In ogni corso basilare di finanza o di gestione del rischio viene immediatamente definito il concetto che sta dietro al rischio stesso. Spesso ciò viene fatto per assenza, che detta in parole poverissime e che non fanno assolutamente giustizia alla complessità della materia “l’assenza di rischio equivale all’assenza di varianza”. Facendo così ho raggiunto due risultati. Il primo è che qualunque persona che abbia un minimo studiato la materia è fermamente convinta che io non ci abbia capito nulla.

Mentre il secondo è che il resto delle persone, i fortunati che non hanno dovuto studiare Finanza, sono ancora più confusi, non tanto sul concetto in sé, quanto sulle implicazioni. Fortunatamente, non devo fare una lezione sull’argomento, quindi prendiamo solo l’implicazione necessaria: togliere la varianza significa togliere, a parità di condizioni, qualsiasi cambiamento positivo o negativo che ci possa essere. In soldoni, coprirsi dal rischio è equivalente a bloccare una situazione, assicurarsi che rimanga tale, che è una cosa utile in finanza, ma non so quanto possa esserlo a livello personale.

Io credo che le storie d’amore passate, e le esperienze in generale, seguano una traiettoria con i propri picchi, limiti superiori e inferiori. Limiti che purtroppo sono tutti da scoprire. Fa paura pensare alle possibilità di perdita e ci si concentra spesso su di esse, perdendo così di vista il vero potere del cambiamento. Far entrare qualcuno o processare il passato non chiudendosi, ma in commistione con il vivere l’impasto degli eventi presenti, può permetterci di guardare in alto e ricordarci i punti più alti delle traiettorie passate.

Ad uno sguardo un po' più attento e astraendosi dai limiti cartesiani è inoltre possibile verificare come tali momenti siano sostenuti da tutti quelli più bassi e che le traiettorie dal basso sono sempre risalite, fino al punto presente. Questo semplice e geometrico fatto mi infonde serenità e speranza.

Universo

Tante cose fanno paura
nella vita, entrare
in una casa vuota
dormire nel lettone
da soli
andare su strade
che non si ha mai percorso.

C’è sempre un po’ di esitazione
nel riaprire gli occhi
dopo ogni sonno
ad alzarsi per farsi pronti
al giorno che viene
quasi non conviene
lanciarsi nel mare
di gente che nuota
lontana, come sardine
tutti con battiti diversi
e ritmi inconsueti
che trovano una generale armonia

fa paura l’entropia
che caratterizza l’universo
ci sono immense distanze
e vuoti profondi
luci lontane
e pianeti errabondi
in questo immenso mare
e più si scende
più si viaggia
più, a volte, ci si scoraggia.

Però io nei tuoi occhi vedo i boschi
e riflessa la speranza
sento odore di picchi solenni
e immense montagne
la brezza tra i prati
il ronzio delle api
più ci guardo
più ci cado dentro
in quello sguardo universale
quando ridi è aurora boreale
quando m’ami vulcani
e le tue mani
tracciano strade
che solcano la distanza
battono l’immensità
il tutto in una stanza
corro tra i tuoi colli
senza pensare
a tutto quel mare
mi arrampico
come su un crine
la vita non ha fine

mi guardi e mi ricordo
che è tutto relativo
sei morta, sono vivo
sono morto sei viva
non c’è tempo
e non c’è immenso
l’universo scomparso
nel frullo d’ali d’un fringuello.

Ci siamo amati,
siamo invecchiati
siamo lontani
ci siamo lasciati
stiamo piangendo
stiamo ridendo
stiamo vivendo
due vite non nostre
da un’altra parte
dove ci guardiamo tra la strada
tu da un lato io dall’altra parte
e dopo lo sguardo
continuiamo a camminare
senza capire perché
io penso alla montagna
a tu al mare.

Ecco un’altra realtà
dove non ci conosciamo
tu sei francese
io iraniano
ma ogni volta guarderò le montagne
lontane.

Alla fine, è tutto un caos,
ma nei tuoi occhi
vedo l’impegno
e capisco la fortuna
che ho, a comprendere il mistero montano
sapendo che altri mille me
ti guardano da lontano.

E quindi? Cosa rimane infondo?
Rimane che
Tante cose fanno paura
l’ignoto e far finire il giorno
andando a dormire
sapendo che sono tutto
il passante urbano
ancora bambino, un vecchio
l’iraniano.
E non ci penso a sto giro
non posso mentire
siamo abbracciati
profumi
stiamo andando a dormire.

Acqua Ri Puzzo

Ho sempre saputo sfuggire a certi tipi d’inganni
a quelli più ammalianti
alle promesse d’infinito
basate su finte cosmogonie
e vuoti teoremi
che mi hanno sempre lasciato un sapore insipido

Son scappato spesso
anche da quelle innocenti
montate a regola d’arte
e recitate impeccabilmente
da me

Pensavo di riuscire a dileguarmi
anche dal noi
quello che mi ero immaginato sugli scogli
o in macchina quando piangevo
o più debolmente al parco
Ducale Estense
Più di tutto mi è rimasta via Maqueda
e la polvere che mi accoglieva
ad ogni ritorno

le arancine, il sole e l’acqua amara
da cui bevevo brevi sorsi
tra una pedalata e l’altra
a Favignana, correndo a ridare le bici
prima del traghetto

Nella zona protetta
ho lasciato tutto il contenibile,
ma ora è notte
e sono a Milano
così spazialmente lontano
da quella traccia cosmica
in cui la terra è per un attimo passata
eppure qualcosa mi ha inseguito
dal vialone li sento
i singhiozzi del gufo
e mi commuovo anche io
della nostra, passata dolcezza

Passeggiata

Che freddo che fa stasera
calma il calore corporeo
creando un bisogno di vicinanza
colmato dall’avvicinarsi della condensa
dei nostri respiri

Ci guarda la Luna stasera
e scruta, duna per duna
i nostri deserti
oltre il vitreo dei nostri occhi
mai così aperti

Così me l’immagino quella sera
sotto il lume etereo
accorciando ogni nuova distanza
che ad ogni scatto si scopre immensa
nella relativa vicinanza, dei nostri sospiri

E non so se basterà questa sera
per fare in modo che non ci sia distanza alcuna
non ci siano più sirti
solo una libera fresca navigazione, piena di sbocchi
e vento in poppa a unire gli occhi tra i deserti.