Il viaggiatore curioso, che trascorre il suo tempo tra le spettacolari insenature della Gallura e il mare cristallino, che si fa cullare tra i flutti rasserenanti della sua barca e gli spazi magici delle residenze lussuose della Costa Smeralda, perderebbe la visione complessiva del paesaggio se non si addentrasse nei territori incantati più interni. Il mare dell’Isola è straordinario, ma lo sono anche gli altopiani granitici che si snodano nelle vicinanze delle bianchissime spiagge. E se si esplorano questi angoli sconosciuti si può scoprire la vera magia dell’Isola, quell’essenza celata nel paesaggio e nella cultura del suo popolo.

Una delle caratteristiche della regione è la sua natura incontaminata, un ambiente ricco di siti archeologici di interesse mondiale, di pietre scolpite dal vento, ma soprattutto di piante spontanee e di alberi secolari e perfino millenari. Incontrare uno di questi patriarchi è un’esperienza molto coinvolgente, ci fa immergere in quella dimensione senza tempo che accompagna la vita lenta dei pastori. Ci fa entrare in contatto con tempi remoti che sono stati eternati nell’isola e che la connettono con il senso del sacro.

Uno di questi luoghi si trova nel comune di Luras, in una località a 240 metri sul livello del mare che si chiama Santo Baltolu, proprio accanto al lago artificiale del Liscia, 105 milioni di metri cubi d’acqua che garantiscono l'approvvigionamento idrico di tutta la bassa Gallura, meta ambita dai turisti. In quell’ambiente si trovano degli esemplari di Olivastri millenari, piantati sul territorio come giganti per testimoniare le sue antiche vestigia. Sono ammassi di rami contorti, di radici possenti e tronchi mastodontici, dei templi sacri che hanno visto srotolare davanti a sé secoli e millenni di storia. Il più antico di questi Olivastri della specie Olea europaea, ha una circonferenza del tronco di circa 11 metri, un'altezza di 15 metri, una circonferenza della chioma di ben 21 metri e occupa un’area di circa 600 mq. Non per niente è stato soprannominato “Il Patriarca della Natura” e pare sia uno degli olivi più antichi d’Italia, dichiarato Monumento Naturale con Decreto Ministeriale nel 1991.

In base alle stime effettuate dall’Università di Sassari, questo “nonno” di tutti gli alberi d’Italia, che secondo il National Geographic con i suoi nodi e le sue cavità sembra un saggio anziano, avrebbe raggiunto un’età leggendaria, compresa tra i 2500 e i 4000 anni. Ma la datazione di un olivo è sempre un compito difficile, quindi accontentiamoci di definirlo semplicemente “millenario”. Attualmente è protetto da una staccionata, non è possibile avvicinarsi al tronco e contemplarlo da sotto, ma basta andare un centinaio di metri più avanti per imbattersi in un altro spettacolare olivastro di circa 2000 anni e farsi accogliere sotto la sua chioma paterna.

Nessun essere umano è riuscito a resistere così a lungo nel tempo, nessun uomo ha potuto osservare i cambiamenti millenari della storia, allora potete comprendere l’importanza di questi giganti vegetali. Essi hanno potuto conoscere gli antichi nuragici, i condottieri romani, gli aragonesi e i perfino i sabaudi. Stare a contatto con i loro fusti irregolari e nodosi, pieni di cavità che raccolgono chissà quale mistero, è un’esperienza sorprendente. Si resta assorti a contemplare ogni loro ramificazione, si possono ammirare le immense radici che emergono dal sottosuolo e immaginare che si diramino profondamente nel terreno a stringere sodalizi le une con le altre e con quelle degli altri olivi che si trovano nelle vicinanze.

Ormai non si corre il rischio di essere considerati dei visionari se si riconosce l’intelligenza di questi esseri. Lo ammette anche la scienza e uno dei suoi massimi studiosi, Stefano Mancuso, ci spiega che gli apparati radicali sono dotati di una serie di sensori che ricevono le informazioni dall’ambiente circostante, le elaborano e le trasmettono attraverso legami sotterranei alle altre radici che incontrano. Forse non sarebbero sopravvissuti questi tre alberi – il più giovane è datato circa cinquecento anni e si trova sempre accanto ai due maggiori – se non si fossero trovati insieme, nei secoli, intrecciando le loro radici, comunicando a distanza e scambiandosi segnali di pericolo e di difesa. Un esempio di comportamento volto al bene collettivo: i tre Ollastri che si sono sostenuti tra loro, probabilmente guidati dal più anziano, ci forniscono un insegnamento fondamentale. È piacevole farsi accogliere dalla freschezza di questa chioma, restare a lungo seduti su una radice o poggiati su un ramo, ascoltare le storie che raccontano le voci mute di questi legni e comprendere profondamente l’essenza delle radici dell’intero popolo dei nuragici.

C’è una forza nascosta che attrae e trattiene con il suo mistero, la forza di questa terra selvaggia intrecciata inscindibilmente con i rami della Natura e con la personalità di un popolo. Non lasciatevi spaventare dalla leggenda che vorrebbe queste piante protettrici degli spiriti maligni, visitateli di giorno quando sono baciati dalla luce del sole, ma nell’ombra della notte immaginate che filtrino tra i rami il bagliore delle stelle, i raggi della Luna e la pace dell’universo. Non perdete quest’occasione!