Lo scrittore castelnovese Pier Angelo Soldini ha scritto: “Non ho mai capito come certuni fanno a rimediare, dopo sposati, alle frottole che hanno raccontato alla propria donna, quando erano fidanzati” (in Il cavallo di Caligola, Milano 1962 – nuova ediz. Novara 2010 - a cura di R.C. Delconte). Questa divertente annotazione mi offre lo spunto per riflettere sull’eventuale responsabilità per le esagerazioni di “autopresentazione” durante il fidanzamento.

Sicuramente è lecito che una persona tenda a presentarsi al meglio, mettendo in luce le proprie qualità o punti di forza e, magari, riducendo il peso dei propri punti deboli. È vero che il diritto prevede – più in generale – l’annullamento del contratto qualora il dolo (che è la volontà consapevole di compiere un atto illecito) di uno dei contraenti, mediante i raggiri utilizzati, abbia così condizionato l’altra parte per cui questa non avrebbe concluso il contratto (art. 1439 Cod. Civ.). Tuttavia, a questa categoria di dolo, il cosiddetto dolus malus, se ne può affiancare un’altra lecita, il cosiddetto dolus bonus, consistente nel complesso di quegli accorgimenti solitamente tollerati e facilmente riconoscibili nella pratica corrente degli affari. A questo riguardo, la cosiddetta “pubblicità ingannevole” consiste, invece, nell’informazione commerciale distorta e idonea ad indurre in errore le persone alle quali è rivolta e che, a causa del suo carattere ingannevole, può pregiudicare il loro comportamento con danni esistenziali e/o economici.

Tornando alla materia matrimoniale, quale peso può avere l’errore sulle qualità dell’altro coniuge (magari falsamente dichiarate, se positive, o maliziosamente taciute, se negative)? L’art. 122 Cod. Civ. afferma che il matrimonio può essere impugnato (vale a dire appellato, contestato) da quello dei coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull’identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell’altro coniuge; con l’avvertenza però che l’errore sulle qualità personali è essenziale (e dunque meritevole di tutela) qualora, tenute presenti le condizioni dell’altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente conosciute e purché l’errore riguardi: l’esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale (oltre ad altri casi di condanna penale, o di gravidanza causata da persona diversa dal soggetto caduto in errore), e sempre che l’azione non venga proposta dopo un anno di coabitazione dalla scoperta dell’errore (sintomo questo della finalità normativa generale di favorire la stabilità delle famiglie).

Sul primo caso (errore sull’identità), ormai potrebbe essere ipotizzabile soltanto nel caso di gemelli perfettamente uguali; mentre nel secondo caso (errore essenziale) va accertata sia la sua rilevanza (nel prestare il consenso matrimoniale) - tenendo anche conto delle convinzioni morali e dell’educazione personale di chi impugna il matrimonio - e la tipologia di detto errore. A parte una serie di problemi interpretativi che la norma pone, soprattutto la giurisprudenza ha considerato come “errore” rilevante: l’omosessualità (così Trib. Milano 13 febbraio 2013 e Rota Romana 6 febbraio 1973; mentre per la possibilità di introdurre nel nostro ordinamento, a certe condizioni, le diverse e più ampie valutazioni dell’ordinamento canonico, v. Cass. 18 settembre 2014 n. 19691); l’impotenza del coniuge a compiere l’atto sessuale (compreso il caso di dipendenza del rapporto sessuale da stimolanti ripugnanti, così Trib. Firenze 3 gennaio 1946, o sotto narcosi, così Trib. Roma 29 giugno 1956) o il suo transessualismo, mentre non è assimilabile l’ipotesi della continua “pretesa di rapporti anali da parte del coniuge, scoperta dopo le nozze, ed esercitata, sull'opposizione dell'altro coniuge, con la violenza” (così Cass. 12 febbraio 2013 n. 3407, dove viene semmai prospettata la soluzione della richiesta di separazione con addebito).

Sarebbero, invece, da escludere le seguenti altre ipotesi: coniuge che avesse fatto credere di essere ricco o di possedere particolari qualifiche, in quanto ove i raggiri cadano su altre qualità, diverse da quelle previste dalla norma, il matrimonio sarebbe, sotto questo profilo, inattaccabile (così A. e M. Finocchiaro, Diritto di famiglia, Milano 1984, vol. I, pag. 139). D’altronde la legge escluderebbe, al di là delle previste ipotesi, il riferimento generico al “dolo”, proprio per la difficoltà di distinguerlo dai frequenti casi di dolus bonus nel periodo che precede le nozze, al fine di evitare facili annullamenti (così F. Santosuosso, Commentario del codice civile. Il matrimonio, Torino 1981, libro I, tomo primo, pag. 379).