Una delizia. Si tratta del debutto assoluto di Oona Rea, che con l'ironico First name Oona (VVJ, Jando Music), ha portato una ventata d'aria fresca in un ambiente spesso austero e fin troppo radicato nell'ortodossia. La Rea invece ha una voce ricca e musicale, piena di sfumature e personalità, si capisce che ha ascoltato una vasta gamma di generi, così come sono evidenti i suoi approfondimenti letterari. È figlia d'arte, ma proprio dal padre Danilo ha capito l'importanza dello studio e dell'impegno: perché se non hai stoffa, la musica certamente non ti perdona. Riavvolgiamo il nastro quindi ed ascoltiamo la sua sincerità: "L'idea del disco – ribadisce - è nata quasi per gioco, con Luigi Masciari scommettevamo sulla nostra capacità di concentrazione, durante serate per lo più goliardiche, finendo spesso a suonare per intere notti, e scommettendo infine, sulla realizzazione di un disco, in un periodo particolare, in cui ci siamo raccontati molto di noi, così l'obiettivo finale è stato quello di tradurre tutto in musica, puntando alla massima estemporaneità e sincerità compositiva. Abbiamo scritto tutto in pochissimo tempo, mossi da una grande intesa artistica e personale, e da quell'effetto curativo di cui abbiamo giovato ad ogni incontro. Siamo rimasti quindi molto fedeli alla nostra natura di partenza, grazie all'idea di parlare di cose molto vicine a noi sia musicalmente che tematicamente."

È stato difficile mantenervi fedeli fino alla sua realizzazione concreta? Dove vi siete ritrovati per registrarlo?

Non direi che è stato difficile: forse abbiamo impiegato più tempo a decidere il sound giusto, optando infine per un organico più elettrico e abbandonando quello acustico di partenza. Le session sono avvenute in gran parte presso la Casa del Jazz a Roma, in tre giorni, senza sovraincisioni, suonando tutti insieme. Sono contenta che musicisti di altissimo livello come Alessandro Marzi e Alfredo Paixao abbiano amato questo progetto e partecipato con grande entusiasmo, come del resto ha fatto mio padre, con discrezione e credo. La collaborazione con la Jando Music e Via Veneto Jazz è arrivata un po' dopo, lasciandoci grande libertà e aiutandoci a tirare fuori il meglio dal punto di vista pratico della comunicazione e promozionale, campi in cui sono grandi professionisti, ai quali ci siamo affidati con forte stima ed entusiasmo.

Come e quando ti sei scoperta cantante e quali sono stati i tuoi riferimenti ed ispirazioni... in altre parole cosa si studia per diventare una cantante come te? Hai una preferenza maggiore per la lingua inglese?

Mi sono scoperta molto tardi cantante ancora oggi cerco di scoprire ogni giorno cosa cambia nella mia voce, negli atteggiamenti del mio corpo durante le esibizioni, nei miei moti interiori, che non sempre comprendo a pieno! Ho fischiettato tutta la vita, continuamente, ma sono sempre stata troppo timida per pensare di cantare anche solo davanti agli amici. Non so cosa sia accaduto quando ho compiuto 18 anni, forse nel tentativo di prendere in mano le responsabilità della maggiore età, trasferendomi a vivere da sola, ho deciso di studiare canto e letteralmente tirare fuori la voce. Così per tre giorni ho cantato lo stesso brano incessantemente, e a metà del terzo giorno la mia voce è improvvisamente cambiata, uscendo fuori tutta insieme ad un volume altissimo e con un timbro completamente diverso, ma senza sforzo e con estrema naturalezza. Ricordo una sensazione fisica meravigliosa, di trasformazione, crescita e liberazione, chi era in casa con me si spaventò, pensando fosse entrato qualcuno dalla finestra! Ovviamente poi ho studiato in conservatorio con Maria Pia De Vito, che credo sia stata l'insegnante perfetta per me, perché mi ha trasmesso il valore a cui ho sempre creduto maggiormente, quello della ricerca del proprio suono attraverso la propria intimità, della gentilezza verso il proprio corpo e le sue possibilità. Credo si possa studiare una a vita intera senza sentirsi davvero soddisfatti se non si ricerca la propria personalità, e che sia fondamentale rispettare la propria voce con le sue infinite possibilità e i suoi sacrosanti limiti. Oggi con i talent show siamo tutti portati a pensare che essere un cantante voglia dire avere la cosiddetta "canna" e farsi valere urlando a più non posso, ma questo non valorizza le potenzialità e l'unicità dell'individuo, che credo siano le basi da cui parte l'emozione da trasmettere al pubblico.

Le tue idee musicali sono veicolate meglio nel tramite della lingua inglese?

Sono ambivalente. Canto in inglese e in italiano ma non ho preferenze, sono due approcci inevitabilmente diversi nei quali posso tirare fuori due parti leggermente diverse di me, l'importante è che abbia fatto mio il brano, che sia originale o una cover.

Con il cognome che porti penso piuttosto che hai dovuto faticare il triplo piuttosto che a qualche tipo di facilitazione: che rapporto hai con lui dal punto di vista artistico e cosa ti piacerebbe sviluppare ulteriormente al di là di questi vostri rendez-vous in atto?

Un tipo di connessione sempre molto stimolante, proprio perché lui è un grande professionista e molto istintivo. Con lui sento di potermi rilassare, divertire e affidarmi quasi completamente, spesso ho l'impressione di leggerci nel pensiero; la maggior parte delle cose che facciamo sono improvvisate, eppure non sapendo da dove partiremo e dove finiremo mi sento di vivere in un perenne deja vu durante i nostri concerti. Lui mi fa credere in me stessa perché non mi dà consigli nello specifico ma con leggerezza e passione mi incita a tirar fuori i miei stati d'animo, le mie percezioni e sensazioni, a prescindere dalle situazioni e dai brani che eseguiremo. Mi piace da matti suonare in duo con lui perché si crea tutto questo, oltre al fatto che abbiamo l'occasione per stare un po' insieme. Sento di aver tanto da imparare da lui e mi piace farlo nella sinergia del duo piano voce.

Ti relazioni in maniera parecchio diversa quando canti dal vivo rispetto a ciò che fai in studio?

L'approccio della performance in studio è più freddo e matematico, ci sono delle restrizioni a livello pratico durante le registrazioni, oltre al fatto che sai che poco dopo ti dovrai riascoltare e giudicare, cosa che non faccio proprio volentieri! …Il giudizio che si ha di se stessi spesso è il più ingombrante di tutti. Credo sia il pubblico durante i concerti a creare la vera magia, anche se non lo vedi e magari sei in una sorta di trance ad occhi chiusi, puoi sentirne chiaramente l'energia e lo scambio che c'è tra il "dentro e il fuori", poi la responsabilità e di conseguenza l'adrenalina del live personalmente credo che rendano l'esibizione più forte, nonostante le possibili imprecisioni date dall'emozione o dai problemi tecnici che possono accadere.

Cosa ti aspetta adesso che questo bel disco è stato pubblicato?

Spero di poterlo cantare il più possibile dal vivo. Ma ho già delle idee che andranno a far parte del prossimo, la cui gestazione è già iniziata da un po'. Sto sperimentando un tipo di scrittura che valorizza i messaggi dei testi, con modalità diverse strutturalmente e musicalmente, dando più spazio alla voce, alle sue armonizzazioni e sfaccettature timbriche ed espressive. Vorrei rendere le canzoni che scrivo più simili alle poesie, che sono ciò che scrivo nel tempo libero, e che mi danno una maggiore libertà di espressione a livello tematico e interpretativo, sempre con l'ausilio di Luigi, Alfredo ed Alessandro, amici e grandi musicisti che ho al mio fianco; sono certa che ci divertiremo molto e che musica e parole si abbracceranno e completeranno.