Dopo una pausa italiana, riprendo i miei temi mitteleuropei, quelli cioè legati a quell’area culturale tedesco-slavo-magiara al centro del nostro continente che ho già ampiamente esplorato in precedenti articoli. E dopo essere stato all’estremo settentrionale di questa regione, a Cracovia1 ecco che mi sposto verso quello meridionale, a Lubiana, capitale della Slovenia.
A Lubiana sono stato più volte, in quanto si trova su una delle strade che collegano Vienna, dove vivo, alla mia casa estiva di Bibione. Come sempre nei miei articoli, dopo averne fornito una sommaria descrizione turistica, proverò ad approfondirne gli aspetti storico-culturali.
Lubiana (nome tedesco Laibach) conta su alcuni monumenti di rilievo: Piazza Prešeren, la piazza centrale, con terrazze che si affacciano sul fiume Ljubljanika e sui pioppi che ne costeggiano le rive; la chiesa francescana dell'Annunciazione del XVII secolo; il Castello medievale del XII secolo con elementi architettonici romanici, gotici e rinascimentali, situato su una collina che domina il centro della città, raggiungibile con una funicolare.
La Cattedrale di San Nicola, in stile barocco; il Ponte del Drago del 1901, decorato con statue di draghi ai quattro angoli, nello stile Secessione Viennese; il drago, diventato un simbolo della città, secondo una leggenda locale sarebbe stato ucciso da Giasone, al ritorno dal suo viaggio per conquistare il vello d'oro, in una palude nei pressi dell’attuale Lubiana. La vasta Piazza del Congresso, ai piedi del castello, fu costruita in occasione dell’omonimo evento, convocato in città con gran pompa dal cancelliere austriaco Metternich nel 1821 per decidere la repressione dei moti liberali a Napoli e Torino da parte delle potenze reazionarie.
Al di là dei singoli monumenti, quel che più contraddistingue Lubiana è la sua coerenza stilistica, fatta di case barocche e rococò color pastello dai tetti spioventi e strette strade lastricate in pietra. E ancora di più la sua atmosfera solare: il fiume Ljubljanika dalle acque verde smeraldo che si snoda nel centro della città, schermato dai frondosi rami dei salici piangenti; la grande quantità di giovani che affollano i caffè all’aperto, Ie boutiques e i negozietti “sfiziosi” di artigianato, i mercati rigurgitanti di verdura e frutta di stagione, le vecchie taverne affumicate. Sarà per la sua vicinanza all’Adriatico e all’Italia, o il fatto che si trovi al di qua delle Alpi, ma Lubiana ha un’aria già “mediterranea”. Se lo stile delle case è simile a quello di città austriache quali Graz, Klagenfurt o Salisburgo, per la sua elegante vivacità fa piuttosto pensare a città italiane del Nord-Est come Udine, Gorizia o Treviso. Infine, caratteristica della città è l’impronta complessiva che le diede il suo più importante architetto-urbanista, Jože Plečnik.
Una città, un architetto
Jože Plečnik (1872-1957) sta a Lubiana come Antoni Gaudí sta a Barcellona. Allievo di Otto Wagner a Vienna e poi suo collaboratore, Plečnik aderì alla Secessione al tempo in cui la città slovena, col nome di Laibach, era parte dell’impero austro-ungarico. Più “moderno” di quello del suo maestro, che a volte eccede con gli ori e le decorazioni, un po’ come Klimt in pittura, lo stile di Plečnik è caratterizzato da forme classiche usate però in modo sorprendente e originale. Oltre ad aver progettato edifici iconici come la Biblioteca Nazionale, Plečnik ha dato alla capitale slovena la sua identità moderna secondo un impianto destinato non al traffico veicolare, bensì ai pedoni.
Il principale asse urbanistico è costituito dal fiume Ljubljanica, che Plečnik contornò di scalinate, viali, siepi, declivi erbosi, ponti, muraglioni di pietra, in modo da farlo "parlare". Tra i "narratori" ci sono il bianco Ponte dei calzolai (Šuštarski), decorato da pilastri corinzi e ionici che fungono da supporto per i lampioni, e il Triplo ponte (Tromostovje), un gruppo di tre ponti sul fiume che collegano la piazza principale al centro storico medievale della città. L'edificio del mercato, chiamato anche Mercato di Plečnik, fu progettato tra il 1931 e il 1939. Si estende tra il Triplo Ponte e il Ponte del Drago, ed è stato concepito come un mercato coperto a due piani che segue la curva del fiume.
Sul lato che si affaccia sulla Ljubljanica, il mercato presenta grandi finestre semicircolari, mentre il lato che dà sulla strada è caratterizzato da un colonnato in pietra chiara di ispirazione rinascimentale.
Lubiana e la Slovenia nella cultura…
Dopo un nebuloso passato slavo sotto il mitico re Samo, l’attuale Slovenia fece stabilmente parte, col nome di Ducato di Carniola, del Sacro Romano Impero e del dominio degli Asburgo fin dal XIII secolo. Come altre regioni della Mitteleuropa venne germanizzata: nelle campagne viveva la comunità slovena, mentre nei maggiori centri cittadini (Lubiana/Laibach, Maribor/Marburg) l’etnia tedesca aveva il predominio culturale, politico, sociale ed economico.
Come nel caso della Slovacchia, che ho trattato in un mio articolo precedente2, in Slovenia il processo di formazione della nazione non ha progredito dallo Stato dinastico allo Stato nazionale moderno, bensì dalla politicizzazione di una comunità “naturale”, etnicamente, linguisticamente e culturalmente definita. Di qui la venerazione da parte dei nazionalisti sloveni e dell'Europa centro-orientale in genere, per la lingua, che per loro rappresentava l'anima stessa della nazione, e che hanno rinnovato e rivitalizzato.
La lotta politica per l'indipendenza fu intrapresa molto spesso non da politici e rivoluzionari, ma da studiosi e linguisti e da poeti che il pubblico elevava allo status di “bardi”, campioni della lingua che davano voce alla nazione con le loro opere e le loro azioni. Se per la Polonia, l’Ungheria e la Slovacchia i rispettivi bardi furono Adam Mickiewicz, Sándor Petöfi e Ludovit Stúr, il poeta nazionale della Slovenia è France Prešeren (che, sia detto per inciso, non avevo mai sentito nominare prima della mia visita a Lubiana). La piazza principale della capitale slovena è a lui intitolata e vi si erge la sua statua in bronzo, sovrastata da una musa.
Preseren (1800-49) partecipò alle polemiche sulla nuova lingua e letteratura nazionale e, da principale esponente della corrente romantica, scrisse una serie di liriche amorose, dolorose meditazioni sulla morte, poemetti epico-storici e poesie di argomento patriottico. Per la tematica multiforme, la varietà e la profondità delle ragioni etiche e psicologiche, la ricchezza delle soluzioni linguistiche, la poesia di Preseren rappresenta il primo risultato maturo della lirica slovena, legata fino allora a schemi religiosi o moralistici. La mitologia nazionale ha ripreso da Preseren la concezione di una storia slovena infelice, nonché l’aspirazione a superare la secolare oppressione imposta agli sloveni dagli austro-tedeschi, da realizzare coltivando la cultura e la lingua locali.
Quanto all’altro maggiore scrittore sloveno, Ivan Cankar (1876-1918): in una delle mie visite a Lubiana comperai la traduzione inglese di una sua opera (anch’egli fino a quel momento mi era completamente sconosciuto). Si trattava dei bozzetti “Immagini dai sogni”, una rievocazione onirico-espressionista ispirata alla Prima Guerra Mondiale. Nel libro, spinto dall'esperienza vissuta nella Grande Guerra, Cankar riflette sulle questioni fondamentali relative al proprio destino e a quello della comunità etnica slovena.
Scrive lo scrittore nell’introduzione all’opera:
Queste immagini dai sogni sono state scritte negli anni dell'orrore 1914-1917. È quindi comprensibile che alcune parole non siano disposte esattamente come dovrebbero e che alcune siano velate e sfocate. Eppure, lasciamo che tutto rimanga com'era, come specchio di quei giorni difficili e come ricordo.
Cankar fu il prosatore di maggior rilievo della generazione modernista: formatosi al realismo e al naturalismo, cominciò con l’affrontare le questioni sociali e di costume fino allora ignorate dalla provinciale letteratura slovena. In seguito rifiutò queste tendenze letterarie a causa del loro materialismo che non lasciava spazio a interrogativi spirituali e ne superò le limitate scelte tematiche e ideologiche. Influenzato dal Romanticismo, dal Naturalismo, dal Decadentismo, dal Simbolismo, dall'Impressionismo e anche dall'Espressionismo, Cankar è un tipico prodotto dello stratificato humus mitteleuropeo.
Lo scrittore sosteneva l'unione degli slavi meridionali in un unico paese, opponendosi però con decisione ad ogni commistione culturale o linguistica delle singole componenti nazionali. Per la sua propaganda antiaustriaca e il suo impegno a favore di un'alleanza slava meridionale Cankar patì il carcere e l'internamento.
… e nella storia
Come per altre nazioni centro europee, una prima coscienza indipendentista slovena si manifestò quando Napoleone istituì le "Province illiriche", di cui Lubiana era la capitale, con lo scopo di sottomettere l'Austria al blocco continentale. Nel 1848, durante la cosiddetta "primavera dei popoli", fu elaborato il "Programma della Slovenia unita", in cui si chiedeva l'unificazione politica della "frammentata stirpe degli sloveni" in un unico soggetto statale nell’ambito della monarchia asburgica; un’aspirazione non dissimile da quella dell’austro-slavismo ceco che ho descritto nel mio articolo su Brno3.
Con la scomparsa dell’impero austro-ungarico nella Prima Guerra Mondiale gli Sloveni si unirono, volenti o nolenti, al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni che si costituì nel dicembre del 1918 a Belgrado, e a cui nel 1929 fu attribuito il nome di Jugoslavia. Furono soprattutto i liberal-nazionali a caldeggiare l'unione con il Regno di Serbia e a propugnare un unitarismo jugoslavo, mentre il Partito popolare sloveno, che pur aveva partecipato alla formazione del nuovo Stato assumendo un ruolo guida, mantenne alcune riserve riguardo alla fondazione di un'entità statale allargata. Non avevano tutti i torti. Il fatto che le nazioni costituenti, serba, croata e slovena, fossero già formate e definite rendeva problematica l’idea di una nazione jugoslava.
Fra le due guerre, come avvenne in altre nazioni dell’Europa centrale già asburgiche, le scuole private tedesche vennero chiuse, i circoli di orientamento tedesco-nazionale furono sciolti, l'insegnamento del tedesco nelle scuole pubbliche ridotto al minimo e alcune proprietà dell’etnia austro-tedesca confiscate. Tendenze che sarebbero poi state completate nel secondo dopoguerra, riguardando questa volta anche le minoranze italiane nelle province costiere adriatiche tolte al nostro Paese dopo il 1945 (Capodistria, Isola e Pirano).
Dopo la Seconda Guerra Mondiale una Costituente proclamò la Repubblica popolare federativa della Jugoslavia. Nonostante l'ideologia internazionalista dei partigiani titini e l'idea jugoslava di uno Stato transnazionale, ogni repubblica continuò a fare riferimento alla rispettiva nazione. Nei fatti, la “Repubblica popolare di Slovenia", pur nell’ambito del socialismo e dell'autogestione all'interno della Federazione jugoslava, raggiunse il grado più alto di autonomia statale che avesse mai sperimentato fino a quel momento. Come le altre repubbliche, anche la Slovenia disponeva di emblemi statali propri, di una propria lingua ufficiale oltre che di autonomia in fatto di istruzione e di politica culturale. Fu anche la più prospera delle repubbliche federate.
La Slovenia oggi
L’attuale Slovenia è nata, come Stato sovrano indipendente, nel 1991, per effetto della dissoluzione jugoslava. Non a caso, dato il suo retaggio storico e la sua situazione economica, la Slovenia fu la prima delle repubbliche ad abbandonare la Jugoslavia. Il 27 e 28 giugno 1991 prese avvio la guerra in Slovenia tra le forze indipendentiste e l'esercito federale. Una guerra durata solo dieci giorni. La Slovenia, a differenza delle altre repubbliche jugoslave, costituiva un’entità compatta in termini etnici, linguistici e religiosi, e potè così sottrarsi al mattatoio dell’ex Jugoslavia. In seguito il Paese ha bruciato le tappe, dall’adesione all'Unione Europea e alla NATO all'entrata nell'area dell'euro. Oggi la Slovenia è solidamente incastonata nell’Europa occidentale, con un’economia sviluppata fatta di industrie manufatturiere, nuove tecnologie e servizi avanzati, turismo. A debita distanza dai turbolenti Balcani di tradizione bizantino-ottomana.
Spero con questo articolo di aver suscitato un qualche interesse per i personaggi che ho descritto, poco conosciuti fuori dalla Slovenia. Al momento, la figura slovena più famosa al mondo è la First Lady degli Stati Uniti Melania Trump, alla quale i concittadini del borgo natio hanno già dedicato una statua in piazza.
Note
1 Vedi l’articolo su Meer edizione italiana del 28 agosto 2025: Cracovia, capitale spirituale della Polonia.
2 Vedi l’articolo su Meer edizione italiana del 28 giugno 2025: Bratislava, capitale dai tre nomi.
3 Vedi l’articolo su Meer edizione italiana del 28 marzo 2025: Brno: la Mitteleuropa che resiste.















