La rinascita è misteriosa, qualcosa dentro di noi muore e qualcos’altro risorge, come il cielo che ieri apparteneva all’inverno e oggi incanta, e come queste piccole foglie che a breve daranno luce a tutti gli alberi (Fabrizio Caramagna)

Il Consumismo ha ormai consumato la società contemporanea sempre più in affanno, sempre più in crisi per i suoi ritmi di consumo che non sono più sostenibili. Gestiamo male il cibo (circa un terzo del cibo prodotto diventa spazzatura) poiché questo non viene prodotto in base alle reali necessità della domanda ma prodotto in base alla produzione che attraverso pubblicità e modelli sociali vari crea continui bisogni nei consumatori. Gestiamo male acqua ed energia con un conseguente disastroso impatto ambientale. Ho letto che le risorse naturali necessarie a vivere sulla Terra sono a malapena sufficienti alle persone che la abitano in questo momento; se la popolazione mondiale dovesse ancora crescere le risorse presenti non sarebbero più sufficienti e dovremmo andarle a cercare chissà dove nello spazio.

Nella nuova mostra di Bertozzi e Casoni presso la Galleria CarloCinque di Milano, dal titolo “Mirabili tracce” la sala principale accoglie una grande tavola apparecchiata con evidenti resti del pasto consumato, tutt’intorno vassoi colmi di gusci d’uovo, bucce marce, fondi di caffè, resti di torte… Bertozzi e Casoni le chiamano “sparecchiature” e sono una riflessione sul consumo, sullo spreco, su quello che lasciamo, su quello che avanza, su quello di cui non abbiamo più bisogno. Quelle rappresentazioni così realistiche e allo stesso tempo surrealistiche mettono in evidenza la nostra quotidianità, quello del quale ci vergogniamo e che preferiamo tenere nascosto. Ci mettono di fronte ad uno specchio, ci scuotono, ci fanno riflettere. Sono reali e allo stesso tempo fittizie, reali e allo stesso tempo astratte. Ci raccontano tanto della nostra superficialità, transitorietà, precarietà ma anche fragilità perché non dimentichiamo che sono fatte di ceramica, un materiale fragile come la nostra condizione umana.

Tra le opere in mostra ritroviamo un cumulo di ossa lucidato e animato da centinaia di coccinelle simbolo di rinascita e rigenerazione. Una tipologia di opere che ricorda la tradizione napoletana del Cimitero delle Fontanelle, un ossario dove l’identità di gran parte dei defunti non è nota (qui vennero seppellite le vittime della peste del 1656 e del colera del 1836). Qui si svolgeva un particolare rito: i devoti sceglievano un cranio al quale corrispondeva, secondo la credenza, un’anima abbandonata alla quale chiedevano protezione.

In particolare i devoti pulivano e lucidavano il cranio scelto, pregavano per l’anima scelta, le costruivano un piccolo altare e questa si manifestava nel sogno per confermare la propria protezione e chiedere preghiere per alleviare le pene del Purgatorio. Un modo per stabilire un contatto con tutto ciò che è “al di là” del reale, del conosciuto, del noto, del logico e che ci da un po’ di serenità nel sapere che oltre la morte c’è ancora vita e speranza. L’arte di Bertozzi e Casoni è stupore, meraviglia ma anche riflessione. Quelle opere ci attraggono e ci spaventano perché sono specchio di noi stessi ma alla fine è la speranza a vincere. La speranza in una rinascita che si erge dalla morte e racconta un nuovo inizio.

Ad aprire invece il percorso della mostra, all’entrata della galleria è l’opera “Ritratto” ispirata a “Madamoiselle Caroline Rivière” di Jean Auguste Dominique Ingres, conservata al Louvre di Parigi. Nell’opera originale tutti gli elementi sono irregolari, “sbagliati” ad un primo sguardo: seno troppo alto, collo troppo esile, viso troppo tondo, busto corto, spalle strette… Il motivo è che l’interesse dell’artista non è indirizzato al realismo puro ma alla creazione di una bellezza astratta, innaturale.

Nella versione di Bertozzi e Casoni di quella figura femminile resta poco (la postura, i lunghi guanti, il boa di pelliccia) e quel poco basta a ricollegarla al famoso quadro di Ingres anche se qui non abbiamo più una ragazzina che posa davanti all’artista che la ritrae ma una giovane gorilla che con fierezza ed eleganza da il benvenuto allo spettatore e lo introduce a quel mondo surreale, diverso che è il mondo di Bertozzi e Casoni, un mondo dove il virtuosismo tecnico dialoga con l’ironia, dove la realtà dialoga con il sogno/incubo, dove non importa come entri nello spazio espositivo ma come ne esci dopo aver goduto di tanta bellezza e profondità.