I Love sono uno dei gruppi fondamentali del rock psichedelico di fine anni ’60. Di più: Forever Changes, il loro terzo album, è una pietra miliare, un capolavoro che va inserito tra i dischi più importanti di quel decennio musicalmente inestimabile, e vi stupireste nel sapere quanti appassionati e addetti ai lavori lo collocano nei primissimi posti delle proprie preferenze. Per questo l’uscita di Black Beauty, l’album perduto a firma Love, è un evento. Protagonista di questo piccolo miracolo è la High Moon Records, che lo ha ripescato dal dimenticatoio e lo ha stampato, per ora in vinile, anche se c’è da aspettarsi un’uscita in compact disc nei prossimi mesi.

Per raccontare in breve la storia di questo disco bisogna prima fare un riassunto bonsai della storia del gruppo guidato dal leader autoritario Arthur Lee. Prima del già citato Forever Changes erano usciti Love, un esordio graffiante con qualche spigolo da smussare ma comunque notevole, e Da Capo, un passo avanti perfettamente diviso in due: la facciata A piena di grandi canzoni tra l’acido e l’ipnotico, e la B interamente dedicata a una lunghissima suite con influenze jazz, non sempre convincente ma coraggiosa. Dopo Forever invece uscirono tre lavori: il buonFour Sail e la coppia Out here e False Start, non deprecabili ma in evidente fase calante rispetto al trittico iniziale.

Lee pubblicò anche qualche lavoro a suo nome, poi la sua vicenda umana si complicò nei decenni successivi tra abusi, carcere e il cancro che se lo portò via nel 2006, poco dopo il rientro sulle scene con un trionfale tour passato anche dall’Italia (e immortalato in cd e dvd). Dalla storia ufficiale, fino a qualche tempo fa era rimasto fuori questo disco, progettato all’inizio degli anni ’70, scritto e registrato, ma mai pubblicato a causa del fallimento dell’etichetta Buffalo Records, che avrebbe dovuto occuparsene.

Black Beauty è il regalo postumo che non ti aspetti, che arriva senza troppo clamore e che ascolti la prima volta temendo il peggio. Soprattutto perché della formazione storica del gruppo, tra questi solchi, praticamente l’unica traccia rimasta è proprio Arthur Lee. Per il resto ci sono Robert Rozelle al basso, Melvan Whittington alla chitarra e Joe Blocker alla batteria: un quartetto (composto appositamente dal padre padrone del marchio, che già in precedenza si era dimostrato poco votato alla democrazia nella gestione della band) che sarà presente anche nel successivo e poco noto Reel to Real.

Siamo nel 1973, e anche sul piano strettamente musicale, di Forever Changes e dei suoi predecessori non è rimasto quasi nulla. Per questo faccio un po’ fatica a considerarlo a tutti gli effetti un disco dei Love, e mi sembra, semmai, una proiezione di quello che Lee avrebbe voluto fare dei Love. Eppure sottovalutare questo Long Playing sarebbe un errore perché, lungi dall’essere una delusione, è certamente più godibile diFalse Start (che era impreziosito dalla presenza di Jimi Hendrix), e sui livelli di Out Here, forse meglio. Hendrix tra l’altro c’è anche qui; non di persona, perché è già trapassato in quella notte maledetta del Samarkand Hotel, ma nella fortissima influenza riscontrabile in vari brani (l’inizio diMidnight Sun sembra quasi un omaggio, ma anche See Myself In You paga un tributo evidente, così come Product Of The Times). Per il resto, mettendo tra parentesi lo strambo e non proprio irrinunciabile episodio simil-caraibico Beep Beep, è tutto il disco a mantenersi su standard soddisfacenti: dall’apertura rock-blues di Good & Evil, al sostanzioso pop-soul di Can’t find it. Walk Right Buy è un gioiello che visita vari territori della tradizione americana, dal folk al R&B, Skid è una parentesi cantautorale in cui è immediato trovare il timbro di Bob Dylan. Stay Away, che attacca come fosse una variazione su Louie Louie, ha un sapore garage-rock piacevolmente ingenuo, e Lonely Pigs riporta all’anima più lisergica, con la voce di Lee che ondeggia sul filo ricordando (da lontano) quella di Syd Barrett nei dischi da solista.

Resta da dire della splendida confezione di questo Lp, che si presenta con una foto di copertina capace di chiarire subito a chi vada ascritta la paternità. Non si tratta di un oggetto economico (intorno ai 40 euro) ma è comunque una prima stampa in edizione limitata (cinquemila pezzi) e numerata. Dentro, oltre al vinile in 180 grammi ci sono un generoso libro ricco di foto e note sulla produzione, e una card plastificata con il codice per scaricare la versione mp3 dell’album. Un acquisto da fare subito o da mettere nella lista dei desideri per chiunque abbia già in casa i primi tre capitoli della saga. Altrimenti, prima l’indispensabile e poi questa inattesa appendice.