Paolo Gubinelli è conosciuto essenzialmente come pittore, le sue raffinate “Carte” appena segnate o incise da geometriche costruzioni che pur nell’apparente ordine rappresentano la sua innata emotività sono apprezzate in tutto il mondo, tuttavia, nel suo lungo e straordinario percorso artistico è stato anche grafico, pubblicitario, designer e progettista di architetture, mantenendo rapporti professionali ed amicali con l’architetto della stazione di Firenze Santa Maria Novella e la chiesa dell’Autostrada del Sole Giovanni Michelucci e con il maestro del design e della grafica Bruno Munari.

Già nel 1971 il primo dedica a Gubinelli dei disegni su carta, mentre il secondo nel 1985 scrive che l’artista “ci propone stimoli pre-percettivi, ancora prima delle forme, quasi frammenti di segni e apparizioni di colori. Questi fogli appena segnati fanno venire in mente i pensieri di un monaco buddista della fine del milleduecento, di nome Kenko, autore del libro Momenti d’ozio. L’arte di Paolo esplora quindi mondi diversi, che si lasciano scoprire molto lentamente, come quando le prime luci dell’alba fendono il buio delimitando i solo profili delle architetture, segni e non ancora forme, cioè arte pre-percettiva.

Non che durante la sua carriera artistica non si sia rapportato con grandi artisti contemporanei, primo tra tutti Lucio Fontana e il suo Concetto spaziale, poi con l’astrattismo di Piero Dorazio e le ripetitive immaginazioni di Enrico Castellani.

Altro importante polo d’attrazione artistico è stato Osvaldo Licini, sia perché conterraneo, nato in un paese delle Marche vicino Fermo, sia per la ragione che già nel 1930 dipinse quello che è considerato il suo primo quadro astratto Fili astratti su fondo bianco, sia perché caposcuola di un coagulo di altri artisti marchigiani: Acruto Vitali, Gino Nibbi, Felice ed Ermenegildo Catalini.

Nel paese dove Gubinelli è nato e cresciuto fino all’adolescenza, Matelica, si parlava spesso dell’eclettismo e della genialità di Licini, che pur morendo nel 1958 quando Paolo aveva solo 13 anni, lasciò nel giovane un ricordo indelebile del suo carisma e delle sue opere.

Come e quanto abbiano inoltre influenzato artisti come Alberto Burri, Giulio Turcato, Hans Hartung, Alfredo Chighine, Bice Lazzari è difficile affermarlo, ma certamente i segni e le forme astratte dei lavori pittorici di Gubinelli conversano sia con gli artisti appena citati del movimento definito Informale, sia con il linguaggio architettonico di matrice razionalista di Michelucci, che con la ricerca poliedrica di Munari fondatore insieme a Gillo Dorfles del MAC (Movimento Arte Concreta) che funge da catalizzatore e sintesi delle arti alla ricerca di una convergenza tra arte e tecnica, quindi anche tra pittura e architettura. Per questo possiamo definire i tracciati di Gubinelli “Segni trascendenti d’architettura”.

Non è un caso quindi che il maestro nel suo lavoro di acuta e profonda sensibilità utilizzi come supporto delle sue opere la carta bianca, notoriamente base di schizzi e progetti di opere architettoniche, arrivando addirittura ad impiegare carta lucida e trasparente, quella dove gli architetti tracciano ad inchiostro piante, sezioni e prospetti, non è neppure casuale che si avvale quasi essenzialmente di matite e quando realizza i collages impiega triangoli di carta trasparente, diademi preziosi di cui poter sempre decorarsi e adornarsi per l’imperitura geometria, certo acquisita da Kazimir Severinovic Malevic e Piet Mondrian.

In una dichiarazione del 2000 così si è espresso il maestro: “Nella mia attività artistica la carta è stata fino ad oggi il mio unico mezzo espressivo […] sono passato alla carta trasparente (lucido da architetti) sempre incisa e piegata: o in fogli disposti nell’ambiente in progressione ritmico-dinamica, o in rotoli - papiro con lievissime incisioni al limite della percezioni che si svolgono nell’ambiente”.

Pensieri di carta è il titolo di una mostra allestita nel 2019 all’Università Bocconi di Milano, dove l’artista ha esposto opere incise e talora piegate nel piano pittorico con un ordine geometrico capace di tradursi in ritmo e segno di un’architettura dematerializzata. Questo è stato possibile perché Gubinelli oltre ad essere un pittore è anche designer e architetto, disegna planimetrie, assonometrie e prospettive con grafie di matite nere e colorate. Opera primariamente nell’ambito concettuale dei modelli, apprestando scene, mentre sul suo tavolo di lavoro, il tecnigrafo, prende forma il progetto rappresentato in una miriade di segni destinati ad una esitante sorte.

Il suo fare “pittorico-architettonico” è condizionato sia dai suoi studi effettuati a Roma e Milano, sia dalla familiarità con la città di Firenze. Marchigiano di nascita ma fiorentino di adozione, Gubinelli da vari decenni vive e lavora nella città “culla del Rinascimento” e per una persona della sua cultura e sensibilità sarebbe stato impossibile non rimanere influenzati dalla cupola a tamburo ottagonale di Filippo Brunelleschi o dalla linearità del campanile di Giotto della cattedrale di Santa Maria del Fiore. Le geometrie delineate sulla carta da Gubinelli annoverano proporzioni auree com’era in uso nel Rinascimento e non si sarebbero potute realizzare senza che l’artista avesse visto la struttura geometrica rigorosa della facciata marmorea della chiesa di Santa Croce, oppure quella della chiesa di Santa Maria Novella in marmo bianco e verde organizzata razionalmente e disegnata da Leon Battista Alberti.

Il rapporto privilegiato tra Alberto Burri e Gubinelli porterà quest’ultimo ad allestire una mostra retrospettiva nel 2008 a Città di Castello. “Allestire una mostra a Città di Castello era un progetto che coltivavo da tempo, per l’amicizia che mi legò ad Alberto Burri”, con queste parole Paolo ha spiegato la scelta di esporre le sue opere alla Pinacoteca Comunale, la produzione selezionata testimonia l’evoluzione della sua ispirazione e dei suoi modelli coprendo un arco di circa un quarto di secolo.

Il segno libero e costruttivo di Gubinelli è un segno astratto che appare per sua natura votato a tale disseminazione dai suoi “Studi di architettura”. Chi comprende la sua arte percepisce il trasferimento spaziale del suo segno sulla carta migrato verso l’architettura, con le sue assorbenze di colore e biancore, le sue opacità e trasparenze, le sue geometrie descrittive e le densità della materia.

Sull’opera di Gubinelli e in particolare sulla costruzione di ogni quadro, sulle stesure di finissima sensibilità che rispecchiano una quieta armonia sono stati pubblicati cataloghi e riviste specializzate, con una antologia critica di grandi storici dell’arte contemporanea che hanno scritto sui suoi lavori, ad iniziare da Giulio Carlo Argan, Enrico Crispolti, Roberto Luciani, Mario Luzi, Lara Vinca Masini, Antonio Paolucci, Claudio Strinati, Marcello Venturoli e molti altri.

La sua visione classico-rinascimentale è stata evidenziata da Carmelo Strano che ritiene i ritmi di Gubinelli forme assorbite in atmosfere-sfumate che innestano declinazioni dal sapore astratto-geometrico: “Lirismo, dunque, ma assai motivato sul piano non solo delle matrici della formazione ma in primo luogo sul piano della progettazione”.

Il rapporto tra spazio rinascimentale e spazio astratto trovato dall’artista diventa in questa ribalta colorata qualcosa di assai meno immateriale ed empirico, per procedere in concomitanza con la fiaba senza mai penetrarvi, senza mai abbandonare gli orizzonti pieni di entusiasmo di Osvaldo Licini.

Oltre che con l’architettura Gubinelli si rapporta da sempre anche con la poesia nella costante ricerca del verso poetico come fonte e finalità di produzione creativa, ma si rapporta anche con la musica.

Ascolto Ennio Morricone… quella raffinatezza e delicatezza mi fa venire un pianto dove la leggerezza mi fa volare in cerca di nuove emozioni…solo così posso trovare orizzonti di un nuovo linguaggio.

(Paolo Gubinelli)

I veri artisti non fanno rumore, i veri artisti sono silenziosi, i veri artisti curano la coerenza del proprio linguaggio per tradurlo in personalità. Gubinelli è un vero artista e una vera autentica persona, dalla sensibilità acuta, studioso profondo capace di curare la sua attività con coerenza, impegno e dignità, dal coerente linguaggio e la riservatezza silenziosa in un’epoca sorda e cieca. È persona capace di tacere piuttosto che emettere solo suoni per il gusto di dire la propria, in altre parole è persona discreta, secondo la Regola benedettina di saper discernere la misura giusta.

Nell’estate 2020 espone in una mostra personale al Monastero di Fonte Avellana e per un periodo vi soggiorna scrivendomi:

Caro Roberto, qui a Fonte Avellana sono fuori dal mondo, senza tv e senza Internet, c‘è tanta spiritualità e meditazione che mi permette di toccare con gli occhi e la mente le architetture medievali del monastero, ma anche la natura e il verde del paesaggio lirico circostante. Il cielo ha sfumature di bianchi, celesti, blu, come la liricità liciniana e leopardiana. Un’atmosfera dove un sogno ogni giorno sfiora la mente… quanto è bella la vita fatta di piccole cose… quanta emozione ci trasmette questa armonia. Come la musica classica fa vibrare lo spazio che ci nutre e ci illumina, la sinfonia del vento fa vibrare gli alberi in attesa del silenzio.

Il linguaggio di Gubinelli e un messaggio profondo e impegnativo, la sua arte è significativa ed è difficile entrare all’interno della sua ricerca anche perché le sue opere sono fuori dal sistema in cui viviamo, non sono mode che si consumano rapidamente ma c’è una classicità, un umanesimo, che appartiene ad una cultura in grado di attraversare architettura, arte, poesia, letteratura e filosofia.

Un lungo e prezioso percorso capace di scolpire il nome di Paolo Gubinelli tra i grandi dell’arte contemporanea.