Quando si parla di registi capaci di segnare la storia del cinema, la discussione volge rapidamente in direzione di figure apicali della Settima Arte, autori conosciuti e rispettati da tutti coloro che amano questo mondo artistico.

Ogni corrente o periodo ha avuto i propri protagonisti, capaci di interpretare al meglio le caratteristiche di una data era; oppure di stravolgerla, anticipando i tempi e realizzando prodotti che solamente le generazioni a venire avrebbero saputo riconfigurare all’interno di uno schema più ampio, conferendogli così i giusti meriti.

Un caso estremamente interessante è quello di Kevin Smith e del suo Clerks, un’opera prima realizzata con poche migliaia di dollari e che si fa immediatamente apprezzare al Sundance Film Festival, notoriamente molto attento agli artisti indipendenti emergenti. Nel medesimo anno, il 1994, il film approda anche al Festival di Cannes, dal quale torna in qualità di vincitore del “Premio per il miglior film della Settimana della Critica”.

Un successo incredibile viste le premesse, con Smith che per racimolare il denaro necessario aveva attinto ad ogni fonte possibile, come la vendita della propria sconfinata collezione di fumetti e l’apertura di molteplici carte di credito per sfruttarne i massimali, giungendo anche a chiedere un prestito ai propri genitori.

La quasi totalità del girato viene ottenuta all’interno di un piccolo negozio di città, che vede come impiegato Dante Hicks (Brian O’Halloran); nella storia è presente anche Randal Graves (Jeff Anderson), miglior amico di Dante e commesso del videonoleggio adiacente. Due clerks, per l’appunto.

La regia di Smith cerca di sfruttare al massimo la semplicità per generare delle sequenze quasi estemporanee e facilmente riconducibili a dei costrutti culturali universali, che in virtù di una certa staticità delle riprese strizzano quasi l’occhio al mondo delle sitcom. Il lungometraggio è stato, inoltre, ripartito in 18 capitoli, ben distinguibili grazie alle didascalie su sfondo nero con cui vengono introdotti.

Turni di lavoro imprevisti, un rappresentante di gomme da masticare che semina il panico tra i fumatori, discussioni di coppia a sfondo sessuale ed interazioni con clienti stravaganti sono soltanto alcuni dei pilastri su cui si sorregge questa brillante commedia.

Basti pensare alle figure di Jay (Jason Mewes) e Silent Bob (Kevin Smith stesso), modesti spacciatori che passano le proprie giornate davanti ai due piccoli esercizi. Personaggi divenuti talmente iconici nel corso del tempo da meritarsi due spinoff all’interno del “View Askewniverse”, l’universo cinematografico ideato dal regista.

Un universo che viene creato contestualmente a Clerks e che giunge fino ai giorni nostri, con Kevin Smith che ha saputo trarre il massimo da quella prima enorme scommessa del 1994. Basti pensare che nel frattempo, con possibilità economiche ben diverse, sono stati realizzati anche altri due capitoli di quel primo fortunato esordio: Clerks II (2006) e Clerks III (2022).

Il primo e il terzo lungometraggio della serie, in particolare, sono stati ottenuti sfruttando un piccolo negozio statunitense nel quale il regista lavorava ai tempi dell’esordio filmico: il “Quick Stop”, tutt’oggi esistente e situato al 58 di Leonard Avenue, Leonardo, New Jersey. Al tempo, il lavoro di commesso era la principale fonte di sostentamento di Smith, che durante i venti giorni circa di riprese divise la propria vita fra tale impiego diurno e quello notturno di cineasta.

Un tour de force assolutamente estenuante, con le riprese in negozio che vennero girate in bianco e nero ed esclusivamente di notte, al fine di poter usufruire di una totale libertà. La celebre serranda dell’esercizio, perennemente chiusa, deve tale condizione proprio all’orario di chiusura del negozio durante le riprese, fattore che Smith seppe magistralmente girare a proprio favore ideando la trovata delle chewing gum conficcate nella serratura da ignoti.

Parliamo, in definitiva, di un film simbolo degli anni ’90 e della Generazione X. Non è quindi un caso che i distributori italiani del tempo, colta la centralità di tale aspetto, presero la decisione di immettere nelle sale il secondo lungometraggio del regista, Mallrats (1995), proprio con il titolo di Generazione X. Una pellicola che, stando alle parole pronunciate pochi mesi fa proprio da Kevin Smith, potrebbe finalmente conoscere un sequel, a distanza di quasi 30 anni.