Nel 1971, in Artista e Designer, Bruno Munari definiva il designer come un progettista dotato di senso estetico, che lavorava per la comunità. Anche l’artista Ettore Sottsass maturerà una visione del design come strumento di critica sociale, affermando che “il design è un modo di discutere la vita. E’ un modo di discutere la società, la politica, l’erotismo, il cibo e persino il design. Un modo quindi di costruire una possibile utopia figurativa o di costruire una metafora della vita, per cui se si deve insegnare qualcosa sul design, si deve insegnare prima di tutto qualcosa sulla vita, insistendo spiegando anche che la tecnologia è una delle metafore della vita”.

Oggi, a distanza di anni, sono molti gli artisti, i designer e i fotografi che si continuano a interrogare sulla funzione del design e dell’arte in generale, all’interno della nostra società.

Un interessante percorso di auto-consapevolezza, che riflette sull’importanza del tempo e dello spazio nel design, si può percorrere insieme ai professionisti della mostra-evoluzione di design: “In Search of Lost Time” ideata da Domingo Ground, open innovation di Domingo communication, hub strategico Omni Channel in grado di diffondere cultura in un modo non convenzionale, Artefatto Design Studio e Movimento, collettivo e galleria nomade-digitale di designer emergenti.

Una mostra ispirata ai 9.609.000 caratteri e alle 3724 pagine del romanzo di Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, considerato una pietra miliare nella storia della letteratura francese per la sua riflessione sul tempo, sulla memoria e sulla grandezza dell’arte vera.

Una selezione di progetti e opere di ventisette designer contemporanei provenienti da tutto il mondo e di cinquantacinque brand italiani ed internazionali, in una connessione autentica tra spazio, opera, abiti e pubblico, capaci di trascendere il luogo fisico e il tempo attuale. Molti lavori che hanno riscontrato poco successo al momento del lancio sono poi diventati oggetti iconici negli anni successivi, quai fossero stati progettati nel periodo sbagliato o forse non essendo stati pensati per nessun periodo.

“L’intero allestimento è prodotto in chiave interamente modulare e scalabile, utilizzando i principi più innovativi del design contemporaneo che da anni studiamo e ricerchiamo con la mission di ridurre sprechi ed accessi attraverso riuso e ottimizzazione intelligente, costante intercettazione delle innovazioni tra design, arti visive, moda, cultura e progresso” afferma Salvatore Morales, Head of Design e Co-founder, insieme a Lorenzo Sciasciani di Artefatto Design Studio, studio interdisciplinare basato a Milano e Londra e Futuresigns, pratica di architettura e design concepita per la Moda, che lavora attraverso sperimentazione, ricerca e praticità, con influenze trasversali tra arte, cultura e sostenibilità.

Fino al 23 aprile 2023, termine della Design Week, sarà possibile visitare la mostra, allestita nei quattro piani del “Domingo Building” in via Sartori a Milano, riflettendo anche sulle relazioni sociali nell’epoca digitale che connettono la moda a tecniche espressive trasversali quali la fotografia, l’arte contemporanea, la grafica, il design e l’illustrazione, come ha dichiarato Carlo Domingo, Managing partner di Domingo Communication: “Il progetto collettivo ha l’obiettivo di adottare nel segmento fashion e lifestyle un approccio nella comunicazione e nel design responsabile, etico, sostenibile e al tempo stesso caratterizzato dalla ricerca, dall’innovazione, dalla sperimentazione, senza rinunciare alla visione future-proof che la moda continua a richiedere, valori ed elementi complementari tra loro, che possono incontrarsi concretamente in armonia, senza sovrastrutture”.