Siete fra quelli che quando scoppia un incendio vicino a voi rischiate di rimanere ustionati pur di fare un filmato con il vostro telefonino? Oppure vi perdete il bello di un momento speciale e unico perché siete alla ricerca della foto perfetta che immortali la perfezione dell’attimo?

Il detto Cogli l’attimo sembra essere sostituito dal diktat cogli il tuo click in ogni momento. “Ma io riesco a fare benissimo entrambe le cose: posso vivere il momento e fare una foto con lo smartphone” afferma il patito del selfie e della foto in ogni occasione. In realtà uno studio condotto nel 2013 ha dimostrato che tendiamo a ricordare di meno le cose che abbiamo fotografato. “La ricerca della foto perfetta ci fa perdere di vista il fine delle esperienze edonistiche, vale a dire ciò che davvero ci gratifica: la natura intrinseca dell’esperienza stessa”. “Questo può contaminarne il ricordo: ci sono genitori che non ricordano bene la recita scolastica dei loro figli, e ricordano di più il loro lavoro di videocamera per riprendere i figli in quell’occasione” lo spiega la ricercatrice e docente di marketing al Daniels College of Business di Denver, Già Nardini.

In questi casi ti si pone una scelta: vivere pienamente questi momenti o immortalarli?. Quel che è certo è che non si possono fare entrambe le cose. Grazie agli smartphone oggi hai una macchina fotografica con te in ogni momento e le memorie digitali ormai sembrano senza limiti e assomigliano sempre di più a estensioni della capacità cognitiva e di percezione dell’essere umano.

La prima domanda da farti è “Guardare o fotografare?”

Beyoncé e Adele, icone della musica internazionale, hanno già intuito questo fenomeno: agli spettatori dei loro concerti americani viene richiesto di riporre i cellulari in una custodia speciale che rimane chiusa per tutto il concerto e che si può sbloccare solo all’uscita grazie ad appositi totem.

La seconda domanda da farti è “Fotografare o emozionarti?”

Ci sono due elementi da considerare: scattare fotografie durante un’esperienza gradevole può ridurre l’attenzione che dedichiamo all’esperienza perché il semplice atto di estrarre il cellulare ti offre l’occasione di controllare i messaggi ricevuti o di inviarne uno e ti distoglie dal momento che stai vivendo.

Il secondo elemento emerge da un altro esperimento, effettuato negli Stati Uniti (e pubblicato sulla rivista Psychology & Marketing dalla stessa ricercatrice): scattare fotografie durante un’esperienza molto piacevole ne affievolisce l’effetto, perché abbiamo l’impressione che poi, a casa, potremo rivivere l’esperienza del momento guardando le fotografie. Analogamente a quanto avviene in classe quando gli studenti registrano le lezioni: è dimostrato che prestano meno attenzione alle parole dei professori perché sanno che potranno riascoltarle. Qualche articolo fa, sempre su Wall Street International Magazine, ho definito le foto “pura energia per l’anima” quando sappiamo farne un uso pieno di saggezza. E nuovamente mi chiedo: “E se invece chi scatta la foto lo facesse proprio per schermarsi dall’emozione che sta vivendo in quel momento?”

Questo per evitare di percepire fino in fondo il sapore di quell’attimo che sta facendo nascere, dentro di te, qualcosa di nuovo, di insolito, di mai provato prima. Uno stupore del vivere, qualcosa che ti sorprende. Quando si va in un paese straniero si sa già tutto. Un’applicazione ti ha già mostrato quelle strade, quegli incroci, quei ristoranti che incontrerai ove ti fermerai per fare una pausa. Sai già cosa vedrai in quel museo o come è fatto quell’edificio.

La ricerca della sicurezza e della comodità ci sta togliendo la capacità di incontrare lo stupore per una cosa mai vista prima, inaspettata, incredibile come un’emozione totalmente nuova, che potrebbe lasciare senza fiato, senza parole, senza il desiderio di fare un nuovo (e forse inutile) click. Una sensazione, un sentimento, un palpito che può mostrare qualcosa di te che emerge dalle pieghe della tua anima.

Vorrei concludere con le parole di Giorgio, protagonista del libro Spaceclearing, Libera il tuo spazio trasforma la tua vita, quando scopre, sulla propria pelle, che la tendenza a trattenere tante cose altro non è che uno stratagemma per schermarsi dalle emozioni del presente.

E per me il distacco è importante per vedere le cose lucidamente. Un po’ come la macchina fotografica. A volte mi sembra che mi aiuti a prendere fiato, a interrompere la scena, quando le emozioni diventano troppo intense. Adoro fare uno scatto nei momenti più impensati o struggenti o, semplicemente, per ritrarre un particolare insignificante. Mi aiuta a dare significato alla scena che sto vivendo, come una didascalia, un promemoria emozionale che solo io posso decifrare nella trama dei ricordi. Un piccolo gesto, la curva di un collo femminile, uno sguardo: perfino un odore può emergere da una foto scattata in un momento speciale.

Per questo conservo gelosamente, in quella borsa, tutte le foto delle mie relazioni importanti: il bisogno di fermare, in una foto, un momento davvero speciale è un modo per lasciare, appiccicato alla carta da stampa, anche un po’ di quell’emozione a volte troppo intensa per provarla fino in fondo. Come se la foto mi aiutasse a fermare l’onda calda delle emozioni che, se non debitamente arginata dalla macchina fotografica, mi porterebbe a incontrare qualcosa di me o dentro di me che non conosco.