Piastre astronomiche: gli elementi di prova

Sono abituato, da buon galileiano convinto, a non fermarmi alle semplici affermazioni di principio. In genere, quando asserisco qualche cosa è perché ho la certezza non proprio assoluta, ma quasi, che quanto asserito è fondato. Non è arroganza intellettuale, sia chiaro. Si tratta soltanto, per dir così, di “consapevolezza scientifica”, nel senso che sono sempre e soltanto le prove a dire l’ultima parola. Galileianamente. Cartesianamente. Dalle parole ai fatti. Iniziamo con qualche verifica sul campo.

Tra le tante piastre astronomiche ritrovate, ne esistono alcune decisamente curiose. Una, ad esempio, è la piastra dello Scorpione, che si è già vista all’inizio di questo studio. Già dalla possibilità indiscutibile di trovare precise corrispondenze con le stelle che costituiscono la costellazione dello Scorpione, si ha un’idea di essere, per dir così, sulla strada giusta. Già, lo scorpione. La domanda è d’obbligo: perché proprio lo scorpione, che significato può avere per la civiltà nilotica in via di strutturazione, questo particolare animale? Lo “Scorpione”? È all’origine della Civiltà Egizia. Vediamo il perché.

Quando si parla di “Scorpione” a proposito di quelle che diventeranno le terre faraoniche, viene subito in mente proprio il primo faraone noto che portava questa inquietante denominazione. “Re Scorpione”, infatti, è l’appellativo e forse, a mio parere, qualche cosa in più, di un sovrano dell’Alto Egitto che, secondo quel poco che è noto, sembrerebbe aver regnato su queste terre alla fine del periodo preistorico. Re Scorpione è rappresentato con la corona bianca del Sud su di una testa di mazza votiva proveniente da Hierakonpolis, in epoca predinastica importante città a sud di Tebe, e proprio su di una piastra commemorativa. Poche, invero, le informazioni in merito, ma oltre al primato d’essere il primo (scusate il gioco di parole) sovrano conosciuto dell’Egitto Antico, a Re Scorpione sembra doversi riconoscere l’idea e l’originario tentativo di unificazione del paese, impresa che poi un suo successore, altrettanto famoso, conosciuto come Narmer, di cui si è già detto, portò a compimento. Da iscrizioni trovate a Tura sembrerebbe, infatti, che Re Scorpione avesse esteso il suo dominio dall’Egitto del Sud, si ricorda che l’Alto Egitto è suo luogo d’origine, fino a Memfi e forse fino a Buto capitale del Delta, quindi località del Basso Egitto.

Tornando alle stelle, quella che noi oggi consideriamo la costellazione dello “Scorpione”, è soltanto parte dell’originaria costellazione celeste. In effetti, il complesso di astri che componeva lo “Scorpione” primitivo, occupava anche la zona del cielo, che noi oggi conosciamo come costellazione della “Bilancia”. Quest’ultima, infatti, fu riconosciuta come costellazione a sé stante, dai Romani, ma soltanto intorno al I secolo a.C. Si deve notare, che le stelle più brillanti assegnate dagli astronomi di Roma alla configurazione zodiacale della “Bilancia”, portano ancora oggi testimonianza delle loro antichissime origini. Curiosamente, infatti, la stella  Librae della “Bilancia”, si chiama Zuben el genubi, che in arabo significa “Chela del Sud”, chiaro riferimento alle chele dello “Scorpione”, che in origine, appunto, occupavano questa zona della volta celeste. La stella Librae, invece, si chiama Zuben el chamali, ossia “Chela del Nord”. Si può affermare, con un grado d’attendibilità quasi prossimo alla certezza, che l’origine della costellazione non sia greca, essendo la configurazione celeste dello “Scorpione”, già ben nota ai Sumeri più di cinquemila anni fa. Con una certa plausibilità la costellazione dello Scorpione per gli Egizi Antichi non includeva le due stelle di cui si è detto prima. In effetti, sulla piastra dello Scorpione in discorso, le chele non sono presenti.

È d’estrema importanza rilevare qui, che proprio una tra le divinità più antiche e potenti individuabili in quello che diventerà l’articolato pantheon creato dalla coscienza religiosa dell’Egitto Antico, è Serqet (Selket, Selkis), ossia la “Dea Scorpione” protettrice della magia e della medicina1. Serqet è spesso rappresentata come una donna con uno scorpione sulla testa (si veda il sarcofago di Tutankhamon).

Serqet sarà associata a “Qebehsenuf”, uno dei quattro figli di Horus, che nei vasi canopici era protettore dell’intestino. In origine, ed è argomento importante, la divinità era messa in relazione con il cosiddetto “scorpione d’acqua”, e non con lo scorpione terricolo vero e proprio. La sovrapposizione tra lo “scorpione d’acqua” e lo scorpione terricolo avvenne, almeno graficamente, solo intorno alla XIX Dinastia, quindi si è nel Nuovo Regno, intorno al 1292–1186 a.C. circa. Il duplice ruolo di Serqet è ben noto, essendo le sue funzioni caratterizzanti sia protettive sia punitive. Probabilmente però il compito più importante e per quanto interessa in questo studio, il più indicativo, svolto dalla dea è di restituire il respiro ai defunti e di consentire perciò la rinascita nell’Aldilà dell’anima.

Secondo le convinzioni maturate durante o appena successive al periodo del Predinastico, tutte le notti Serqet interviene nel viaggio sotterraneo di Ra difendendo la barca solare dagli attacchi del temibile demone serpente Apophis (Testi dei Sarcofagi, VII ora dell’Amduat), consentendo, è ovvio, anche la rinascita del Sole. Adorata originariamente nel Delta, il suo culto si è ben presto diffuso in tutto l’Antico Egitto. Il primo documento noto a menzionare la dea Serqet, in effetti, è la stele funeraria trovata a Saqqara, nella tomba della I Dinastia (ca. 3185–2715 a.C.) di Merka. È piuttosto considerevole il fatto che Serqet, la Dea Scorpione, sia da sempre associata al punto cardinale dell’Ovest. Il motivo di questa precisa connessione è che la costellazione dello Scorpione è forse l’unico gruppo di stelle che cala precisamente nell’orizzonte occidentale, senza tuttavia mai superarne il punto cardinale.

Si può affermare, se ancora ci fossero dubbi, che le popolazioni vissute sulle sponde del Nilo durante il periodo Predinastico, che confluiranno, anzi, che costituiranno proprio la struttura tissutale di ciò che sarà la meravigliosa Civiltà Egizia erano sicuramente formidabili osservatori. Ora, sebbene la divinità avesse un nutrito ordine sacerdotale a disposizione e culti in tutto l’Egitto, non si sono mai trovati templi a lei dedicati. È molto interessante soffermarsi su di un particolare curioso. Secondo gli studiosi, la presenza nelle tombe di numerose sculturine raffiguranti scorpioni, non è mai stata spiegata in modo soddisfacente. Si ritiene che questi amuleti votivi teriomorfi siano connessi con cerimonie rituali di un qualche genere. Credo di poter affermare che riguardassero molto da vicino la “rinascita” del defunto. Gli amuleti in oggetto erano in ogni caso abbastanza diffusi.

Viste tutte queste indicazioni, proviamo a verificare se in qualche misura proprio la costellazione dello Scorpione e la sua piastra eponima combinate insieme sono in grado di aprire qualche finestra sul misterioso mondo prodromico della sorprendente civiltà faraonica. Iniziamo con il dettaglio della costellazione: si tratta delle stelle Dschubba, Scorpio, Scorpio, Al–Nyat. È da osservare che unendo le stelle in discorso quasi fossero i punti del ben noto gioco enigmistico (è un dato di fatto risaputo che gli Egizi Antichi erano dei veri maestri nel creare ciò che noi oggi intendiamo per “rebus”), appare a sorpresa una figura geometrica ben nota. Si tratta proprio della classica forma della piramide. Misurando la gradazione angolare delle linee virtuali che tracciano il profilo piramidale, si scopre con ancora maggior sorpresa che l’angolo virtuale corrisponde perfettamente al grado dell’angolo costituente la piramide fisica, materiale, quella fatta in pietra, di Khufu: 52°. L’obiezione che si tratti solo di mere o forzate coincidenze o peggio, come qualche “sapiente” ha sentenziato, di delirio, e non già di precisi paralleli equivalenti perde tutta la sua forza quando si osserva che in ambedue i casi il soggetto è, coerentemente, sempre lo stesso. Di più. Proprio in base a quanto sin qui emerso si può affermare con un certo grado di certezza, che proprio la Piramide della costellazione di Scorpione, la sua forma, fosse ritenuta dai sacerdoti – astronomi – architetti della nascente civiltà egizia, l’esclusiva “Casa dove l’Anima rinasce”, ossia, in altre parole l’unico luogo possibile dove era consentito all’anima rinascere. Ecco perché la forma piramidale diventerà particolarmente importante per il mondo dell’Egitto Antico.

Non si finisce qui.

1 Si ricorda, che proprio Imhotep è stato divinizzato quale medico in epoca saitica, intorno al 663 a.C., essendo considerato curiosamente non come architetto, la famosa piramide a gradoni eretta per Zoser a Saqqara è una sua invenzione, bensì piuttosto come il guaritore dell’Egitto.

Bibliografia essenziale

Adams, B. 1974, Ancient Hierakonpolis Supplement. Aris and Phillips, Warmister.
Adams, B. 1988, Predynastic Egypt. Shire Egyptology.
Baratono, D. 2004, Le Abbazie ed il segreto delle Piramidi. L’Esagramma, ovvero le straordinarie geometrie dell’Acqua, ECIG, Genova, 2004.
Baratono, D. 2011, Tavolozze cosmetiche o tavole astronomiche?, ArcheoMisteri n°7 Febbraio/Marzo.
Baratono, D. 2013, Geometrizzazione inversa: nel segno di M3‛t, ArcheoMisteri Speciale n° 3 Agosto/Settembre.
Baratono, D. 2016, Solchi d’eternità. L’Osireion di Sethi I ad Abydos, ArcheoMisteri n° 24 Ottobre.
Bárta, M., Viaggio verso Occidente. La tomba egizia nell’Antico Regno, Torino, 2016.
Brunton, G. 1927, Qau and Badari I. London: B. Quaritch.
Brunton, G. 1937, Mostagedda and the Tasian Culture. London.
Brunton, G. and Caton-Thompson G. 1928, The Badarian Civilisation. British School of Archaeology in Egypt, London.
Cialowicz, K. 1991, Les Palettes égyptiennes aux motifs zoomorphes et sans décoration: etudes de l’art prédynastique. Instytut Archaeologii Uniwersytetu Jagiellonskiego, Kraków.
Cialowicz, K. 2001, Palettes, in D. Redford (ed.), The Oxford Encyclopaedia of Ancient Egypt, 17–20. Oxford University Press, Oxford.
Di Maria, R. 2007, Naqada (Petrie’s South Town): The Sealing Evidence. In The International Conference on Heritage of Naqada and Qus Region, ed. H. Hanna, Naqada: ICOM-CC-Wood.
Gardiner, A. 1961, The Egyptians. Oxford University Press.
Harrington, N. 2004, Human Representations in the Predynastic Period: The Locality HK6 Statue in Context. In Egypt at Its Origins. Studies in Memory of Barbara Adams, ed. S. Hendrickx, R.F. Friedman, K.M. Cialowicz, and M. Chlodnicki, OLA 138. Leuven: Peeters.
Hendrickx, S. and Depraetere, D. 2004, A theriomorphic Predynastic stone jar. In S. Hendrickx, R. F. Friedman, K. M. Cialowicz, and M. Chlodnicki (eds.), *Egypt at its Origins; Studies in memory of Barbara Adams, 801–822. Leuven, Peeters Publishers.
Hendrickx, S., Huyge, D., and Wendrich, W. 2010, Worship without Writing. In Wendrich, W (ed.) Egyptian Archaeology. Wiley-Blackwell.
Hendrickx, S. 2011, Naqada IIIA-B, A Crucial Phase in the Relative Chronology of the Naqada Culture, Archéo-Nil n°21 – avril.
Kemp, B. 1989, Ancient Egypt; Anatomy of a Civilisation. Routledge, London.
Le Quellec, J.-L. 2005, Une nouvelle approche des rapports Nil-Sahara d’apres l’art rupestre. Archéo-Nil 15:67–74.
Moreno Garcia, J.C. 1997, Études sur l’administration, le pouvoir et l’idéologie en Égypte, de l’Ancien au Moyen Empire. Agyptiaca Leodiensia, 4. Liège: Université de Liège.
Petrie, W. M. F. 1902, Abydos Pt I. Egyptian Exploration Fund, London.
Petrie, W. M. F. 1914, Tarkhan II. British School of Archaeology in Egypt, London.
Petrie, W. M. F. 1921, Corpus of Prehistoric Pottery and Palettes. British School of Archaeology in Egypt, London.
Petrie, W. M. F. 1953, Ceremonial Slate Palettes. British School of Archaeology in Egypt, London.
Quibell, J.E., and F.W. Green. 1902, Hierakonpolis. Part II. London: B. Quaritch.
Raffaele, F., sito Internet.
Shaw, I. 2000, Introduction: Chronologies and Cultural Change in Egypt. In Shaw, I (ed.) The Oxford History of Ancient Egypt. Oxford University Press.
Somaglino, C. - Tallet, P. 2015, Gebel Sheikh Suleiman: A First dynasty relief after all… Archéo-Nil n°25 – février.
Wilkinson, T. 1999, Early Dynastic Egypt. Routledge, London.
Yoffee, N. 2005, Myths of the Archaic State; Evolution of the Earliest Cities, States and Civilizations. Cambridge University Press, Cambridge.