Stiamo attraversando un periodo in cui siamo sommersi da sempre nuovi strumenti artificiali (in primo luogo dall’Intelligenza Artificiale) con gravi rischi per chi ne fa un uso eccessivo, quasi ossessivo, dovuti soprattutto al fatto che non esistono ancora chiare normative europee che ne regolino l’uso e la diffusione. Per esempio, il nostro Ministro dell’Istruzione sta pensando di vietare nelle scuole l’uso degli smartphone ai minori di 14 anni.
Non sto parlando in questo caso di chi usa l’Intelligenza Artificiale nel campo professionale e scientifico, per esempio:
Per lo studio del nostro sistema solare o per quello delle energie rinnovabili.
Per il controllo del traffico aereo e ferroviario.
Per elaborare un testo scritto o per generarne uno nuovo (machine learning intelligenza generativa).
Per fare traduzioni automatiche da una lingua all’altra, dal cinese all’inglese, dal francese al turco eccetera.
Per la biorobotica medica (macchine con magneti impiantate nei muscoli per riprodurre i movimenti delle mani pensati dal cervello) o per quella da compagnia intelligente.
Per monitorare il riscaldamento delle acque marine sia in superficie sia in profondità (negli ultimi anni in molti luoghi del Mediterraneo le temperature dei fondali sono passate mediamente da 14,5°C a 15,5°C) o anche per lo studio della sostenibilità ambientale.
Per l’eliminazione delle plastiche e dell’alluminio in un mondo in cui le città occupano quasi il 4% della superficie terrestre.
Per la decarbonizzazione del pianeta.
Per aiutare le amministrazioni pubbliche a trovare nuove strategie per l’inclusione sociale.
Per migliorare i servizi e la mobilità pubblica (tram, bus, treni eccetera).
Per la creazione di una città che sia veramente a misura d’uomo (smart city) in cui al centro ci siano le persone e non solo la tecnologia (gli addetti ai lavori lo chiamano neourbanesimo, un nuovo modo di intendere la città moderna).
In ultimo, esistono macchine intelligenti che hanno superato il noto Test di Turing (si tratta di un criterio per verificare se una macchina è capace, o meno, di esibire un comportamento intelligente umano). Questo solo per fare degli esempi ma, purtroppo, esiste un’altra realtà, cioè quella dell’uso spropositato dell’Intelligenza Artificiale che ne fa la gente comune, soprattutto gli adolescenti, ma non solo, gli adulti, gli anziani, i bambini, di tutte le estrazioni sociali.
Nei casi precedente elencati di un utilizzo in ambito professionale e scientifico, ben venga l’Intelligenza Artificiale con tutta la sua evoluzione (che negli ultimi anni è stata esplosiva), ma nel caso dell’uso personale che ne fanno le persone comuni, la questione è molto seria perché sta assumendo sempre più velocemente dei connotati psicologici e sociali molto pericolosi, che si manifestano in vere e proprie dipendenze ossessive e compulsive. La colpa di questa involuzione riscontrabile nell’uso quotidiano dell’Intelligenza Artificiale, non è certo attribuibile alle macchine ma a un uso eccessivo, che può generare uno stato di dipendenza uguale se non superiore a quello che provano i tossicodipendenti.
Le multinazionali informatiche, in questo ambito, stanno facendo il bello e il cattivo tempo, compiendo degli abusi, per mancanza di tutela della privacy, incluse manipolazioni vere e proprie e diffusioni di fake news, nonostante in questi ultimi tempi la Corte europea abbia sanzionato con multe salatissime i Big della Silicon Valley di Cupertino in California per la mancanza di tutela dei diritti delle persone che utilizzano questi strumenti.
Recentemente Google, per tutte queste infrazioni, è stata multata per 2,4 miliardi di euro, una cifra enorme. Il mio dubbio, però, è che queste multe non verranno mai pagate o verranno ridimensionate e che la Corte europea, alla fine, si piegherà alle pressioni di queste grandi multinazionali dell’informazione che dispongono di capitali immensi. Tanto per fare un esempio, i bilanci della Apple da diverso tempo hanno superato di molto quelli di una cinquantina di Paesi, cioè circa un quarto degli Stati del mondo!
Come tutti avranno notato, oggi i media ci chiedono di scaricare continuamente e in modo ossessivo App di qualsiasi genere, persino al supermercato, e la loro diffusione scriteriata sta prendendo sempre più piede, tenuto conto poi che queste applicazioni alla fin fine servono fondamentalmente per “spiarci”, per capire quali siano i nostri gusti e propinarci prodotti di ogni tipo in base a chi ci chiede di fare queste operazioni.
Sembrerebbero difficili da accettare queste cose, ma quasi tutti lo fanno, soprattutto chi possiede uno smartphone, cioè quasi tutti nel mondo, persino il pastore Masai sperduto nel bel mezzo della savana africana. Poi, a che cosa serviranno al Masai applicazioni di questo genere, non lo si capisce nemmeno. Certo il Masai non potrà prendere una Land Rover per recarsi al primo supermercato più vicino che magari si trova a 100 chilometri di distanza e nemmeno si può permettere beni di lusso dei quali poi non saprebbe cosa farsene.
Insomma, la cosiddetta Big Tech sta facendo anche questo e sempre più massicciamente in ogni angolo della Terra. Ma c’è un’altra questione altrettanto importante che riguarda un uso distorto dell’Intelligenza Artificiale, cioè l’interfacciamento mente umana e computer in cui siamo quasi tutti coinvolti senza rendercene conto. Sto parlando di macchine molto complesse che consentono di mappare le nostre attività corticali durante i processi cognitivi e intellettivi, soprattutto quelli dei bambini.
Sono delle interfacce macchine-cervello che consentirebbero di collegare il nostro cervello a dei dispositivi esterni con la possibilità di comandarli con il nostro pensiero, ma il punto è che queste macchine potrebbero fare il lavoro inverso e quindi condizionare le nostre scelte e annullare il nostro libero arbitrio. Queste macchine potrebbero in definitiva leggere nel nostro pensiero e questo ovviamente non solo non è eticamente corretto ma sarebbe anche illegale e quel che è più grave è che queste macchine potrebbero controllare i nostri consumi, la nostra vita in sostanza. Questo non dovrebbe sorprenderci in quanto, tanto per fare un esempio, l’ultima ChatGPT è capace di elaborare in una frazione di secondo contemporaneamente miliardi di informazioni, un numero inimmaginabile.
Isaac Asimov, oltre a essere stato un grande scrittore, dotato di un QI di 160, quindi molto più alto di quello di un individuo normale, aveva lavorato prima della diffusione di queste macchine intelligenti e ne aveva già intuito i limiti futuri. Asimov si chiese come questa tecnologia avrebbe, per esempio, potuto fargli superare le sue paure. Era claustrofobico, aveva paura di viaggiare in aereo (per questa ragione non ha quasi mai preso un aereo che sarebbe stato essenziale per fare conferenze in tutto il mondo ed essere per questo ben pagato), non sapeva nuotare (questo si può anche capire perché nel paese in cui era nato, nel cuore della Russia, ovviamente non c’era il mare e nemmeno c’erano delle piscine), non sapeva andare nemmeno in bicicletta e questo è molto curioso in quanto tutti al mondo, o quasi, sanno andare in bicicletta. Strano per un genio!
Una macchina avatar avrebbe potuto identificare, anche se virtualmente, la sua identità, avrebbe potuto farsi una rappresentazione della sua personalità, ma non avrebbe mai potuto simulare la sua coscienza, i suoi sentimenti, incluse le sue fobie. Che vuol dire questo? L’Intelligenza Artificiale può risolvere molti dei nostri problemi, questo è vero, ma mai simulare una coscienza umana, tanto meno quella di Asimov. Tutto questo non significa che l’Intelligenza Artificiale stia subendo un processo involutivo, tutt’altro, ma che noi uomini comuni mortali e coscienti dovremmo farne un uso ponderato e solo se necessario.
La realtà purtroppo è un’altra. Si può andare nei luoghi più sperduti del mondo, non solo nella savana africana dei Masai ma anche in Amazzonia, per accorgersi che alcuni indigeni che vivono negli angoli più nascosti di questa grande foresta, che vestono ancora con i loro indumenti tradizionali e con piume di uccelli in testa, hanno un cellulare in mano, uno smartphone ultimo grido. Come poi possano farlo, non tanto a possederlo, ma a connettersi in questi luoghi, è un mistero, ma sembra che i signori della Silicon Valley abbiano risolto per loro persino questo problema.