Vigevano, fra le più suggestive città d’arte minori dell’Italia settentrionale, è conosciuta per la scenografica Piazza ducale. A volerla, come singolare atrio d’accesso al suo palazzo nobiliare, fu il Duca di Milano Ludovico Sforza. Gli costò una somma esorbitante di ducati, pagati al geniale Bramante, perché la disegnasse come architettura unitaria. A realizzarla in soli due anni, dal 1492 al 1494, ci vollero schiere di tecnici e operai specializzati, probabilmente sottopagati.

Pochi, una volta ammaliati dalla stupenda piazza, si fermano a contemplare la maestosità del limitrofo castello. Il castello di Vigevano, con una superficie di 70 mila metri quadri, di cui 25 mila di coperture e 36 mila di cortile, è considerato una delle fortificazioni più estese d’Europa. Il primo nucleo dell’edificio, innalzato su di una modesta altura, venne eretto tra il VII e il X secolo a protezione del guado sulla riva destra del Ticino.

Nel ‘300 Luchino Visconti, fiutate le peculiarità della posizione geografica di Vigevano, epicentro della zona d’interesse pavese, milanese e monferrina, conquistò la località e la inglobò nel Ducato di Milano. Più volte eletto podestà della cittadina, nel 1341 Luchino avviò una imponente trasformazione dell’abitato, ordinando a est delle mura la costruzione di un’opera difensiva, dapprima denominata Belreguardo, poi Rocca Vecchia. Per ampliarla pianificò la demolizione di alcuni caseggiati all’interno del recinto murato e l’erezione di un’altra fortezza, destinata a divenire la parte centrale del castello visconteo-sforzesco e ora indicata con il termine di Maschio.

Unito alla rocca tramite una strada sopraelevata coperta, lunga 163 metri e larga 7 metri, esso aveva funzioni militari e residenziali, e raggruppava quattro corpi di fabbrica, sormontati da quattro torri angolari. Nel 1360 su volere di Bianca di Savoia, moglie di Galeazzo II, all’architettura fu aggiunta un’altra costruzione che, collegata al maschio da un ponte ingentilito in epoca sforzesca da una loggetta a undici arcate attribuita al Bramante, ebbe il nome di falconeria, poiché destinata ad alloggiare i falchi da caccia.

Ben presto il maniero vigevanese divenne una delle dimore preferite dagli Sforza e fu di nuovo ingrandito da Galeazzo Maria con l’aggiunta di una seconda scuderia e la creazione, nel 1472, di un amplissimo cortile, ricavato demolendo le ultime abitazioni rimaste in piedi nell’area del vecchio borgo fortificato. I maggiori mutamenti architettonici si devono però a Ludovico Sforza, detto il Moro che, sul finire del XV secolo, cambiò radicalmente il tessuto urbano di Vigevano, affidandosi all’esperienza di Donato Bramante e Leonardo da Vinci, e trasfigurò la massiccia rocca in sontuoso palazzo.

Il lato meridionale del mastio fu prolungato nell’angolo a sud-est con un’ala che, adibita ad abitazione privata della sua consorte, la duchessa Beatrice d’Este, fu ornata da un loggiato. Denominato la loggia delle dame, il porticato fu progettato da Bramante e dotato di un cortile, il giardino della duchessa. Inoltre Ludovico volle aggiungere una terza scuderia, molto probabilmente disegnata da Leonardo e tramutare la torre del rivellino in cella campanaria. Ultimata alla fine del ‘400 da Bramante questa bellissima torre, illeggiadrita da una longilinea sagoma filaretiana a corpi scalari, si erge nell’entrata monumentale della residenza e regala un panorama mozzafiato sulla città e sull’aperta campagna.

Agli appassionati di moda, i saloni del castello visconteo riservano una gradita sorpresa: il Museo della calzatura Pietro Bertolini. L’esposizione, nata nel 1958 grazie all’ingente donazione dell’industriale vigevanese Pietro Bertolini, collezionista di modelli rari, rappresenta una delle poche istituzioni pubbliche italiane dedicate alla scarpa. I pezzi di designer, in mostra a rotazione, si suddividono in sette sezioni:

storica, personaggi illustri, militare, etnologica (Europa), etnologica (America), etnologica (Africa), etnologica (Asia) e, con excursus cronologici, introducono i visitatori in un insolito viaggio virtuale nell’evoluzione del costume e della moda calzaturiera.

Simbolo della raccolta civica, composta da più di cinquecento esemplari confezionati fra il XV e il XX secolo, è una pianella femminile che datata tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500, con molta probabilità appartenne a Beatrice d’Este.