La filosofia, oggi, nell'università, nella scuola, nella stampa, nell'editoria, sta morendo a scapito della scienza, una scienza sicura della sua presunta oggettività e verità, ma fatta di saperi separati in cui manca il problema dell'intero.

Così pensa Carlo Sini, uno dei nostri massimi filosofi contemporanei, membro dell'Accademia dei Lincei e dell'Institut International de Philosophie e che, con le sue docenze e i suoi studi, ha profondamente e criticamente ampliato il panorama filosofico italiano.

Lo stesso filosofo, con “Mechrì”, associazione culturale di cui è direttore scientifico, si è appunto impegnato nella promozione di processi formativi transdisciplinari, invitando a “intrecciare le arti con le scienze, le lettere con la ricerca sperimentale, la tecnica con il pensiero speculativo, al di là di partizioni stantie e sulla base di una condivisa interrogazione filosofica”.

E per dar vita a questo nuovo approccio, lo studioso è andato a riscoprire l'opera e soprattutto la vita di alcuni grandi pensatori del passato, da Marco Aurelio a Wittgenstein, da Vico a Santayana, rivissuti nella loro quotidianità intrisa di debolezze, ambizioni, rivalità, problemi economici e di potere, che ci avvicinano alla loro comprensione anima e corpo. Ci si apre così un illuminante concetto di “vita”, di biografia, che mostra anche che ogni biografia è, in definitiva, un'autobiografia e che quindi anche il biografo ci mette molto del suo...

Lo storico filologo, generalmente “imbalsama” le vite che descrive in una definizione critica assoluta, dimenticando l'intero, e lo stesso Aristotele è stato responsabile della: “riduzione della filosofia a una carrellata di significati oggettivi presi in totale separatezza dalla vita: in sostanza il primo manuale di storia della filosofia”.

È necessario, invece, andare nella direzione del filosofo-persona, calato nella sua realtà di vita, rivendicando, appunto, il nesso tra tutti quegli aspetti considerati ingiustamente marginali, che costituiscono invece un sostrato delle stesse teorie filosofiche.

Non esistono “verità” preconfezionate, e la filosofia è viva se traduce il continuo scambio tra vita e sapere, tra l'individuo e gli altri.

Anche perché, come ci indica la recente epigenetica, un individuo è in realtà un “condividuo”, frutto delle tante generazioni che l'hanno preceduto, dei tanti individui, dei tanti ambienti, delle tante esperienze che l'hanno segnato e l'hanno modificato anche biologicamente.

A esemplificazione della sua tesi, Sini ci mette di fronte a filosofi-uomini comuni che si scontrano in duelli senza esclusione di colpi, come quello, quasi “sportivo”, a Davos, tra Cassirer e Heidegger, seguito dai relativi studenti-tifosi, o quello, più compassato, tra Wittgenstein e Russell a Cambridge.

Ma una delle biografie più illuminanti in questo senso è quella di Cartesio. Come poteva essere finito, il filosofo francese, nel “Paese degli orsi”, alla corte della regina Cristina, già in dubbio se convertirsi al cattolicesimo, e come e perché vi morì?

“Ai tempi di Cartesio – sottolinea Sini – la ricerca filosofica e scientifica doveva fare i conti con tre poteri: quello immenso e antico delle Chiese (cattolica e protestante), quello orgoglioso delle corti sovrane e infine quello delle università, sottomesso ai primi due, ma fortemente capzioso, suscettibile, geloso, invidioso e maligno.” Vita dura, dunque, per un filosofo innovativo, un tale che diceva: alla malora gli antichi e basta con i libri e che vedeva attorno a sé elevarsi roghi di eretici e miscredenti. “Posso solo dire – riflette ancora Sini – che personalmente mi sento partecipe del partito dei filosofi e in genere degli esseri umani che ravvisano nella morte di Dio e delle divinità, comunque intesi, un fattore di progresso individuale, di saggezza e di pace. C'è da aggiungere che a pensarla in questo modo siamo ancora una ristretta minoranza, sebbene a comportarsi nelle faccende private e pubbliche senza darsi alcun pensiero dell'esistenza di Dio siano già moltissimi e in verità non pochi anche in passato.”

Ora, l'autore del Discorso sul metodo sapeva di avere molti avversari, nel mondo religioso e in quello universitario, con accuse pericolose di libertinismo, scetticismo e ateismo, quindi era logico che cercasse una corte, aperta e disponibile, come quella svedese, dove la regina Cristina era assai interessata alla filosofia cartesiana, in particolare nel suo momento di crisi religiosa. Inoltre, la giovane sovrana coltivava il sogno di creare in Svezia una grande Accademia, che inserisse il suo Paese nel più alto circuito della cultura europea.

E qui, come in un “giallo”, si presenta la figura tenebrosa di padre Viogué, missionario ed elemosiniere dell'ambasciatore francese Chanut e, pare, inviato dallo stesso papa Innocenzo X per propiziare la conversione di Cristina alla Chiesa romana.

Cartesio si trovò di fronte un insidioso nemico, lo stesso che poi si spese per la messa all'indice dell'opera del filosofo e una delle ipotesi sulla sua morte, avvenuta nel febbraio 1650, oltre a quella della polmonite contratta nel rigidissimo inverno svedese, è quella dell'avvelenamento da parte proprio del fanatico padre Viogué, timoroso che l'influenza di Cartesio potesse sventare la conversione della regina scandinava.

Ecco che, dunque, in questa biografia, riusciamo a “sognare” tante immagini dove collocare il nostro filosofo nella sua quotidianità, nelle sue difficoltà e miserie di tutti i giorni, dando significato alle sue scelte e corpo e sangue al suo pensiero, un pensiero, che, sottolineava lo stesso filosofo, veniva dalla sua interiorità, perché per trovare il “metodo”, bisogna partire dal “soggetto”.

Ne Le vite dei filosofi, recentemente edita nella prestigiosa collana di filosofia di Jaca Book, Carlo Sini rivela come la sue stesse esperienze di vita abbiano influenzato e modificato il suo pensiero e il suo giudizio, e ci invita a fare altrettanto, alla ricerca della “verità”, la nostra “verità”, ricordando che essa sta sempre nella relazione e non è di nessuna religione, di nessuna filosofia, di nessuna scienza assolute.

In questa ricerca, tanto più difficoltosa nel frangente che stiamo vivendo, le filosofie avranno un ruolo positivo - ammonisce il filosofo - se comprenderanno quali sono i loro limiti e le loro parzialità, condizionati dalla loro nascita e dal loro sviluppo in un particolare contesto storico ed economico. Se lo sapranno fare con coraggio e ampiezza di vedute, potranno accompagnarci utilmente nel faticoso compito di ridisegnare l'umanità in un comune cammino.