Come si spiega la diffusione del cognome “Lombardo” in Sicilia? Perché nell’onomastica, nei dialetti, nella topografia e perfino nell’allevamento delle viti sull’isola si possono individuare sopravvivenze comuni all’area padana?

È noto che, come sosteneva Croce, si fa sempre storia del presente. In questo caso sono le ricerche storiche a smentire il pregiudizio, tanto ripetuto quanto ingiustificato, che le migrazioni dal Sud al Nord d’Italia siano a senso unico, intendendo il Sud (dell’Italia e anche del Mediterraneo) come un luogo assolato e immobile e il Nord come un’area ricca di opportunità oltre che di risorse naturali e civiltà.

Le pergamene e le carte conservate negli archivi ci informano di uomini, donne e bambini che, originari della Pianura Padana, a partire dall’età normanna sino al Settecento s’imbarcarono su galere nei porti del Nord dell’Italia diretti al Sud, in particolare in Sicilia.

Questi migranti abbandonavano un mondo caratterizzato da un’economia agricola depressa e povera per raggiungere una civiltà commerciale vivace, cosmopolita e culturalmente molto attiva.

Tuttora monete di area padana, di scarso valore e di limitata circolazione, coniate nel Duecento in argento misto a piombo, contrastano con quelle d’oro arabe, normanne, federiciane e angioine, correnti a quell’epoca nel Mediterraneo.

La prima cessione di terre in Meridione a un gruppo di lombardi risale al 1237.

Fu allora che l’imperatore Federico II, alla ricerca di un valido alleato nella lotta contro i Saraceni e nel ripopolamento su base latina degli spazi urbani lasciati disabitati dagli Arabi, cacciati dalla Sicilia e deportati in Puglia, decise di concedere la terra di Corleone al miles Oddone de Camerana da Brescia e ad alcuni homines de partibus Lombardiae.

Posta in una fertile conca, Corleone, abitata soprattutto da arabi e, quindi, rimasta spopolata, era uno dei centri rurali più importanti dell’entroterra palermitano. Inoltre la località, trovandosi lungo l’asse commerciale di comunicazione fra Palermo e la sua riserva agricola del retroterra, rappresentava la giusta risposta sia agli scopi dei nuovi venuti, in buona parte mercanti desiderosi di insediarsi in un’area dove i commerci erano più sviluppati e di radicarsi ai vertici economico-politici della società siciliana, sia ai progetti dell’imperatore intenzionato a creare in questa cittadina un presidio cristiano ghibellino.

Gli esiti della concessione di Corleone da parte di Federico II ai lombardi fu gravida di effetti collaterali, ancora sorprendentemente attuali.

Innanzitutto ai musulmani di religione islamica si sostituirono i lombardi, cristiani di religione e di fede ghibellina, con ovvie ripercussioni sulle scelte religiose e sociali.

L’impianto urbanistico dei quartieri cittadini mutò aspetto e il tracciato all’interno della cinta muraria fu ridisegnato.

Inoltre al villanaggio, tipico del regime delle terre dei musulmani (gli arabi erano villani ascrittizi, cioè legati al padrone della terra con un vincolo riduttivo delle libertà personali), si sostituì la concessione ai lombardi di appezzamenti e diritti di erbatico e legnatico nei boschi demaniali. L’economia più libera favorì l’incremento della circolazione dei prodotti, l’aumento degli scambi e la maggiore diversificazione sociale: non soltanto contadini, ma anche commercianti a medio e lungo raggio.

Inoltre l’adesione dei lombardi alla rivolta del Vespro (1282) avviò il sodalizio con Palermo, che portò privilegi economici e la prorompente scalata sociale di alcuni famiglie d’origine lombarda all’interno della classe dirigente palermitana.