Crescere è spesso un percorso non lineare, ma tutta una serie di svolte che portano a risultati non sempre sperati o aspettati. Il primo passo, credo, per poter effettivamente affrontare un percorso di crescita sia quello di capire che dentro di sé non c’è altro che quello che siamo. A parole è effettivamente semplice, però realizzare questo senza formare aspettative su ciò che si vuole trovare non lo è altrettanto. Io ammetto di essere ancora lungo il percorso.

Prendersi sul serio e capire quali meccanismi ridondanti e nocivi avvengono all’interno di noi può aiutare. Però alla fine penso che il fattore determinante, il vero salto di qualità, sia quello di esprimersi liberamente una volta che ci si è conosciuti, senza domandarsi altro. Lasciando così finalmente anche un po’ di spazio per gli altri.

Vorrei essere un gatto

Vorrei essere un gatto
e venirti a trovare
di notte quando tremi nel letto

Vorrei essere selvatico
e non capire il male
di notte
camminare, senza timore

Accarezzarti con la coda
ed infilarmi
tra il piumone ed il lenzuolo
avvicinarmi al tuo respiro
lasciando solo un velo.

Correre fra i tetti
silenziosamente ramingo
e tornare
solo per toccarti con il naso
quando piangi e non sai cosa fare

Vorrei essere un gatto
che saprebbe cosa fare
come scacciare
tutto il male, senza capirlo
ignorantemente amandolo
e fare le fusa
e giocare, ma anche i gatti
a volte muoiono
e quindi neanche da felino
potrei nascondermi
nella luca intensa
nella notte densa
e sparire.

Allora,
non voglio essere un gatto
e non voglio accarezzarti
con la coda, ma usare le mani
e stare sotto le coperte
senza veli che separano i respiri.

Non voglio essere un gatto,
ma voglio poggiarti il cuore,
sulla schiena e capire
aprirmi e sentire
cosa ci fa soffrire.

Dottoressa

Oggi in corso Magenta
al cinquantasei
mi hanno dato del nevrotico
non vi preoccupate, era l’Alessandra
lei mi vuole bene.
Mi ha detto che bevo troppo.
che per questo non piango
non ho impulsi,
ma leggeri disturbi bilanciati
da corretti desideri
può succedere di fraintendere
persone e pensieri.

“Ecco non è colpa tua” mi sussurra materna
allora perché quando viene sera
e la luce del faro s’allunga
tagliando di sbieco la stanza
vedo mani tra le ombre?

Ho sempre creduto che fosse una schizofrenia
dell’anima, cosa rara certo,
ma non per questo meno urgente
un’acuta distonia emotiva
che non infetta però la mente.

“Che sciocco” mi direbbe
eppure vedo dita puntate
volti di gente
e sguardi che passano i lenzuoli.
Sarà solo pesantezza.
Vado a letto brillo
è sabato da Matteo abbiamo fatto festa
mi lancio nel letto
come un marinaio col mal di mare
quel mare che mi sciacqua l’umore
e pizzica i timpani
e sento tutte le voci
delle nostre confuse discussioni
vi sento tutti, vi ho sempre sentiti
che leggevate con me da piccolo
ad ogni sguardo di mio padre
in ogni assenza di mia madre.

Vi sento dal marmo,
tra i banchi di scuola
al lavoro ad ogni cambio d’ora
e se non ho una malattia
e c’è questa bufera
come può non essere colpa mia?

Avrei voluto che mi scagionassi
Con lo sguardo, quella volta alle terme.
Forse l’hai fatto, ma come avrei potuto notarlo?
C’è da dire che guardiamo solo quello che ci spetta
o crediamo tale
e io da vent’anni ho gli occhi chiusi
vi vedo ogni notte
vi sogno affollanti
e vi parlo, mentre scrivo poesie.
Miei interni, crudeli, omonimi, cauti giurati
che mi fate tremare
abusare, ma mai piangere.
Finalmente, da poche notti, sono solo
mancate solo voi
come vi mando dove non è colpa mia?

Quando vedo un analcolico piango

Quando vedo un analcolico piango
refuso da stupido ubriacone
infondo, sentire è cosa da signore
l’uomo pianifica, decide
la sbronza del martedì
quella del mercoledì
l’incidente del sabato.

“Tutto parte del piano tranquilla!”

Che la bocca non la sento più
quasi non avesse senso aprirla
manco per baciare

tu ti ricordi le cascate del Chengen?
E tu ti ricordi in Salento il mare?
E tu al Monginevro… che stellata
E tu ancora in Toscana l’abbiamo scampata
chissà se erano due che scopavano o un cinghiale,

io? Cosa mi ricordo io?
Un Sacco di cose tranquilla
ho l’identità inquinata
da seconde persone
che mi causano seconde opinioni
pianificare una vita sulle altrui ossessioni
pianificare le sbronze
intervallando le passioni
vivendo ogni primo piano come un’accusa
cinematica forzatura
consapevole che prendersi sul serio fa paura.

Mi sei apparsa in sogno
deridendomi

Ho chiuso la bottiglia allora
ho bruciato il nitrato
spezzato la pellicola.
Adesso non pianifico più nulla
non metto canzoni in coda
quando vado in motorino
non mi chiedo e non dipingo
possibili tu vicino
brucia ancora tutto
posso sentirne i fumi
che salgono dandomi il capogiro
chissà se a sto giro
basterà non pensare il prossimo respiro.