro dei raggi solari, e il serpente si attorciglia in tre volute, come tre sono i gradini su cui poggia l’obelisco stesso. Ritengo che questo emblema non sia da contrapporre a quello del giovane Aiòn ma ne rappresenti un ulteriore esplicazione. Triangolo, cerchio e spirale. Il serpente che sale è il tempo ciclico che si sviluppa attorno all’asse del mondo, attorno alla verticale delle porte equinoziali allusa dalla stessa ellisse verticale retta dal giovane. Muovendo dal basso dall’obelisco i tre stati del tempo tendono a focalizzare verso l’unità del kairos. Muovendo dall’alto verso il basso la punta dell’obelisco è l’occhio fisso che guarda in tre momenti il corso del tempo svelando la ternarietà di ogni tempo quale processo: inizio, mezzo e fine.

Questa ritmica interna del tempo è sempre stata chiara per gli antichi: da Pindaro che invoca le Muse che lo assistano “all’inizio, nel mezzo e alla fine dei suoi inni”, fino alla visione della dinamica di Dio quale “Trinità che opera nel tempo” esaltata nell’Apocalisse di Giovanni dove Dio è descritto, nella letteralità del testo greco, come “Colui che continua ad essere dal passato (l’indeterminatezza dell’aoristo), che è e che viene/ritorna” (Ap. 1,8). Neppure il male sfugge a questa struttura ternaria. Il tempo delle tenebre è chiamato nel libro di Daniele (12,4) e nell’Apocalisse (12,14) “un tempo, due tempi e la metà di un tempo”, e corrisponde al tempo del rifugio della Donna nel deserto, a indicare 3 anni e mezzo quale segno del disordine, dell’instabilità e della manchevolezza del maligno rispetto alla pienezza divina del Sette, numero di Saturno e di Cristo. Ternario è l’uomo nel suo complesso, secondo San Paolo, in quanto fatto di spirito/anima/corpo, e ternaria è la Chiesa proprio nella sua visione unitaria, panottica, assialmente temporale: la Chiesa glorificata in cielo, la Chiesa purgante, e la Chiesa militante in terra.

Il Cristianesimo sviluppa e sublima al massimo tutte le essenze e le potenzialità di Aiòn quale tempo nuziale, inaugurale, trionfale, sacramentale e androgino. Il tempo di Aiòn è uno e si sviluppa in tre tempi. Ma il tre diventa quattro con i quattro Inizi dell’anno: i due equinozi e i due solstizi, la cui figura disegna due ellissi che si incrociano nel cielo. L’ellisse del nostro antico vassoio sembra mutuare chiaramente il senso del movimento della luce che scende e che risale dividendo verticalmente l’anno in due parti. Un’ultima immagine antica ci aiuta a capire la visione più ampia dell’idea di tempo: il caduceo di Hermes. Il bastone retto con i due serpenti attorcigliati sintetizza l’ellisse di Aiòn che regge l’asta con la ciclicità del serpente, doppio ouroboros, già segno di Saturno. Il caduceo quale clessidra cosmica del tempo con i suoi snodi e i suoi capovolgimenti invernali e primaverili, con le sue curvature che alludono a perielio e all’afelio. Non a caso spesso il caduceo veniva accostato a una o due cornucopie, segno che viene dalla capra Amaltea, archetipo del Capricorno e alludente alle ricchezze occulte dei tempi invernali.

Saturno e Giano sono simili nel loro assorbire e presiedere agli opposti. Saturno è pietra e neve, piombo e oro, magrezza e pane, nero e bianco, stibio e biacca. Saturno corrisponde alla sephirot Binah, è l’astro protettore di Israele (anche in considerazione che a Saturno corrisponde il Sabato). La pietra che inghiottì Kronos al posto di Zeus infante, gesto sacrificale e fondativo del rapporto pietra/culto, divenne l’Abadir, cioè la pietra caduta dal cielo posta nell’omphalos di Delfi, essa stessa centro simbolico del cosmo. Saturno è prefigurazione di Cristo che unisce umanità e divinità, maestà e infanzia, eternità e tempo, Luce e nascondimento. Un racconto armeno narra che i Re Magi videro Gesù neonato, il tredicesimo giorno dalla sua nascita, in tre modi diversi, apparendo fanciullo, adulto e anziano ai tre re orientali, in modo corrispondente alle loro età. Il Cristianesimo introduce infatti una nuova visione del tempo sub speciae aeternitatis che assume le precedenti e le trasfigura in un complesso semantico più vasto. La novità è quella evangelica: l’incarnazione nel tempo del Figlio di Dio in Gesù Cristo. Se l’Eterno entra stabilmente nel tempo allora segno e reale per la prima volta vengono a sovrapporsi pienamente. E’ il tempo epifanico per eccellenza, in cui le profezie di compiono e tutti i tempi “giungono a pienezza” (Galati 4,4) in Cristo, per cui tutti i tempi successivi non usciranno dal Cristo ma saranno i tempi o della realizzazione del suo Regno o della resistenza al medesimo Regno. Il tempo cristiano quindi è tempo intermedio e ambivalente come il senso antico dei tempi ma presenta una novità assoluta: uno strutturale ottimismo ontologico dato dalla progressività fra l’istante della nascita, e dell’Incarnazione quale nuovo archetipo di ogni nascita, e il camminare verso l’Eternità.

La simbologia geometrica stessa della Croce può leggersi in senso di simbologia temporale dove il braccio verticale è l’hic et nunc teofanico in alto e l’istante quotidiano in basso, mentre il braccio orizzontale corrisponde alla dinamica dello Spirito Santo, che opera con segni e riti periodici e abbraccia con la sua saturnina omogeneità tutto lo spaziotempo. Il tempo della vita si sacralizza nel suo complesso quale tempo di continuo ritorno all’Eterno. Fra l’istante spezzato che è Kronos dominatore, tempo maschile, e la linea continua, che ritorna a intervalli regolari e quindi genera il senso del ciclo, del lento e benigno Saturno, tempo femminile, con il Cristianesimo appare inoltre valorizzata la spirale della visione mistica e della teologia della storia che ammiriamo nelle miniature dedicate alla ciclicità delle comparizioni delle forze anticristiche e nel Libro delle figure di Gioacchino da Fiore, stupenda geometrizzazione e visualizzazione spaziale dei tempi del cosmo. In questa opera massimamente iconologica il tempo della Chiesa e dell’anticristo sono descritti come una spirale e una successione di spirali, mentre il tempo dei regni umani è visualizzato come una successione progressiva di anse quandrangolari. La spirale media fra punto e cerchio.

La stessa struttura del libro dell’Apocalisse è di tipo spiraliforme, seminale, in quanto “tutto è in tutto” (1 Cor. 15,28): le sette coppe si manifestano dalla settima tromba, e la prima tromba dal settimo sigillo e il primo sigillo dopo la settima lettera alla settima Chiesa. L’andamento del tempo storico, visto alla luce della Fede, è per l’Apocalisse un andamento “cardiaco” che alterna “srotolamenti” e “riavvolgimenti” del volumen del Tempo (Ap. 6,14). Un andamento fatto di avanzamenti e ritorni, fughe in avanti e ricapitolazioni. Ogni fase è lo squadernamento di un qualcosa già contento in nuce nella fase precedente, come nel diagramma apocalittico di Joseph Made nell’opera Clavis Apocalyptica. Il Cristianesimo salva la circolarità del tempo anche nelle raffigurazioni spaziali-simboliche delle mappe medioevali dove l’orbe è un disco/orologio con al centro Gerusalemme, in alto/indietro Babele e avanti/sotto Roma. Questa triplica assialità è sia spaziale che temporale e Cristo è il Sole al centro delle dodici ore ed è l’Uomo cosmico che riassume nelle sue membra lo zodiaco.

Ricordiamo il trattato sull’Apocalisse del monaco benedettino spagnolo Beato di Liebana, il Mappamondo di Hereford (1300 circa) e la raffigurazione dell’Uomo zodiacale nel Libro delle Ore del Duca di Berry (1412.1416). Le festività cattoliche invernali sono numerose e tutte fotofaniche. Oltre a Natale, Santo Stefano e l’Epifania ricordiamo tutte le altre “tappe di luce” prefiste nel calendario liturgico: l’Immacolata Concezione l’8 dicembre, 6 dicembre San Nicola (cioè Babbo Natale con le renne, cioè Saturno con il carro di cervi), S. Ambrogio il sette, il dieci dicembre la Madonna di Loreto (cioè “dei Lauri”, segno igneo), Santa Lucia il 13 dicembre, San Giovanni apostolo il 27 dicembre, i Santi Innocenti il 28 dicembre, il Santissimo Nome di Gesù il 3 gennaio, la circoncisione di Gesù l’8 gennaio, il battesimo di Gesù l’11 gennaio, San Antonio del deserto il 17 gennaio, la conversione di San Paolo il 25 gennaio, la presentazione al Tempio il 2 febbraio (la candelora). Il “Natale” cristiano inizia quindi agli inizi di Dicembre e continua fino alla fine del gennaio quale festa della Luce.

L’Apocalisse di Giovanni attribuisce al Cristo il segno dell’invincibile “chiave di Davide”. Latinamente Cristo assorbe anche Giano con le sue chiavi! San Giovanni apostolo preside al solstizio d’inverno come San Giovanni Battista presiede al solstizio d’estate: i due San Giovanni svolgono un ruolo simbolico simile a quello che svolge Giano bifronte. Nel Battista è ancora più chiaro il senso del declinare della luce se consideriamo quando cade il ricordo del suo martirio per decapitazione: a fine estate, il 29 agosto. L’Epifanìa conteneva nelle ritualità liturgiche antiche alcuni aspetti della “condensazione dei tempi” propria di Aiòn e di Saturno, e infatti veniva popolarmente chiamata: piccola Pasqua, “pasquetta” ed era connessa con il battesimo e con il percorso catecumenale analogamente alla Pasqua.

Bellissime sono le raffigurazioni che Vincenzo Cartari ci regala nel suo Libro delle immagini degli dei antichi (1556) dove Janus viene raffigurato quale bifronte in un senso duplice: profilo di uomo e profilo di donna, profilo di vecchio e profilo di giovane. Un Giano che mostra tutti i suoi significativi attributi: le chiavi, il regolo/asticella (un nume misuratore), le porte della pace e della guerra nel suo tempio a Roma. Gennaio è il tempo degli Inizi, della soglia, dell’iniziazione. Ma il tempo per gli antichi non ha solo una ritmica interna e una struttura simbolica a più livelli ma anche una fenomenologia qualitativa ciclica fatta di fasi, carismi, virtù quali corrispondenze fra macrocosmo e microcosmo, per cui i mesi invernali di Dicembre e Gennaio vanno meditati anche a livello di spiritualità “psicoanagogica” nel segno saturnino del Capricorno e dell’Acquario. Che caratteristiche presentano?

Entrambi i tempi, che riassumono Dicembre e Gennaio, sono sotto l’influsso di Saturno, il quale, come Giano, simbolizza una dimensione ambivalente: freddo ma foriero di futura abbondanza come ricordano vecchi proverbi (sotto la neve pane), lento ma sapiente, dissolvitore ma pure preservatore. Dopotutto l’etimo di Betlemme, come ricorda anche San Bernardo nella sua Lode ai cavalieri del Tempio, significa: “la casa del pane”. Immagine di equilibrio e meditazione, ma pure di improvvisi capovolgimenti come nel ricordo dei Saturnali, capodanno già carnevalesco, che si rinnova in altri inizi fino al vero e proprio carnevale che apre al capodanno zodiacale. Il pianeta più lento nel suo corso (30 anni) e più freddo nella maggior lontananza dal sole apparve dalla più remota antichità quale naturale immagine per i mesi più freddi e inattivi. Il Capricorno è raffigurato quale capra che esce dall’acqua e mostra una coda serpentina da pesce. Segno “doppio” e anche con doppia energia secondo Manilio come tutti i segni che congiungono due stagioni, autunno e inverno in questo caso. Un segno ambiguo in quanto è di terra ma la sua coda ha presenta l’invisibilità delle acque. La ragione può derivare dal fatto che la costellazione è per metà sopra e per metà sotto l’ellittica solstiziale e l’equatore zodiacale. La capra con un corno è la tenera Amaltea, nutrice di Zeus nella grotta del monte cretese Ida, a sua volta versione femminile e benigna del “mostro” Egis, da cui l’egida di Zeus/Atena e l’epiteto di “egioco”, nonché il mar “egeo”. Dal corno di Amaltea deriva la cornucopia, corno dell’abbondanza. Il corno è segno di sogno veritiero nell’Odissea (XIX, 562-567) e nell’Eneide (VI, 893-897).

Il Capricorno inaugura un tempo freddo e secco, ed è segno cardinale, di terra, diurno, femminile, sterile. Per questo è saturnino: perché rinvia alla terra ferma, fredda, passiva e secca. La capra sta uscendo dalle acque, segno della Luce che inizia ad accrescersi. E’ la nuova aria decembrina del tutto diversa dall’umido della putrefactio novembrina e diversa pure dal freddo rigido ma vigoroso, fecondante, di Gennaio. E’ il seme sepolto, la concentrazione, il rattrappimento, la logica, e corrisponde alla fase alchemica della fermentazione. La stella che Manilio (Il poema degli astri) associa al Capricorno è Vesta, il nume del fuoco intimo, domestico, sacro e instinguibile, e la costellazione viene posta a presiedere pure le miniere e la lavorazione dell’oro. Questi temi astrologico-alchemici alludono all’accensione, nella natura, di un sottile “fuoco” interno (altro tema ermetico è il “fuoco filosofico”, interno e antinaturale) proprio in corrispondenza del periodo più freddo dell’anno e foriero di futura abbondanza nella germinazione e nella fruttificazione.

Dopotutto il lavoro alchemico riproduce, perfezionandoli, i movimenti della natura. La stessa stella Cassiopea viene associata al grano come all’oro e il carro di Saturno viene portato da due draghi, segno del controllo saturnino del fuoco quale essenza invisibile, volatile. Saturno presiede infatti anche alla milza, immagine ignea. Capricorno: Capra e Pesce, cioè Hermes e Afrodite, uniti insieme. Capra e Pesce, cioè il Cristo vittima sacrificale, capro espiatorio, e segno di nuova vita. Nel Cenacolo di Leonardo l’apostolo Andrea, saturninamente calvo, corrispondente con la posizione del Capricorno, mostra una gestualità di trasparenza, flemma e sacralità nelle due mani con le palme scoperte, già antico gesto di adorazione. Marte è esaltato nel Capricorno; in inverno la dura lotta del seme per la sopravvivenza. Al Capricorno corrispondono le ginocchia, i nervi, le ossa, le terre selvagge, cioè per Manilio: la Spagna, Gallia e Germania di allora! Saturno zoppica, cammina lento appoggiandosi a una gruccia o a un'asta. La deformità quale segno sacrale, iniziatico come in Giacobbe e nel servo salmico di Davide.

I tempi invernali sono tempi “polari”, cioè si muovono in se stessi nell’intimità di un’armonia ciclica. Lo insegna anche la bellissima costellazione di Cassiopea che “sale” durante il tempo del Capricorno e ruota attorno alla stella polare. L’Acquario è segno fisso, maschile, notturno, di aria. Ad esso corrispondono i polpacci, le cosce, le caviglie, le piogge fecondanti di gennaio, lo sviluppo delle radici, l’Egitto e la Cilicia. Il suo emblema è un giovane acquaiolo che versa l’acqua da una brocca, allusione mistica al miracolo di Cana, ma anche a Ganimede, e al Diluvio. E’ segno di rinnovamento, di travaso, di inizio vivificante. Il segno geroglifico è quello egizio dell’acqua, ma raddoppiato. L’Aria che reca l’acqua, e che media fra acque superiori e acque inferiori. L’Acquario presiede al rivolgimento dato dall’inizio dell’anno nuovo. L’Acquario è associato a Giunone e al pavone. Nell’Alchimia all’Acquario corrisponde la fase quasi finale della moltiplicazione. Non è la germinazione una moltiplicazione?

Forse è un caso ma nel Cenacolo all’Acquario corrisponde Giacomo d’Alfeo, cugino di Gesù, e Giacomo viene da Leonardo raffigurato come Luini raffigurerà Giuseppe nel ciclo della sua storia in S. Maria della Pace, oggi a Brera: un profilo di volto molto simile a Cristo. Giacomo minore nel Cenacolo è un Cristo “moltiplicato”, il “terzo Cristo” dopo il Gesù centrale e il Giacomo maggiore, a sua volta reso nel volto criticamente! L’apostolo dell’Acquario nel Cenacolo appare in un’aura di delicatezza e di chiarezza e con le mani si connette sia a Pietro che al fratello Andrea. Con Gennaio avviene infatti un cambiamento netto di polarità, anche se all’inizio è appena percettibile: dalla dolcezza indolente al vigore tonificante, dal riposo alla proiezione, dal guardare alla terra al guardare al cielo, dall’attesa della crescita della luce e dell’apparizione della Luce, all’attesa del germoglio e alla preparazione della semina. Gennaio è il tempo della virtualità, della potenzialità, della germinazione invisibile, ma già operante, che prepara quella visibile di fine febbraio. E’ anche il tempo degli inizi, dei capodanni, dei carnevali bianchi, nordici, arcaici. E’ il tempo dell’homo selvaticus alpestre. Le piante invernali sono tutte benignamente saturnine: protettive e augurali come il vischio, agrifoglio, e il nespolo, calmanti-purificanti, come il disintossicante ginepro, il calmante elleboro, febbrifughe come la verbena, l’antinfiammatorie come il cavolo, oppure dure e forti come il bosso e la corniola.

L’angelo della Melancolia di Durer ha in testa una corona di crescione d’acqua (afrodisiaco, antianemico e antinfiammatorio) e di ranuncolo (rubefacente, decongestionante, astringente, antisettico). Nell’antica Grecia fra gennaio e febbraio c’era la festa dionisiaca delle Antesterie, archetipo del carnevale, con processioni del germoglio, libagioni di vino, danze, maschere, ed Hermes che presiede con una verga all’entrata e uscita delle anime quale guardiano di una soglia visualizzata da una grande orcio di vino. Gennaio mese seminale. Dopotutto i mesi invernali sono biologicamente quelli più fecondi per accendere nuove vite.

Bibliografia
Mitografia stellare, Igino
Il poema degli astri, Manilio
Per una concezione storico-fattuale del tempo, Luigi Zani
Astrologia e mito, Roberto Sicuteri
Saturno e la malinconia, Panofsky
Il racconto delle stelle, Pietro Boitani
La cintura di Perseo, Giuseppe Sermonti
Le meraviglie della natura, Elemire Zolla
Calendario, Alfredo Cattabiani
Planetario, Alfredo Cattabiani
Cartografie del tempo, Daniel Rosenberg e Anthony Grafton
Magia e astrologia nel Cenacolo di Leonardo, Franco Berdini
Apokalips, catalogo, Vanilla