Una cosa è certa. Dopo la pandemia sono aumentate le violenze. Violenze domestiche, violenze sui mezzi di trasporto, violenze verso i compagni, i passanti, gli estranei.

Scrivo questo breve articolo nella speranza che le mie parole, di professionista della salute mentale, non passino inosservate e servano a tenere in considerazione, per il futuro, anche gli effetti psicologici delle azioni e delle decisioni che di volta in volta verranno prese.

Durante il drammatico periodo del lockdown, che abbiamo cercato di superare facendo leva su quegli aspetti – ben pochi peraltro – positivi, nella speranza che passasse in fretta, si sentiva spesso dire la frase “ne usciremo migliori”.

Personalmente vivevo con una certa perplessità questo atteggiamento, lo consideravo alla stregua di un tentativo di accettare la situazione, come si dice di “farsene una ragione”.

Ma come, pensavo, per quale strano gioco del destino l’umanità dovrebbe uscire migliore da una situazione del genere?

Sì, certamente ora siamo in grado di apprezzare di più la natura (forse l’unico vero vantaggio del lockdown è stato infatti il “trionfo” della natura, che si è ripresa i suoi spazi), oppure la vicinanza ai propri cari, l’amicizia, il contatto. Forse questo si può affermare.

Ma di qui ad arrivare a sostenere che ora siamo persone migliori ne passa di strada. Violenze, guerre, nervosismo, aggressioni verbali e fisiche: tutti questi comportamenti sono sotto gli occhi di tutti. E ben più di prima.

Quindi no, non è andata come sosteneva questa previsione, o forse semplicemente questo desiderio, o speranza. No, non è assolutamente andata così.

Vorrei che fosse evidente a tutti, ma soprattutto a chi deve prendere decisioni in futuro, che l’essere umano non è fatto per stare chiuso in casa, distanziato, bloccato e controllato. L’uomo è veramente, a tutti gli effetti, un animale sociale, nel senso letterale del termine: l’uomo deve poter uscire, deve muoversi, deve correre, camminare, incontrare i suoi simili, deve potersi associare come meglio crede, senza che il suo comportamento venga tracciato, controllato, monitorato da altri.

L’uomo è un essere nato libero. E tale dovrebbe restare, pur nei limiti della civile convivenza. Altrimenti che cosa succede? Che cosa succede se l’essere umano viene bloccato, chiuso in casa, con poco spazio a disposizione, magari in solitudine? Aumenta o insorge la Patologia mentale. Non soltanto la chiusura in se stessi, la patologia depressiva in tutte le sue forme. Si innesca anche la violenza perché, per la dinamica degli opposti, alla costrizione corrisponde un movimento espansivo, di nervosismo, di rabbia.

E la videochiamata equivale all’incontro fisico? No. E la didattica online equivale alla scuola, quella vera? No. E la razionalità, cioè il comprendere le ragioni, il decidere che una cosa è giusta, corretta, va fatta, tutte queste considerazioni sono sufficienti ad accettare una situazione prolungata di costrizione? No. Ecco, come psicologa vorrei che queste cose fossero chiare, vorrei che si capisse che, se vediamo oggi questi problemi, che sono sotto gli occhi di tutti, è perché non ne siamo usciti migliori. Ne siamo usciti più violenti, più aggressivi, più arrabbiati.

Diffondi questo articolo perché in futuro vengano presi in considerazione anche i rischi psicologici e non soltanto quelli fisici.