La nostra penisola in tutta la sua estensione, da nord a sud e da est ad ovest è stata da sempre un punto di riferimento, di arrivo e di partenza per centinaia di etnie e di genti provenienti da ogni dove, dalle sabbie del deserto in Africa e nel Medio Oriente, dai bassopiani del’Asia Centrale ed oltre sino ai paesi del Nord Europa. Per millenni il clima gradevole e la ricchezza delle terre giovani hanno fatto dell’Italia un luogo verso il quale migrare e se possibile stabilirsi. Per questo la Storia ed anche la protostoria raccontano come il nostro paese sia sempre stato un crogiuolo di popoli e un luogo di scontro ma anche di incontro e di contaminazione positiva. Quello che siamo come popoloitaliani deriva da centinaia di etnie che nel tempo millenario e secolare hanno lascxiato il propriosegno distintivo forgiando mano a mano un popolo che è erede di genti diverse e di un lungo, accidentato e complesso cammino di sovrapposizione e di integrazione.
Ricostruire chi sono stati i nostri progenitori, da dove provenissero e perché costituisce da sempre un filone importantissimo e determinante per la conoscenza e laricostruzione del nostro passato e in prospettiva del nostro presente e di quel che sarà o potrebbe essere il futuro in un momento storico epocale in cui le migrazioni nel mondo sono riprese con forza incessante, nonostante gli sfrozi dilimitarne il cammino e le destinazioni.
Interessante in questo quadro è uno studio condotto da un team internazionale, coordinato da Sapienza Università di Roma e Cnr-Ibpm che ha focalizzato la propria ricerca, arrivando a svelare molto, sulle origini genetiche dei Piceni descrivendo di conseguenza la struttura genetica di una delle civiltà ritenute più affascinanti dell’Italia pre-romana. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Genome Biology. La ricecerca e l’esame del dna dei reperti disponibili mostrano che esisteva una piccola ma significativa differenziazione tra i popoli Tirrenici e quelli Adriatici, e questo permetterà di aiutare a comprendere meglio le migrazioni, le interazioni e l'evoluzione delle popolazioni nel corso dei millenni. Sono pagine dellanostra storia antica che ritornano alla luce e consentono di ricostruire la mappa di quello che il nostro paese è stato nel corso dei millenni e dei secoli.
“Noi abbiamo un grande fantasma che ci perseguita da molti decenni: sull'Adriatico questo fantasma sono i Piceni”, con questa espressione suggestiva e in certo senso inquietante si esprimeva, cinquant’anni fa (era il 1975) Massimo Pallottino, riconosciuto ormai cone lo studioso che ha contribuito più di ogni altro allo studio dell’Italia preromana. Oggi, con l’apporto di uno studio interdisciplinare che ha visto la collaborazione sinergica di archeologi e genetisti, quel "fantasma" per così dire riiappare dalle brme del passato e torna a vivere. Questo approccio ci permette di esplorare in profondità le origini, i contatti e l'evoluzione dei Piceni, una delle civiltà più affascinanti dell’Italia prima dei Romani.
La ricerca che ha consentito di sollevare questo velo è uno studio condotto dal Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza Università di Roma in collaborazione con l’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Ibpm). Il lavoro dei ricercatori e degli scienziati coinvolti ha condotto ad analizzare il DNA antico di oltre 100 resti scheletrici provenienti da diverse necropoli dell’Italia Centrale, coprendo un arco temporale di più di 1000 anni, dall'età del ferro alla tarda antichità.
Sorprendenti i risultati, pubblicati sulla rivista Genome Biology, che hanno rivelato per la prima volta, permettendo una diversa focalizzazione, una storia genetica sorprendente che differenzia i popoli dell'Adriatico da quelli del Tirreno e che fornisce nuovi spunti di riflessione sull’eredità genetica che lascerà poi l’Impero Romano, e sul suo ruolo - il primo nella storia così complesso ed articolato - di plasmare i cambiamenti genetici e fenotipici in tutta la penisola italiana.
Negli ultimi anni, lo studio del DNA antico sta divenendo uno strumento insostituibile per ricostruire la storia dell'umanità. Attraverso l'analisi del materiale genetico estratto da reperti umani, possiamo comprendere meglio le migrazioni, le interazioni e l'evoluzione delle popolazioni nel corso dei millenni. Questi dati offrono oggi una visione senza precedenti del nostro passato e delle dinamiche che hanno plasmato le società antiche.
Sottolinea Fulvio Cruciani, docente di Genetica delle Popolazioni presso Sapienza e coautore dell’articolo.
L'analisi genomica delle necropoli Picene, di cui la principale è stata quella di Novilara, ha mostrato che, sebbene culturalmente distinto, questo popolo condivideva un patrimonio genetico comune con altre culture coeve ed in continuità con le precedenti culture italiche. Tuttavia, le popolazioni adriatiche presentavano caratteristiche peculiari, legate ai continui scambi commerciali e culturali attraverso l'Adriatico, riflettendo un mosaico complesso di interazioni che hanno plasmato il pool genetico piceno in modo diverso rispetto a quello delle popolazioni tirreniche.
L’analisi di Eugenia D’Atanasio, ricercatrice Cnr-Ibpm e co-coordinatrice dello studio.
Uno degli aspetti più affascinanti emersi dalla ricerca è la diversità fenotipica dei Piceni rispetto ai loro vicini. Lo studio ha evidenziato che mostravano una maggiore prevalenza di tratti fenotipici come occhi azzurri e capelli chiari, caratteristiche molto meno comuni tra le popolazioni coeve come gli Etruschi e i Latini. Questa diversità fisica, unita ai contatti genetici con popolazioni del Nord Europa e del Vicino Oriente, rende i Piceni un caso unico nello studio dell'Italia preromana.
Lo studio multidisciplinare descritto rappresenta un passo cruciale nella comprensione dell’evoluzione del pool genetico dell’Italia preromana, e getta luce ed evidenzia sia la complessità dei movimenti di popolazione nel tempo sia gli scambi culturali che caratterizzavano le società antiche, spesso molto più ricchi e fecondi di quanto sino ad ora fosse conosciuto.
La riflessione di Beniamino Trombetta, Professore di Genetica Umana della Sapienza e responsabile scientifico del progetto:
I risultati aprono nuove prospettive sulla storia demografica dell’intera penisola suggerendo che una società cosmopolita iniziò a emergere e persistette in Italia durante l’età del ferro, raggiungendo il suo apice durante l'epoca imperiale romana.
Le analisi sul DNA antico, questo il valore aggiunto che emerge da questa ricerca secondoTrombetta, e sebbene ancora agli albori, stanno aprendo nuove e affascinanti prospettive, non solo nel campo dell'archeologia e dell'evoluzione umana, ma anche in quello medico, come dimostrato dal Premio Nobel per la Medicina del 2022, conferito a studi di questo tipo. È indubitabile, dunque, che seguendo questa tendenza, la pubblicazione di della ricerca in questione segni una pietra miliare per l’archeogenetica italiana e pone le basi per ulteriori ricerche che potrebbero riscrivere la storia delle nostre origini.
Non è mai tardi, potremmo commentare, per conoscerci e comprenderci meglio, in questo autentico mosaico di culture e di genti che è la nostra Italia, un caso veramente unico nel mondo e che da secoli affascina e arricchisce!