Raggiungere il suggestivo centro storico medievale di Albenga (Savona) dalla vivace cittadina balneare di Alassio e viceversa, è semplice. Autobus di linea e treni collegano in continuazione le due località limitrofe. Invece andare a piedi da Alassio ad Albenga percorrendo l’itinerario archeologico della Via Iulia Augusta, la strada a mezza costa che, seguendo lo scosceso litorale, fu aperta dall’imperatore Augusto tra il XIII e il XII sec. a. C. per collegare la Pianura Padana e i principali centri romani della Riviera di Ponente con la Gallia e la Spagna, può essere un’esperienza alternativa.
L’itinerario si inoltra nel folto della macchia mediterranea, caratterizzata da corbezzoli, mandorli e ulivi, riprende un breve segmento stradale selciato con i marciapiedi e i gradini disposti trasversalmente per il deflusso delle acque, indicato quale tratto superstite del basolato romano, e tocca aree archeologiche e chiese romaniche. Durante il cammino all’ombra di aloe, agavi e carrubi si possono ammirare infiniti scorci sul Monte Galero, sul Pizzo d’Ormea, su Capo Mele e sulla Baia del Sole, caratterizzata dalla verde sagoma dell’isola Gallinara o Gallinaria. Secondo gli scrittori latini Catone e Varrone il nome di quest’isolotto rimanda alla massiccia presenza di gallinelle selvatiche, ormai scomparse. Invece il suo profilo ricorda quello di una simpatica tartaruga, che fluttua tra le onde.
Collocata di fronte alla costa tra Albenga e Alassio, la Gallinara è circondata da un’area marina protetta e ricoperta da una rigogliosa vegetazione mediterranea, testimone dell’ambiente costiero prima della moderna urbanizzazione.
Sull’isola non è consentito l’approdo, poiché è proprietà privata. Gli appassionati di archeologia subacquea, però, possono immergersi negli spettacolari fondali circostanti alla scoperta del relitto di una nave romana e di reperti archeologici medievali. Infatti nel 500 d. C. lo scoglio ospitava un monastero benedettino dedicato a San Martino, vescovo di Tours, che tra il 356 e il 360 si rifugiò qui, in una grotta rivolta verso il mare aperto che tuttora porta il suo nome. L’abbazia raggiunse l’apice della prosperità tra il X e il XII secolo d. C. e, grazie a lasciti e donazioni, acquisì numerose proprietà pure in Provenza e Catalogna.
Se decidiamo di imboccare il sentiero da Alassio (Alaxia, nel Medioevo), il tracciato comincia dalla pieve romanica di Santa Croce. La chiesa, innalzata sul colle che domina la città e addossata all’arco di confine con il territorio di Albenga (Albingano, nel X secolo) fu fondata nel XI secolo dai monaci benedettini della Gallinara, come base di appoggio per i viandanti che percorrevano la Via Iulia Augusta.
Invece ad Albenga una delle prime indicazioni per imboccare la Via Iulia Augusta compare a lato del Ponte Rosso sul fiume Centa. Attraversandolo, si notano sulla destra alcuni imponenti resti monumentali, che emergono dalle acque. È quanto resta di un grande edificio religioso, dedicato a San Clemente, innalzato a più riprese nei secoli XI e XIII dai Cavalieri di Malta. Ma come si spiega la strana collocazione di queste rovine nel bacino del fiume? Andiamo per gradi.
Oggi il fiume Centa scorre a sud del centro storico. In origine, però, il suo alveo si trovava dalla parte opposta dell’abitato e solo nel Duecento per cause antropiche e naturali le acque deviarono il proprio corso, mentre gli apporti alluvionali durante i secoli fecero avanzare di circa un chilometro la linea di costa. Un tempo i resti architettonici, ora visibili nel letto del fiume, erano collocati nell’immediata periferia dell’abitato, in un’area nodale per le comunicazioni terrestri e marine.
I primi a scegliere questa zona come sede di edifici pubblici furono i romani, che nel I sec. d. C. vi eressero le terme, restaurate nei secc. II-III. Nel V secolo i cristiani, sfruttando le strutture termali ancora in elevato, ma ormai abbandonate, vi costruirono la prima chiesetta che, a navata e abside unica, fu dotata di una vasca battesimale e circondata da aree cimiteriali. Tale architettura religiosa fu ampliata a partire dal VII secolo d. C.
Prendendo il sentiero da Albenga, l’iniziale punto di riferimento è rappresentato dai resti dell’abbazia di San Martino, costruita nel Medioevo accanto ai ruderi dell’anfiteatro romano e al “Pilone”, eretto nel II d. C. Lungo la mulattiera si incontrano la necropoli meridionale della città romana di Albingaunum, l’odierna Albenga, costituita da sette recinti funerari e un colombario, databili tra il I e il II secolo d. C. e la medievale chiesa di Sant’Anna ai Monti. Durante il percorso sono collocati cartelli descrittivi con la ricostruzione di ciascun monumento.
Il tracciato, lungo 5,5 chilometri e adatto anche alle famiglie con bambini (110 metri è la massima altitudine), è indicato da una segnaletica con due cerchi rossi su sfondo rettangolare bianco. Non presenta difficoltà e ha un dislivello di 273 metri in salita. Considerando le soste alle aree archeologiche e ai monumenti medievali, si può compiere a piedi in due orette, quattro se si considerano andata e ritorno.