I manichini di moda, sono di fatto il supporto dell’abito per la vendita, ma anche per l’esposizione di una mostra di carattere museale e archivistico. Sono parte integrante dell'espressione dei costumi per la posa della storia che questi raccontano. Il manichino di moda è progettato e realizzato principalmente, per la vendita al dettaglio. La moda raccontata nelle mostre è mediamente esposta sui medesimi soggetti che vedi nei grandi magazzini e nelle vetrine dei negozi.

Pochi sono i produttori di manichini che li realizzano in funzione del soggetto di una mostra, valutando per essi le forme, ed i materiali, che meglio si raccordano al tema e al periodo storico. Prendendo a pretesto la mostra “Karl Lagerfeld: A Line of Beauty”, inaugurata il primo maggio scorso, al Metropolitan Museum di New York, emerge la progettualità curatoriale nelle tracce anatomiche dei corpi atti a veicolare le creazioni del creativo tedesco per l’intera sua esperienza produttiva nella moda. Al The Met's Costume Institute, i manichini vengono ragionati ed ideati nel contesto storico e creativo che viene raccontato e hanno il compito di supportare la visione curatoriale attraverso elementi come lo styling, la scenografia e l'interazione con altri oggetti che costituiscono la scena. Questi manichini subiscono spesso alterazioni fisiche, da lievi modifiche a riprogettazioni complete.

La mostra, Karl Lagerfeld: A Line of Beauty, si è sviluppata attraverso la storica collaborazione con Bonaveri, che produce da anni, in Italia, alcuni dei soggetti più espressivi ed archetipici del concetto contemporaneo di bellezza traslata in una “Bambola” che più precisamente definiamo manichino. Bonaveri crea adattandosi alle particolari esigenze di una mostra e apporta le mediazioni culturali di cui questi soggetti necessitano.

Mediamente, i manichini, sono rappresentazioni di tutto il corpo della forma umana, con testa, braccia e gambe. Alcuni sono progettati per sembrare più realistici, con iridi e unghie incise, mentre altri sono astratti con lineamenti del viso ammorbiditi o persino una forma a testa d'uovo semplificata, altri non hanno neppure la testa e altri ancora sono muniti di capelli, come parte della scultura anatomicamente coerente al vero, o ancor più in forma di parrucca. Al The Met, il manichino utilizzato da più di cinquant’anni è il modello Schläppi di Bonaveri:

La collezione Schläppi si caratterizza per le sue forme artistiche e avveniristiche. Le pose sono eleganti, statuarie e atletiche. I manichini Schläppi sono stati creati nel 1960 e Bonaveri continua ad aggiungere nuove collezioni nel rispetto dell’estetica e del design originale. Le nuove collezioni Aloof e Noble sono le ultime nate della linea Schläppi. La collezione 2200, tratta dagli stampi originali Schlaeppi, si distingue come collezione iconica Schläppi.

(Bonaveri)

Questo storico modello è stato da qualche anno aggiornato: è ritenuto un pilastro delle mostre del Costume Institute, un'impresa raggiunta grazie alla sua atemporalità e flessibilità. Utilizzando questi manichini unici, si possono interpretare la maggior parte dei costumi dagli anni '20 ad oggi su un'unica forma, pur ottenendo un alto livello di verosimiglianza storica e di vestibilità adeguata al tempo trattato.

Il vitino da vespa e il busto definito degli anni '50, tuttavia, hanno sempre rappresentato delle sfide per la sezione “Costume” del MET. Per risolvere questi problemi, è stato progettato il "Corset Torso", creato da Bonaveri, ed utilizzato per la prima volta nella mostra “Camp: Notes on Fashion” del 2019.

Il busto personalizzato funziona con le braccia e le gambe esistenti ed è stato inizialmente sviluppato per accogliere modelli di case di moda come Christian Dior e Alexander McQueen che non si adattavano allo Schläppi standard.

La taglia dei modelli di moda si è evoluta oltre quella di un tipico manichino, originariamente disegnato negli anni '60, e si è adeguata alle forme fisiche della contemporaneità, più atletiche e convergenti nel meticciato culturale e fisiognomico. Gli spettacoli, sempre più teatrali, delle passerelle hanno anche incoraggiato mode più estreme che coinvolgono corsetteria, materiali insoliti e forme senza precedenti, che possono contribuire a rendere i costumi non così facilmente adattabili ad un manichino.

Stabilito dalla volontà curatoriale del museo che il “Body Schläppi” funziona bene con i modelli di Lagerfeld per Chanel, Chloé, Fendi, e il suo marchio omonimo, si è tracciata la contiguità formale con il progetto architettonico dell’esposizione.

Il design moderno ed essenzialmente geometrico dell'architetto Tadao Ando ha richiesto un manichino dal modellato adeguato al lavoro di visione dei luoghi museali del progettista giapponese al fine di stuzzicare le linee tortuose e rette che andavano contrapposte nella curatela. Sono stati usati manichini con pose piegate al ginocchio e gambe dritte per riflettere la dicotomia delle linee.

Il curatore, Andrew Bolton, voleva qualcosa di speciale per la fisionomia della testa, che desse all’insieme il carisma dell’estetica di Lagerfeld come collezionista d’arte. Il Kaiser della moda aveva collezionato le statuette, in porcellana, di Gerhard Schliepstein (1886–1963), scultore tedesco del periodo Art Déco, e da esse Bolton ha trovato l'ispirazione per i volti e le personificazioni ideali dell’esposizione.

Con attenzione ai dettagli e alla scala appropriata per un manichino di moda, Bonaveri ha scolpito quattro teste che si sono trasformate, senza soluzione di continuità, nel corpo esistente di Schläppi, attingendo a opere come “Diana e cervo” (1924) e “Donna con due candelabri” (1925) di Schliepstein. Per quanto riguarda l’impatto materico e luministico, delle superfici la lavorazione è stata realizzata con una finitura bianca che emula la brillantezza della porcellana.

Poiché il gesto è fondamentale in un manichino, sono state scolpite anche nuove mani con dita allungate per abbinarsi ai volti stilizzati in stile Art Déco. I risultati eleganti supportano una presentazione unica dei disegni di Karl Lagerfeld come maestro del suo mestiere e sono la linea continua del suo ingegno. L’anatomia di un gusto privato per il bello, di colui che è stato il direttore creativo per antonomasia, si è espressa attraverso la fisionomia grafica dei rilievi stilistici del corpo e del volto, dei figuranti in mostra, lì giunti dalla percezione retinica dell’arte che tanto lo pervadeva.

La forma che informa lo spettatore è dunque una pagina di “bianca porcellana”, stilizzata dalla memoria, che si addiziona, scolpita, alla lirica di quanto il creatore di moda ha saputo modellare per quelle pieghe del tempo tramate ad onore dell’ineffabile spirito del nome servito: Balmain, Patou, Chloé, Fendi, Chanel e… Lagerfeld.

La sua “K”, da teutonico sovrano, è stata la cifra sartoriale di una potenza progettuale del tempo a venire che è stata rispettata, ed esaltata, dalla scelta scultorea, di una linea stilistica, che fa del manichino un vettore dell’anima.