È così stringente e impellente discutere, confrontarsi e scambiare idee in tema di coltivazione e conservazione di sementi che prendo al balzo l’occasione di qualche recente iniziativa italiana per farvi partecipi di un grande fenomeno di rinascita culturale e sociale in Italia e in Europa.

Ben quindici anni fa rimasi affascinata dalla lettura di un testo dal titolo *Voglia di campagna1 del sociologo Valerio Merlo che presentò i risultati delle sue ricerche anche all’Accademia dei Georgofili, dove evidenziava quanto già da tempo in Italia fosse in atto il fenomeno del neoruralismo, considerato in senso sociologico come una delle più significative tendenze culturali del nostro tempo. “Il neoruralismo, affermava Merlo nel 2007, rappresenta una reazione alla crisi della città e ha una delle sue manifestazioni più importanti nel movimento a favore della rinaturalizzazione urbana che si è andato sviluppando e consolidando a livello internazionale”. Purtroppo quello a cui invece abbiamo assistito in questi ultimi quindici anni ha messo in luce, a partire dal 2009, considerato l’anno di inizio di una grave e progressiva crisi economica e sociale, lo scollamento sempre più evidente tra un modus vivendi metropolitano e un reattivo e consapevole sforzo di innovazione sociale in ambito rurale. Molte città in quindici anni hanno perduto la maggior parte del loro patrimonio verde, chi vuole approfondire basta guardare i dati ISPRA. Ambiente sul consumo di territorio soprattutto nella pianura padana negli ultimi venti anni.

D’altra parte, l’Italia in ambito agricolo, proprio in questi ultimi tre lustri si è finalmente attrezzata con una realtà vivacissima e attiva in tema di conservazione della biodiversità, conservazione delle tradizioni e soprattutto dei semi. Sono nate le Case delle Sementi. Sul terreno fertile preparato da associazioni locali (Aveprobi in Veneto, Consorzio della Quarantina in Liguria, La biblioteca del grano in Campania, e molte altre2 ) insieme ad iniziative ed eventi per lo scambio di semi (una tra tutte Coltivar condividendo a Seren del Grappa), alla collaborazione di ricercatori e docenti di diverse Università italiane, il nuovo modello di rete colturale e culturale sta finalmente influenzando il mercato agricolo ed i connessi contesti sociali. Dal Piemonte al Friuli, dalla Liguria alla Sicilia, passando per l’Umbria fino alla Sardegna si sta strutturando una realtà basata su reti di agricoltori custodi, giardinieri e “salvatori di semi”, che fungono da riferimento scientifico e sperimentale di un nuovo sistema informale che può ridurre considerevolmente il fenomeno della perdita di biodiversità locale3 . Tutto questo grazie alla crescente diffusione di nuove realtà che già da anni praticano la filosofia del mantenimento di sementi tramandate da contadini e orticoltori, di generazione in generazione. A tal proposito l’esempio della Francia non si può ignorare in quanto già dagli anni Novanta del secolo scorso una rete di agricoltori, che si opponevano all’uso di sementi di provenienza industriale si unirono, e successivamente fondarono la Réseau Semences Paysannes. Quest’ultima “ha formato decine di agricoltori, ha fatto pressione sui decisori politici perché non favorissero di default gli interessi delle grandi aziende, ha interessato rapporti con altre realtà simili in tutto il mondo”. E più recentemente, ed è ciò che sta avvenendo in Italia, ad esempio, con la Rete Semi Rurali, “ha cominciato a partecipare a ricerche scientifiche volte a capire quanto siano efficaci i loro modelli agricoli”4 .

È fondamentale ribadire l’impellente necessità di formalizzare queste realtà anche attraverso progetti strutturati a livello nazionale e internazionale come sta avvenendo con il progetto #dynaversity, il Coordinamento Europeo Liberiamo la Diversità! e Rete Semi Rurali, o localmente, ad esempio, con l’intesa tra Associazione Veneta Produttori Biologici e Biodinamici e la Fondazione Ive Rocher che sostiene la piantumazione di 10.000 alberi e 9.000 arbusti in 17 aziende agricole. Ancora più necessaria l’attesa applicazione del tanto rinviato (non si è capita la reale motivazione) Regolamento Europeo 484 del Parlamento europeo e del consiglio del 30 maggio 2018 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CE) n. 834/2007. Veramente importante soprattutto per delle novità che interesseranno le sementi e gli operatori agricoli biologici che potranno commercializzarle “senza dover rispettare i requisiti di registrazione e le categorie di certificazione dei materiali prebase, di base e certificati, o i requisiti per altre categorie a norma delle direttive”.

A livello divulgativo e di non minor pregnanza segnalo almeno una delle più entusiasmanti e promettenti pubblicazioni sulla biodiversità in tema di semi, per quanto piccola e rivolta proprio alle nuove generazioni, scritta da una valente collega agronoma, con alle spalle innumerevoli pubblicazioni scientifiche, Beti Piotto, illustrata magistralmente da Gioia Marchegiani.

Il titolo In un seme ci porta dentro il cuore del progetto della collana PiNO, ovvero Piccoli Naturalisti Osservatori dedicata all’osservazione di quello che vive intorno a noi, per avvicinare al piacere della scoperta e alla bellezza della natura. Il vivacissimo manuale per piccoli collezionisti di meraviglie in una trentina di pagine svela non solo ai piccoli ma al lettore curioso un mondo straordinario quello del misterioso meccanismo della riproduzione delle piante. Il messaggio del libro è chiaro e diretto a noi donne e uomini che interveniamo pesantemente sulla realtà con la nostra presenza che lascia tracce permanenti e dannose: “la biodiversità, fa sì che in caso di cambiamenti e avversità, come epidemie, trasformazioni climatiche o calamità naturali, ci saranno sempre individui, specie e ambienti in grado di adattarsi alla nuova situazione”. Citando Charles Darwin: “Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti”, l’agronoma Beti Piotto passa in rassegna molti esempi di specie poco conosciute per gli incredibili stratagemmi messi in atto per la sopravvivenza. Qui ritroverete anche con simpatici giochi, delle metaforiche Case dei semi, i viaggi delle piante clandestine attraverso il vento, gli insetti, i topolini e tante soluzioni bizzarre che il mondo verde adotta per colonizzare il pianeta fornendoci gratuitamente e generosamente alimento, ossigeno, materia organica e bellezza.

Sì bellezza, per la vista delle innumerevoli forme, strutture, architetture di semi e frutti: non dimentico l’incontro con Naga Re, il cercatore di sogni e raccoglitore di semi, un francese di nome François Patrice Ramaget che, dopo aver fatto la Scuola di Paesaggio a Versailles, per scelta ha deciso di essere transumante e vivere con la creazione di collane e bracciali fatti di soli vegetali, semi, frutti e cortecce, raccolti nelle foreste nei deserti e nelle savane: frutti di palma, noccioli d’oliva, ghiande e frutti di kapok, cycas, melia. Dal Mali all’India per mettere radici alle pendici dell’Etna ha raccolto la più importante esperienza di vita: il sentimento originario della natura!

Note

1 V. Merlo, Voglia di campagna, Città aperta, Troina-Catania, 2006.
2 Chi desidera approfondire in tal senso, per i riferimenti specifici delle diverse realtà italiane si veda Coltiviamo la diversità, Notiziario di Rete Semi Rurali, in Terra Nuova, n. 371 maggio 2021, pag. 43-57.
3 A tale proposito vi rimando anche alla recente pubblicazione a mia cura Custodi della biodiversità agricola, con un’introduzione di Fritjiof Capra, Ali&no Editrice, Perugia 2021 in cui ho riportato da investigatrice ecologica l’esperienza di dieci piccole realtà agricole italiane, dalla Sicilia alla Lombardia che partono da principi comuni come la visione sistemica della vita e la applicano alle loro tecniche e sperimentazioni di campo.
4 Boscolo M., Tola E., Semi ritrovati. Viaggio alla scoperta della biodiversità agricola, Cadice Edizioni, Torino 2020, pag. 85.