aA29 Project Room Milano è lieta di presentare la prima mostra personale di Matilde Sambo Falsità in buona coscienza.

La ricerca recente dell’artista, e in particolare il progetto sviluppato per la presente mostra, è da considerare partendo dal tema del limite, o meglio, a partire dalla cancellazione e dalla non chiarezza di esso. Coppie binarie di concetti apparentemente opposti si dimostrano, nel lavoro di Sambo, come un continuum, e i confini diventano labili.

In mostra si presentano una serie di lavori che mettono in discussione attraverso semplici strategie di intervento o sovrapposizione la separazione, in principio, tra naturale e artificiale: conchiglie modificate in maniera quasi impercettibile, o ciocche di capelli, cera e spine che formano piccole composizioni che l’artista distribuisce attorno alla galleria, spesso installandole in posti di difficile accesso allo sguardo dello spettatore. Inoltre si aggiungono a questo insieme alcune sculture appartenenti alla serie Cantus ab aestu, che Sambo realizza utilizzando delle mute di cicala trovate sugli alberi come stampi.

L’irrilevanza della visibilità dell’oggetto, almeno della sua visibilità permanente, si trova anche nella seconda serie di opere in esposizione. La materia non è mai al suo posto: si tratta di "finte" reliquie esposte in quattro reliquiari, modellati dall’artista e fusi dalla Fonderia Artistica Battaglia, che contengono stalattiti trovate in una grotta. La reliquia, in questo caso, riporta a un ciclo continuo, a una specie di loop che si chiude su se stesso, in cui l’artificiale e il naturale, il sacro e il profano, il vero e il falso si invertono e si mescolano fino a diventare indistinguibili. Così la grotta prende il posto del tempio profanato in cui viene trovata la reliquia, la stalattite, che esposta in mostra diventa artificio.

Infine, Omeostasi, appartenente alla serie Untitled-Monitors and Materials, consiste in un’installazione video su due monitor in cui l’artista documenta una sessione di "manipolazione". In uno dei monitor lo sguardo si concentra sulle mani del massaggiatore, nell’altro sulle reazioni della paziente, che passa dal riso intenso al pianto angosciato. Anche quest’opera quindi pone domande sul credere, non come elemento religioso, come è il caso della reliquia, ma in un tipo di terapia che nella cultura occidentale è considerata “alternativa” e non scientifica, e allo stesso tempo mette l’accento sul limite poco chiaro tra gioia e sofferenza. Il lavoro considera inoltre la trasformazione delle mani da estremità condivise con altre specie, a strumenti che ci distinguono, forse, dagli animali non umani. La prima personale di Matilde Sambo invita a ripensare il mondo, o almeno una parte, in termini ciclici e non contradittori.

A cura di Gabriela Galati