Di fronte all'arte contemporanea Concettuale ci poniamo sempre domande la cui risposta apre nuovi interrogativi, che sono anche i miei...

Perciò ho voluto incontrare un giovane, brillante curatore e consulente d'arte, un vero e proprio direttore artistico, produttore di talent scout nell'arte, molto apprezzato nell'ambiente artistico di prestigio.

Ho conosciuto Sabino Maria Frassà alcuni anni fa, all'inaugurazione di una mostra da lui organizzata: mi ha subito colpito la sua giovane età unita ad una classe indiscutibile e rara, una cultura per nulla esibita, ma molto accurata, la bravura nell'organizzazione di eventi di alto livello istituzionale, mista ad una certa riservatezza che metteva in risalto equilibrio e moderazione nei modi.

Ho sempre riserve quando mi imbatto visivamente in opere concettuali, anche se non posso che apprezzarle e ammirarle quando ne approfondisco la conoscenza.

Ma rimane sempre questo nodo insoluto: la difficoltà di fruizione immediata dell'opera e la sua comprensione, riservata agli addetti ai lavori e a pochi colti eletti.

Ma l'arte non è di tutti? Non dovrebbe essere fruibile immediatamente per essere un dono elargito dall'artista che l'ha ideata in un momento di felice creatività?

Ho approfondito la questione con Sabino, che ha molte frecce da scoccare al suo arco per convincermi... perchè lui ne è un profondo conoscitore, partito dall'alto, dalla filosofia e dagli studi più approfonditi per scegliere l'arte contemporanea come mezzo per far sciogliere alla massa, incerta e bisognosa di guida, la nebbia dell'incertezza che la contraddistingue.

Sabino, nei suoi approfonditi studi è approdato alla certezza del dubbio, questo dubbio che ci dà la consapevolezza che noi l'abbiamo cercato attraverso mille domande.

All'inizio i suoi studi si erano indirizzati verso il campo economico, ma uno speculatore dello spirito, amante della filosofia e dei sillogismi come lui non poteva trovare soddisfazione ai tanti perchè che si poneva rispetto alla nostra realtà.

Aver trovato l'arte come risposta e aver capito che era la sua strada è stato un colpo di fulmine che gli ha illuminato il cammino successivo, non facendogli sentire la stanchezza per il tempo dedicatole, per le incertezze, le disillusioni, le difficoltà che ha superato inventandosi, con la sua creatività sempre desta, nuovi modi di fare arte, nuovi target, innovazioni, svecchiamenti e modernizzazioni.

Ma per fare tutto ciò, oltre che approfondire il campo dell'arte, ha dovuto arrovellarsi e industriarsi nel trovare artisti di valore, cercando di scovarli in mezzo al bailamme di artisti più o meno qualificati, in questo ambiente che oggi ci propina di tutto, più attento all'avere che all'essere, secondo quello che giustamente ha osservato alcuni anni fa Eric Fromm, di quest'arte oggi più decorativa che riflessiva, più vicina al marketing ed al design che alla vibrazione dell'opera pura e insostituibile.

A lungo, Sabino ha continuato instancabile nella sua opera di far acquisire conoscenza a chi ne è carente, nell'intento di seminare almeno il dubbio che spinga alla ricerca e all'impegno.

Nel suo amore per l'arte vorrebbe poter lasciare ai posteri opere significative, vorrebbe che gli artisti si industriassero di più nel non pensare all'oggi, ai facili consensi e al facile successo, anche attraverso forme che stupiscono e fanno parlare di sé. A torto o ragione, ma che fossero interessati a lasciare “orme nel futuro”, (citando le sue parole).

Mi ha convinta? Certo ha seminato il dubbio dentro di me e continuerò a cercare... A questo punto sentiamo cosa ha da raccontarci lui.

Come ti sei avvicinato all'arte?

Ho approcciato l'arte come bisogno filosofico, come strumento per riflettere sull'esistenza... Il mio è un pensiero in evoluzione che parte dalla consapevolezza della nostra finitezza, dall'interrogarsi su chi siamo e dove andiamo. Non puoi capire l'arte di ogni tempo se non capisci la filosofia del tempo.

Gli artisti, quelli veri, hanno un qualcosa di inconsapevolmente messianico, vedono con la loro sensibilità lo spirito del tempo, sono filosofi nella misura in cui sono portatori di una visione complessa della realtà, ma sono “filosofi” che hanno anche la grande capacità, che è la magia dell'arte, di dare forma, materia e sostanza al pensiero umano.

Dall'incontro del mondo degli artisti con quello della critica, di chi racconta il loro pensiero, nasce lo spettacolo che è l'arte contemporanea e che non smette di stupirmi dopo dieci anni di “pratica”, è un racconto in divenire alla ricerca di anticipare e capire il tempo al di là delle apparenze.

Cos'è l'arte allora? È una forma non tanto di linguaggio o comunicazione, bensì una forma di pensiero e una filosofia “brut”. L'aspetto che mi affascina dell'arte - non solo contemporanea - è che restituisce un pensiero complesso e articolato in un'immagine, un manufatto, dalla fruizione visiva immediata. Sono convinto che, da sempre, la fascinazione per l'arte derivi proprio dalla pluri-lettura che induce.

L'essere umano è sempre stato - e oggi ancora di più lo è - un animale visivo, anche per le sovrastrutture di apparire e relazioni con gli altri che ha costruito nei secoli/millenni, dall'abito, alle piramidi, ai palazzi, tutto è fatto per far vedere ed essere visti. Questo vedere ci porta a rinunciare ad alcuni sensi più animaleschi come l'olfatto e l'udito ed a privilegiare la vista (purtroppo anche nella musica si notano i sempre più cantanti personaggi visivi, al di là di dubbie capacità canore...).

Ciò premesso, dietro l'immagine di un'opera d'arte contemporanea ci sono infiniti pensieri e riflessioni che l'hanno generata e che vanno anche al di là spesso della reale volontà dell'artista. Per questo dico che i veri artisti sono portatori universali di realtà, colgono lo spirito del tempo al di là del presente che viviamo: continuo a dire che un Penone e un Caravaggio sono contemporanei allo stesso modo.

L'opera d'arte nel suo essere sintesi è anche la sintesi del contesto sociale da cui proviene e in cui è immerso l'artista... pensiamo a una Frida Kalho, a Kandinsky o a Malevic.

Spesso mi interrogo su cosa sia veramente contemporaneo oggi... lo faccio nell'attività di scouting per CRAMUM, l'ente non profit per l'arte in Italia fondato nel 2012 e che dirigo da 7 anni. Oltre alle collaborazioni con le imprese, ho voluto approcciare i giovani parlando anche attraverso i social: siamo molto presenti (31.000 follower su Instagram) mi rendo conto che siamo bombardati veramente dalle immagini e da fotografie pseudo-artistiche: che da un lato è bellissimo perchè tutti esprimono la propria creatività, ma creatività non è per me sinonimo di arte. Mi domando veramente chi sia l'artista oggi e quale sia il confine tra l'arte e non arte.

Forse perchè pongo l'asticella di cosa sia in arte molto in alto, ma se tolgo la tecnica e il saper fare, ho un'arte che è una copia sbiadita del design. Non solo il culto dell'immagine è diventato un limite all'artista, che agisce molto spesso anche per gli artisti noti, mosso dalla volontà di stupire e sempre più spesso dall'ammiccare anche nel criticare al mercato dell'arte: emblematiche le opere di Hirst e Cattelan. L'artista come professionista, sempre più famoso e star, è specchio del nostro tempo, ma mi chiedo i posteri cosa diranno di tutta questa decorazione autoreferenziale e spesso molto pretenziosa, che non ammette nemmeno di essere “bieca decorazione”, citando il vero grande maestro italiano Franco Mazzucchelli. Non tiene il paragone con i maestri amati e contesi del passato: l'artista influencer di oggi non ha il mecenate illuminato che lo compra, ha fondi e case di moda, che spesso interpretano la CSR come azione di marketing (non a caso a livello manageriale la CSR è nelle mani del marketing o delle relazioni esterne). Sintetizzando il nostro problema è l'ansia di presente e l'incapacità di vivere per il futuro.

Bisognerebbe soprattutto interrogarsi quanti artisti - oggi grandissimi a livello economico - passeranno al vaglio del giudizio del tempo, temo che tanti di noi verranno massacrati... Perciò spesso mi interrogo e mi muovo per trovare artisti genuini, i nuovi Brancusi e Bourgeois, che non solo rappresentino il nostro tempo, ma lo portino avanti. Per fortuna sono tantissimi, ma faticano ad essere noti al grande pubblico e qui interviene il mio lavoro, rendere mainstream e accessibile anche un pensiero artistico complesso, che ci faccia riflettere per essere migliori.

Qualche nome? Restando in Italia, senza citare i già famosissimi, senz'altro Francesca Piovesan, Giulia Manfredi, Fulvio Morella, Alberto di Fabio, Lorenzo Marini e la compianta Laura de Santillana.

Ma l'elenco sarebbe infinito e non vorrei commettere ingiustizie. L'Italia ha un grande potenziale, speriamo sappia coglierlo e donarlo al futuro.

Per quale motivo hai scelto di difendere l'Arte Concettuale, che è così distante dalle masse e che solo pochi colti possono capire? L'arte non è un bene, un dono che tutti dovrebbero poter apprezzare e godere?

L'Arte Concettuale per diverse ragioni: in primo luogo è un'arte che meglio si adatta ai dubbi e alla precarietà del nostro vivere, che ha proprio bisogno di rappresentare in modo visivo un concetto non assoluto, ma che necessita di una interpretazione come necessita di un'interpretazione continua e meditata una realtà complessa come quella che viviamo. Proprio perchè è portatrice di un concetto e di un'arte che trovo adatta al tempo in cui viviamo inoltre e per fortuna, arriviamo da secoli di figurativismo spinto dopo il Medioevo e quindi l'arte figurativa spesso ha a che fare con troppi paragoni col passato ed è scarsamente innovativa. Dobbiamo poi anche capire cosa intendiamo per arte figurativa, perchè un pittore come Freud o Bacon, che per me sono figurativi, sono geni assoluti... semplicemente essere oggi dei geni assoluti nelle arti figurative è più complesso e credo che anche l'arte figurativa oggi sia e finisca con l'essere concettuale, come forse in passato è valsa per pochissimi Grandi Maestri come Leonardo...

L'assicurazione oggi diventa un pretesto per riflettere su di un concetto non per rappresentare uno status o parlare di un'ideologia religiosa. L'arte figurativa oggi è, secondo me, non di propaganda, ma concettuale. La sfida, perciò, è proprio avvicinare questo concetto a una massa.

È la stessa difficoltà che si prova, in generale, nell'avvicinare la cultura alla massa. Penso di essere molto fortunato perchè per campare insegno: ho incominciato ad insegnare sette anni fa nelle scuole di periferia, negli istituti professionali di Quarto Oggiaro a dei ragazzi che non sono interessati allo studio, che non hanno padronanza della lingua, né quella della logica: è una sfida continua... come anche mi è capitato spesso di spiegare delle opere d'arte contemporanea ai bambini, anche se paradossalmente sono molto meglio, più curiosi, degli adolescenti.

A questo punto mi sorge spontaneo il desiderio di capire meglio qual è il tuo profilo professionale.

Sono nato a Torino nel 1985, ho vissuto ad Ivrea e ora abito a Milano. I punti forti del mio profilo professionale sono CSR (Corporate Social Responsability), arte, cultura e managerialità fin dal 2005. Sono un comunicatore e divulgatore, capace di essere efficace con svariati target, ho ricoperto ruoli gestionali di crescente responsabilità, nel settore profit e non-profit, fino ad essere nominato segretario generale della Fondazione Cure Onlus dal 2017 al 2020.

Per le competenze acquisite sono stato selezionato e nominato da soggetti pubblici come membro della Fondazione La Versiera 1718, incarico svolto nel 2020 e del Consiglio di Amministrazione del Museo della Fotografia Contemporanea Mu.Fo.Co., incarico che ricopro ininterrottamente dal 2016.

Dopo aver studiato a Milano e Londra Arte Contemporanea, sono stato nominato direttore artistico di CRAMUM e del Premio CRAMUM per l'Arte Contemporanea nel 2014, progetto a cui viene conferita la Medaglia del Presidente della Repubblica Italiana nel 2015.

Come curatore ho organizzato oltre quaranta mostre in Italia e all'estero in istituzioni pubbliche e private, tra cui il Museo del Novecento, l’Istituto di Cultura Italiano a Budapest, la Fondazione Bevilacqua la Masa, il Museo Garda e il Museo Francesco Messina.

Dal 2018 sono ideatore e direttore artistico del programma espositivo promosso dal brand del design Gaggenau a Roma e Milano. Tali esperienze mi hanno permesso di costruire una solida rete di rapporti con la stampa, che ha seguito con crescente interesse i progetti da me diretti.

Sono autore di diverse pubblicazioni e volumi in campo artistico, tra cui il catalogo ragionato edito Silvana, sulle opere realizzate da Franco Mazzucchelli tra il 1964 e il 1979 insieme a Iolanda Ratti. Sono inoltre stato invitato a scrivere per diversi periodici culturali e artistici tra cui The Good Life, Il Fotografo, VilleGiardini e SmallZine. Miei testi sono stati tradotti in cinese, sloveno, tedesco e ungherese.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Continuare a portare l'arte, anche più concettuale, alle persone perchè portare l'arte alle persone e portare cultura uno spiraglio di luce e di dubbio in una società che cerca delle certezze, perchè l'Arte Contemporanea è portatrice di dubbi di interpretazione, come giusto che sia una realtà complessa come la nostra. Amo il connubio arte e design, perchè dopo Argan, anche a livello concettuale, il confine è più fluido ed è una riflessione continua su cos'è arte e su cos'è contemporaneo, faccio una grande distinzione tra arte coeva e contemporanea. Con Gaggenau, azienda del lusso e del design, sono riuscito a dare forma a questa visione con opere che sintetizzano il bello dell'arte e del design.

Come vedi il futuro tuo e dell'arte?

“Non ragioniam di loro, ma guarda e passa” (diceva Dante) ... per quanto mi riguarda vado avanti semino sempre nuove idee e progetti, poco tempo libero, io sono il mio lavoro, mi piace, ma non mollo mai... da qualche parte arriverò, il metodo e la costanza mi porteranno, almeno spero.

Come vedi la posizione dell'Italia nel campo artistico internazionale?

L'arte italiana rischia di essere un po' provinciale, e schiacciata da un passato-eredità storica enorme, da un sistema burocratico farraginoso che non investe nell'arte, ma al massimo nell'arte dell'amico... ne sono un po' deluso... credo per questo servano tanto i privati il pubblico non ce la può (più?) fare, ma è necessaria una nuova ottica di CSR vera, l'arte dovrebbe essere meno “status” e più bisogno di raccontarsi. Ma lo è sempre meno in una società dell'apparire. Dovremmo però chiederci cosa rimarrà di questa arte tra cento anni... Pensiamo però positivamente a quei privati, tanti e sempre più numerosi che ci stanno provando. Senz'altro le aziende del design italiano sono un modello... Penso a Gaggenau, Listone Giordano, Bosa Ceramiche, per citarne alcune. Speriamo che altri seguano questi esempi virtuosi.

E con queste parole saluto un curatore esemplare nel suo campo, che sono sicura farà molto parlare di sé e darà un grande contributo allo sviluppo dell'arte più elevata.