Il geometra Alfonso Alarini aveva trentaquattro anni, una pancetta che avrebbe fatto invidia a un gorilla ma soprattutto una fiera ignoranza ostentata con assoluta indifferenza e nonchalache. Non leggeva giornali, per dire. Nemmeno le news sullo smartphone. E si faceva ammazzare piuttosto che mettere piede in una libreria. I libri gli facevano venire l'orticaria. Gli ricordavano il suo non trionfale cursum honorum scolastico che ovviamente essendo "non trionfale" di "honorum" aveva ben poco. Bocciato tre volte. Scappato di casa due. Ah accidenti, acqua passata. Adesso aveva trentaquattro anni e un lavoro a tempo indeterminato - in una fabbrica. Inutile ripercorrere il passato, anche se la sua ombra (l'ombra del passato) si allungava su di lui ogni volta che doveva entrare in una libreria o cercare una notizia in un giornale.

Quando bisognava parlare di attualità, Alfonso si chiudeva in un ottuso silenzio e se qualcuno lo sollecitava a esprimere un'opinione Alfonso si ritrovava a dichiararsi sinceramente e fieramente estraneo ai fatti. Dichiarava di non conoscerli. Perché non leggeva i giornali. Se i prezzi salivano, non aveva bisogno di apprenderlo dai giornali. Gli bastava acquistare le sue quattro cose al dispaccio sotto casa o in qualche negozietto. O pagare le bollette. E se la lavatrice perdeva, Alfonso poteva usare lo Scottex. Non ce l'aveva coi giornali. Non gli piaceva leggere. Gli faceva schifo leggere. Solo questo. Ci perdi gli occhi e il cervello ti va in bollicine. "E non parlatemi di leggere un libro, zio caro!" diceva.

Con queste premesse si capirà che fu abbastanza singolare quando un certo giorno di una certa data a una certa ora, il buon Alfonso, nel bel mezzo di una conversazione calciofila con un amico, se ne venne fuori con una citazione tratta nientemeno che da Goethe. Un aforisma in piena regola. E il compare con cui Alfonso stava parlando subito a dirgli: "Scusa, ma questa dove l'hai sentita?". In effetti, Alfonso quel motto goethiano doveva proprio averlo sentito perché leggerlo manco a parlarne. Lui non leggeva. "Appunto, lo so. Ben per questo te lo chiedo". L'amico. Così l'Alfonso arrossì e si giustificò un po' balbettando qualcosa di non molto comprensibile tipo: "Ma chissà da dove è saltata fuori 'sta frase" e tipo: "Misteri della psiche umana" e tipo: "Mi sto diventando ricchione, si vede, zio caro".

Sennonché mentre la conversazione calciofila si trasformava in uno scambio di opinioni sui motori per poi sfociare nell'argomento donne, il nostro Alfonso si ficcò una mano nel tascone del suo bomber e ci trovò dentro la carta argentea di un Bacio Perugina, gli diede una sbirciata distrattamente (giacché Alfonso non leggeva neppure i messaggi dei Baci Perugina) e riconobbe l'aforisma di Goethe appena pronunciato parlando col suo amico. "Eccolo qua. Ecco come facevo a saperlo. L'ho letto qui" disse all'amico e gli passò la carta del Bacio Perugina. "Eh sì. È vero. Ecco come hai fatto". "Sì, zio caro. Devo averlo letto con la coda dell'occhio e memorizzato all'istante. Mi si è appiccicato nella testa". "Mm mm. Perché non è da te leggere. Fosse anche una ricetta medica". "Infatti. Dodici decimi. Di vista. Quindici anzi, mi ha detto il dottore" fece Alfonso. "Yes. Comunque, fossi in te ci andrei piano con i Baci Perugina. Potresti rovinarti i denti".

L'amico con queste parole toccò in verità un nervo scoperto di Alfonso e tale nervo era la sua irreprimibile golosità. Dopo che Tania se n'era andata, lasciandolo, a quanto pareva, per un professore di Italiano, Alfonso si era trasformato in un folle fagocitatore di dolciumi industriali. Aveva cominciato un paio di anni prima con i Pocket Coffee, per tenersi sveglio sul lavoro - o almeno così dichiarava. Ma poi aveva scoperto le macchinette nell'area mensa. Così aveva fatto due mesi di Bounty. Tre mesi di Mars. Un paio di mesi di Twix. Anche i KitKat erano buonissimi. Fino a quando a una festa a casa di colleghi aveva mangiato un Bacio Perugina e così aveva abbandonato il periodo KitKat per entrare nel periodo Baci Perugina. Erano buonissimi e irresistibili.

"Io proverei con i Ferrero Rocher".
"No no. Baci Perugina. Sono il top. Sono il max. Sono il best".
"Fa come credi".

Ormai era da una settimana che si energizzava a Baci Perugina. Si riempiva i tasconi del bomber. Ne fagocitava a manciate. I colleghi lo guardavano orripilati. Ma si facevano i fatti propri. Si sapeva perché faceva così. Tania. Una donna. Altro che tenersi sveglio al lavoro. Alfonso aveva avuto pure il periodo Smarties - ma più come cromoterapia. Quella pioggia colorata di cioccolatini lo teneva su. Gli faceva dimenticare Tania. E dire che Tania non era neppure questo granché. Anzitutto, aveva le tette concave. Non era piatta. Era concava. Le tette le aveva sì, ma sulla schiena, ed erano le scapole alate. Avrebbe potuto allacciarsi il reggipetto al contrario. Poi aveva un dente mancante. Però era meravigliosa. Era una donna fantastica. Piena di fantasia - e sì, anche di fantasie.

Ad Alfonso mancava. Mancava moltissimo. Di lei sentiva la mancanza di tante cose. Ad esempio, del gioco dei maglioni. La chiamavano la gara dei maglioni. Consisteva nell'indossare il numero più alto possibile di maglioni uno sopra l'altro. Una volta Alfonso era riuscito a indossare cinquanta maglioni uno sopra l'altro e gli era presa una scalmana assurda. Aveva cercato di spogliarsi, ma era tipo Omino Michelin e non riusciva nemmeno ad alzare un braccio o a portarlo a un lembo qualsiasi dei maglioni per levarseli. Tania era riversa al suolo rotolandosi dalle risate e non si muoveva ad aiutarlo. "Tania, cacchio, aiutami! Sta per venirmi un collasso!". Quanto si erano divertiti insieme... E tutto questo ora non c'era più. Volato via come la carta di un Lindt colpito da un refolo di vento.

Sicché, adesso Baci Perugina.
Erano così buoni...!

Non sapevi se per la nocciola al centro o per il cioccolato intorno. Anche i Kinder erano stati un toccasana; ma Alfonso li aveva abbandonati in fretta per via dei regalini all'interno. Si sentiva un po' scemo eccetera. Era passato ai Duplo e ai Kinder Bueno, ma il cioccolato specifico dei Baci Perugina era per Alfonso qualcosa di irresistibile. Alle volte ne mangiava con una foga tale da sembrare Leo Gullotta nella pubblicità dei Condorelli. I colleghi lo guardavano, ma sapevano, e non lo deridevano, tacevano. Tania. Ogni Bacio veniva da Tania. A livello inconscio Alfonso lo ingurgitava quasi senza scartarlo (in effetti, se masticati con la carta argentea i Baci Perugina sono più buoni) per dimenticare e ricordare allo stesso tempo. Tra l'altro, la forma del Bacio Perugina è un "cazzotto": un piccolo bacio in un piccolo pugno. Alfonso l'aveva scoperto rovistando su Internet.

Un giorno Alfonso al suo amico mentre parlavano di be', dell'assoluta rilevanza delle modelle nei Motorshow, disse: "L'anima del piacere è nella ricerca del piacere stesso. Lo diceva Blaise Pascal".
"Eh?!"
"Ma sì, nel senso che come diceva Emile Verhaeren: "Amare significa agire ed esaltarsi senza tregua".

Non fu l'unica volta che Alfonso se ne venne fuori con un aforisma. In pratica, a partire da una certa data, Alfonso si trasformò in una fabbrichetta di citazioni - per citare, peraltro, Giordano Bruno Guerri. Ne sputava fuori una ogni tre parole. Colleghi di lavoro e amici lo guardavano sconvolti. Perché sapevano di lui che a) non leggeva assolutamente nulla e b) le sue capacità lessicali avevano forti limitazioni più o meno dalla nascita. Dunque, cosa stava accadendo? Perché questa improvvisa esplosione di erudizione?

"Ti sei messo sotto a leggere?"
"No, macché! Vi siete ammattiti? Ci tengo alla mia vista. E poi come diceva Daniel Pennac..."
"Aspe' aspe'. Lascia stare Antonio Pennacchi adesso. Se non leggi, come sai tutte queste cose? Audiolibri?"
"No! Vuoi che mi vada il cervello in pappa? Tra l'altro, Milan Kundera a proposito diceva che..."
"Ma non è possibile! Come ci riesci allora? Sei enciclopedico. Di colpo sai tantissime cose. Cosa hai fatto? Un corso accelerato di intelligenza?"
"Che? Perché prima ero un fesso? Ma lo sapevate che Aristarco di Samotracia diceva che..."
"No no. Ma... Caspita, sembri un professore d'italiano!"
"Accidenti, ma lo sai che hai ragione? Mi hai dato un'idea, mi hai dato! Telefonerò a Tania! Mi rifarò avanti con lei! Può darsi che adesso colto come sono abbia le carte in quadra per piacerle!"

Due mesi più tardi in sala mensa l'atmosfera si fece tetra. Era arrivata la voce che Alfonso fosse schiattato. Da un mese si era licenziato dal lavoro. Ormai colto com'era non riusciva più ad accettare di non mettere a frutto le sue conoscenze seguitando in un lavoro in fabbrica. Altri però dicevano si fosse ritirato per cercare di riprendere seriamente la sua relazione con Tania. Comunque, girava voce che Alfonso fosse schiattato per via di un'occlusione intestinale. Altri dicevano fosse per causa di un infarto. Ma forse le due cose erano collegate: se non vai di corpo per troppo tempo rischi che il cuore ti scoppi. Il che la dice involontariamente lunga su cosa sia l'amore. Forse è l'amore ferito che provoca questi blocchi e questi scoppi.

"Alfonso s'ingozzava di tutti quei cioccolatini. I Baci Perugina. Non ricordate? Deve avere esagerato e si è causato il blocco. Tutto qui".
"Sembrava traesse una strana energia da quei Baci. Forse la disperazione lo ha convinto per davvero che fosse così".
"Vuoi dire che mangiava i Baci Perugina per immagazzinare quanta più erudizione possibile per competere con quello stronzetto di un professore d'italiano che gli aveva portato via Tania?"
"Secondo me sì"
"Oh, zio caro... Certo che questa le batte proprio tutte!"