“Faccio fotografia per passione, con piena indipendenza creativa, senza padri padroni o suggeritori: il risultato è vivere con libertà il lavoro e la ricerca, come testimone della parte di vita che mi riguarda, interpretando quello che vedo e mi circonda nel modo più semplice. Più semplice è, meglio è”. Così scriveva Franco Fontana nella prefazione di Landscape Moments (Edizioni Rebecchi, 1994), uno tra i più di 70 libri dedicati alla sua arte e pubblicati da editori italiani, europei, americani e giapponesi.

Anche oggi che è considerato uno dei maggiori fotografi italiani del nostro tempo, Fontana (1933) mantiene il suo credo e continua a reinventarsi il colore che appartiene alla sua cifra stilistica ed espressiva. Le sue opere sono conservate in più di 50 musei nel mondo e la sua arte, esposta in più di 400 mostre personali e collettive, è amata e ricercata dal collezionismo internazionale. E Modena, la sua città, dal 23 marzo al 25 agosto 2019 gli rende omaggio con una grandiosa esposizione alla Fondazione Modena Arti Visive intitolata Sintesi, che ripercorre la sua intera carriera d’artista, un percorso di oltre sessant’anni.

L’esposizione è suddivisa in due sezioni. La prima, curata da Diana Baldon, direttrice della Fondazione, allestita nella Sala Grande di Palazzo Santa Margherita e nella Palazzina dei Giardini, rappresenta la vera sintesi del percorso artistico di Franco Fontana, attraverso trenta opere, la maggior parte delle quali inedite, realizzate tra il 1961 e il 2017, selezionate dal vasto archivio fotografico dell’artista. Sono paesaggi urbani e naturali, che conducono il visitatore in un viaggio ideale che collega Modena a Cuba, alla Cina, agli Stati Uniti e al Kuwait.

“È una mostra importante perché ho selezionato alcune mie opere quasi tutte inedite, partendo da quando ho iniziato. Dai pezzi del ‘60 fino a un’opera dell’anno scorso che ho realizzato a Cuba e poi fotografie del ’60 e del 61 di Rimini e Riccione che già rappresentavano il mio stile, e lo stile significa arte, e quello stile si rispecchia proprio in quelle immagini” precisa Fontana. L’artista torna al tempo dei suoi esordi: “Negli anni Sessanta, con le mie opere a colori ero considerato una specie di blasfemo. Ho sempre pensato che il colore se rimane colore resta oggetto e invece, deve diventare soggetto. Ed è più difficile fotografare il colore, perché il colore va reinventato, ma la creatività serve per reinventare quello che conosci, in modo differente. Il bianco e nero parte più avvantaggiato perché è già inventato e, infatti, noi non vediamo in bianco e nero. Quindi, il bianco e nero possiede una già sua intrinseca creatività. Il colore invece si deve reinventare”.

Nel 1987 Achille Bonito Oliva scrive della fotografia di Franco Fontana in uno degli splendidi volumi monografici della collana I Grandi Fotografi di Fabbri Editori che raccoglie il più vasto e significativo panorama della fotografia mondiale. E la descrive così: “I suoi paesaggi naturali e urbani diventano l’oggetto di partenza di un’articolazione linguistica che tramuta la realtà in un sistema visivo che oscilla felicemente tra l’essenzialità della geometria e la narrazione, tra l’astrazione lirica e la rappresentazione figurativa”.

Nel suo racconto a ritroso, l’artista modenese chiarisce il suo senso artistico: “La mia cultura è di matrice europea. Non ho fatto nessuna scuola d’arte ma per me ha sempre contato quello che si vede. E quando mi chiedono come tutto è cominciato io parlo della mia acqua di sorgente (una fonte creativa inesauribile da cui attingere, N.d.R.). Certo che a 20 anni giravo già le mostre, leggevo molto, mi nutrivo di letteratura e pian piano ho cominciato a maturare la mia fotografia, a selezionare, a cancellare per leggere, a togliere il superfluo per dare significato al contenuto e il principio è rimasto sempre quello”.

Con uno sguardo nuovo e attento ha osservato e ascoltato i paesaggi della terra e dei cieli nei loro aspetti mutevoli e molteplici e lì ha colto nel segno e ha dipinto con la sua fotografia innovativa ombre e luci dei landscapes dell’Italia e di vari paesi del mondo e tanti soggetti diversi, che spaziano dalla cultura di massa allo svago, dal viaggio alla velocità, quale allegoria della libertà dell’individuo, in cui la figura umana è quasi sempre assente o vista da lontano.

Due foto iconiche tra le più amate dal collezionismo, sono pietre miliari della sua storia, Praga del 1967 o la Baia delle Zagare del 1970 realizzata in Puglia. E forse, il cuore della sua vena artistica sta in questo suo pensiero che non si stanca mai di ripetere: “La mia operazione di ricerca è di isolare, nello spazio e nel tempo, ciò che normalmente si perde e si mescola nell’infinità dei particolari. Questo lavoro di pulitura, di estrazione di alcuni elementi essenziali dalla totalità che si presenta all’occhio umano, risponde a una mia esigenza interiore: trovare un’unità armonica attraverso la cancellazione di tutti gli elementi di disturbo. Nasce così un’immagine costruita su sottili rapporti di spazio, forma, disegno e colore. Questo è un esempio palese di come la macchina fotografica deve essere al servizio dell’uomo e non il contrario. I soggetti che fotografo sono il pretesto per comunicare esperienze interiori ed è la mia storia che traspare attraverso loro. Una lampada non è solo una lampada perché nel momento in cui la vediamo diventa una proiezione di noi stessi. Il fascino dell’immagine sta nella violenza che l’ha creata, violenza necessaria per scrollarsi di dosso le consuetudini che rendono cieco il nostro sguardo”.

La seconda sezione, curata dallo stesso Franco Fontana, ospitata dal MATA - Ex Manifattura Tabacchi di Modena, propone una selezione di circa cento fotografie che Franco Fontana ha donato nel 1991 alla Galleria Civica di Modena che costituisce un’importante costola del patrimonio collezionistico ora gestito da Fondazione Modena Arti Visive. A metà degli anni Settanta, Fontana inizia infatti a scambiare stampe con altri fotografi internazionali, raccogliendo negli anni oltre 1600 opere di molti tra i nomi più significativi della fotografia italiana e internazionale, da Mario Giacomelli a Luigi Ghirri e Gianni Berengo Gardin, da Richard Avedon a Annie Leibovitz, da Arnold Newman a Josef Koudelka e Sebastião Salgado.

Il 29 marzo 2019 alle 18,00 all’Accademia Filarmonica di Casale Monferrato Franco Fontana parlerà della sua carriera luminosa in un incontro dal titolo Rendere visibile l’invisibile.