Vi ricordate, ai tempi della scuola, quando l’insegnante scriveva in rosso “fammi vedere i calcoli!” sul vostro compito a casa di matematica? Quanto alla sottoscritta, mostrare i miei calcoli era la parte meno divertente all’epoca in cui studiavo matematica, ma forse la più importante. Illustrare in che modo avevo ricavato le risposte dimostrava che avevo realmente capito che cosa stavo facendo, che avevo afferrato i giusti concetti e ricavato la risposta in base alle ragioni corrette. Mostrare il procedimento seguito aiutava poi il mio insegnante a capire perché avevo commesso certi errori.

(Melanie Mitchell, L’Intelligenza Artificiale)

Conversare con le macchine

Il 30 novembre 2022, OpenAI ha introdotto sul mercato un nuovo prodotto: ChatGPT, un esempio concreto di Intelligenza Artificiale Generativa. È probabile che questo evento rappresenti un tipping point, un punto di svolta il cui impatto potrà essere compreso appieno solo con il tempo, osservandolo a posteriori, quando sarà possibile cogliere la discontinuità profonda prodotta dalla sua diffusione.

Già oggi emergono riflessioni che interpretano questo passaggio come un possibile avvicinamento all’intelligenza artificiale generale, oltre i confini dell’intelligenza ristretta. L’evoluzione da sistemi che si limitano a fare ciò che ci aspettiamo a sistemi progettati per sorprenderci, capaci di generare comportamenti emergenti, costituisce un cambiamento radicale. È, a tutti gli effetti, un passo decisivo verso la complessità che caratterizza questa nuova generazione di sistemi.

Il concetto di “automazione” ha progressivamente ceduto il passo a quello di “generatività”. L’intelligenza artificiale, un tempo circoscritta a sistemi complicati dai risultati prevedibili, ha integrato al suo interno l’apprendimento autonomo, l’auto-organizzazione e la possibilità di seguire traiettorie inattese. Strumenti come ChatGPT e le altre forme di Intelligenza Artificiale Generativa non possono più essere considerati semplici dispositivi complicati: sono sistemi complessi, capaci di generare contenuti in modo autonomo, aprendo lo spazio a un’intelligenza più ampia, creativa e dinamica.

L’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) presenta una caratteristica nuova rispetto ad altre forme di intelligenza artificiale: è un’IA con cui noi possiamo conversare. E lo fa rispettando, in modo sorprendentemente efficace, i principi fondamentali della conversazione. Conversare è un’attività che ci definisce profondamente come esseri umani: siamo capaci di comprenderci, potenzialmente, grazie al dialogo.

Questo è particolarmente rilevante perché, quando conversiamo, ci rapportiamo all’altro attraverso un linguaggio condiviso, tenendo conto di ciò che ci sta chiedendo o affermando. Ma non ci limitiamo ad ascoltare o a rispondere: ciò che l’altro dice modifica, a sua volta, ciò che noi pensiamo, affermiamo, domandiamo. Non restiamo fermi sulle nostre posizioni iniziali, ma le rivediamo e le riformuliamo alla luce dell’interazione in corso: cambiamo le nostre considerazioni, le nostre affermazioni, le nostre domande in funzione di quello che l'altro ci sta domandando, rispondendo o affermando. In ogni conversazione avviene un processo continuo di cambiamento, che si sviluppa parola dopo parola, in un gioco dinamico di riflessi e riformulazioni. È questa dimensione trasformativa a rendere il dialogo così significativo per l’essere umano: è per noi una forma di apprendimento fondamentale.

Sistemi capaci di apprendere

Possiamo definire l’apprendimento come la capacità di confrontare il risultato delle azioni che compiamo — comprese quelle comunicative, come la parola, il dialogo, la conversazione — con ciò che desideriamo ottenere. Ma quando questo confronto tra l’esito effettivo delle nostre azioni e l’obiettivo che ci eravamo posti non si traduce solo nella correzione delle singole decisioni, ma nella revisione delle regole stesse attraverso cui prendiamo decisioni, allora siamo di fronte non solo a un processo di apprendimento, ma a una vera e propria capacità di apprendere. È una forma di meta-apprendimento: la capacità di riflettere sulle strategie adottate e di modificarle per migliorare l’apprendimento stesso.

Ed è proprio qui che si colloca il nodo centrale: la capacità di apprendimento si manifesta pienamente solo quando l’individuo — o il sistema — che sta conversando è in grado non solo di riformulare le proprie scelte, ma anche di trasformare le regole decisionali che orientano quelle scelte. Tutto questo è possibile solo se, all’interno del sistema che apprende e dialoga, esiste un livello ulteriore: un insieme di meta-regole, che governa sia l’apprendimento sia le modalità di decisione.

Nello studio dei sistemi complessi e del loro comportamento, si usa spesso il termine CAS — Complex Adaptive Systems — per indicare la loro natura adattativa. Si tratta infatti di sistemi in grado di modificare il proprio comportamento in risposta a ciò che accade, ma non attraverso semplici reazioni automatiche. Un adattamento passivo, infatti, non basta: in un sistema complesso adattativo, sono le regole interne a trasformarsi. Si tratta di un adattamento generativo: non si modifica soltanto la risposta, ma la regola stessa che orienta la risposta. È questa dinamica a rendere possibili comportamenti originali, imprevedibili, capaci di sorprendere.

Ed è ciò che avviene nei sistemi di Intelligenza Artificiale Generativa. Non si limitano a produrre parole secondo procedimenti statistici: generano contenuti modificando costantemente le proprie regole interne. È questa capacità di ristrutturare autonomamente il proprio funzionamento che li rende, in modo del tutto inaspettato, sistemi complessi.

Realtà artificiale e realtà relazionale

Possiamo dunque affermare che l’Intelligenza Artificiale Generativa è un sistema complesso, proprio perché è in grado di modificare autonomamente le proprie regole decisionali. A differenza dei sistemi eterodiretti — come un impianto di riscaldamento o un’automobile tradizionale — non richiede l’intervento costante di un progettista esterno per correggere il proprio comportamento. I sistemi eterodiretti sono sistemi complicati: funzionano in modo efficace, ma seguendo regole imposte dall’esterno. Un sistema complesso, invece, genera da sé le proprie regole di funzionamento e definisce autonomamente il proprio comportamento.

È in questa differenza che si gioca una trasformazione profonda nella nostra relazione con le macchine. Anche se sia l’essere umano che GenAI possono essere considerati sistemi complessi, in quanto entrambi possiedono capacità di adattamento generativo, è fondamentale riconoscere che si tratta di forme di complessità profondamente diverse.

GenAI riceve dati, li elabora, li organizza, ma non ha bisogno di comprenderli: per lei, i dati sono privi di significato. Si parla infatti di “mero dato”, ovvero di informazione priva di senso contestuale. La sua è una complessità di tipo computazionale.

L’essere umano, al contrario, non può prescindere dal significato. Ogni atto comunicativo è per noi sempre situato in un contesto relazionale. Il significato non esiste in astratto, ma nasce e si trasforma nella relazione: con l’altro, con il corpo, con la natura, con l’ambiente. È una complessità radicata nell’esperienza e nell’interazione: è una complessità profondamente relazionale.

L’Intelligenza Artificiale Generativa è un sistema adattativo complesso di tipo computazionale, che apprende modificando le proprie regole decisionali sulla base dei dati. Il suo mondo è una realtà artificiale, costruita interamente a partire dai dati: qualcosa esiste solo se può essere trasformato in dato. E i principali produttori di dati siamo proprio noi, esseri umani. Ogni cosa che diciamo, scriviamo o facciamo si converte in “mero dato”, privo di ulteriori significati da dover interpretare. È un processo che neutralizza il senso, riducendo ogni espressione della nostra esperienza a semplice informazione elaborabile.

L’essere umano, al contrario, ha necessità di trasformare i dati in significati, e questa trasformazione avviene attraverso le relazioni. Siamo immersi costantemente in una realtà relazionale: a livello personale, sociale, ambientale - e che prende forma attraverso il nostro corpo, che ci permette di entrare in contatto con il mondo.

Per noi, il mondo è tutto – o potremmo dire, è solo - ciò a cui possiamo attribuire senso attraverso l’esperienza percettiva e l’interazione. Questo senso nasce unicamente dall’intreccio continuo con gli altri, con il contesto nel tempo e nello spazio, con le emozioni e la memoria. È da questo intreccio che emergono le qualità che ci rendono irriducibilmente umani: la bellezza, l’etica, la felicità, la coscienza, la sofferenza. Sono qualità emergenti, ambigue, contraddittorie, difficili da definire — e proprio per questo profondamente umane.