Nella struttura amministrativa dell’antico Stato romano, accanto alle magistrature “superiori” previste dal cursus honorum, le tradizionali cariche pubbliche di questura, tribunato della plebe, edilità plebea e curule, pretura e consolato, esistevano anche altre magistrature “minori” che facevano parte del cosiddetto vigintisexviratus (“collegio di ventisei uomini”), divenuto in età augustea vigintiviratus in seguito alla riduzione a 20 dell’originario numero di 26 componenti, che erano raggruppati in diversi collegi: i decemviri stlitibus iudicandis, competenti per le vertenze (stlis forma arcaica di lis) in materia di stato di libertà dei cittadini (e successivamente in materia di eredità); i quattuorviri viarum curandarum (anche detti viis in urbe purgandis), che sovraintendevano alla pulizia e alla manutenzione delle strade dell’Urbe (insieme agli edili); i tresviri capitales (anche detti nocturni), che avevano l’incarico di coadiuvare i magistrati superiori nella giurisdizione civile e penale con competenza soprattutto in materia criminale, ed erano preposti, tra l’altro, alla sorveglianza delle carceri, alla polizia notturna, all’esecuzione delle pene capitali; i tresviri monetales, che curavano su incarico del Senato la coniazione delle monete e fungevano da “Direttori” della Zecca.

La carica dei magistrati monetari, elettiva con durata annuale o biennale, e non soggetta a rinnovo, era denominata ufficialmente tresviri (forma più arcaica) o triumviri aere argento auro flando feriundo ed era attestata epigraficamente con la sigla IIIviri a.a.a.f.f.: infatti, il collegio, la cui istituzione risale al 289 a.C., era composto fin dall’origine da tre magistrati deputati a far fondere (flando) e battere (feriundo) bronzo, argento e oro, e responsabili, nei confronti della Res publica, dell’autenticità e regolarità delle emissioni monetarie. I triumviri operavano in base alle direttive del Senato, che ordinava loro quando e quanto produrre, e svolgevano molteplici attività, dai controlli relativi alla fusione del metallo, alla lega, al peso e all’incisione delle monete battute, alla verifica del corretto funzionamento della Zecca e della sua contabilità; probabilmente esisteva una ripartizione gerarchica dei compiti, una suddivisione del lavoro fra i tre magistrati in base alla quale un triumviro si occupava della produzione e firma delle monete, un altro della fabbricazione di lingotti d’oro e d’argento, mentre il terzo curava gli aspetti amministrativi dell’attività monetaria.

Secondo gli studi più accreditati, il processo istituzionale sottostante all’emissione di moneta prevedeva che il Senato decidesse all’inizio di ogni anno l’ammontare oggetto di fabbricazione e autorizzasse, di conseguenza, i questori dell’erario (inteso nel senso di tesoro pubblico) a rilasciare ai magistrati monetales la quantità di metallo necessaria alla produzione delle serie. Tuttavia, in alcuni anni la previsione iniziale del Senato poteva risultare insufficiente a coprire i bisogni dello Stato e, pertanto, si procedeva ad una nuova autorizzazione alla produzione in corso d’anno di altre serie “di emergenza”, le cui monete spesso recavano la sigla EX SC (“ex Senatus Consulto”).

La coniazione della moneta metallica avveniva nella Zecca urbana ubicata sul Campidoglio, e più precisamente sull’Arx, la rocca, altura settentrionale del colle nelle vicinanze del tempio di Giunone Moneta, divinità “consigliera” e “ammonitrice” (dal verbo latino monère) sotto la protezione della quale era posta l’attività monetaria. Il luogo della coniazione, l’officina monetae, consisteva in uno o più locali ubicati all’esterno del tempio di Giunone ma ad esso limitrofi e, pertanto, denominati anche “ad Monetam”; dall’epoca di Cicerone in avanti, risulta attestato l’uso del termine Moneta sia per identificare l’edificio stesso della Zecca sia il prodotto che veniva lì fabbricato, la moneta appunto, vocabolo invalso fino ai giorni nostri come sinonimo di denaro.

Il termine “moneta”, tuttavia, ha avuto in realtà un’origine alquanto strana, legata ad un episodio della storia della Res publica che non ha un carattere strettamente “monetario”: nel 390 a. C. i Galli avevano invaso Roma (il famoso “sacco gallico”) e volevano conquistare la rocca (Arx) del Campidoglio; secondo la narrazione di Livio, le oche sacre a Giunone furono destate durante la notte dalla dea (che le avrebbe così “ammonite”), cominciarono a starnazzare e, facendo in tal modo rumore, riuscirono ad avvertire del sopraggiungere dei nemici i difensori della rocca, che si erano nel frattempo addormentati; accorse sul luogo anche il plebeo Marco Manlio, la cui abitazione si trovava nell’area dell’Arx, e fece precipitare dalla rupe Tarpea i primi Galli che avevano raggiunto l’altura, guadagnandosi con questo atto di eroismo il soprannome di “Capitolino”, in quanto l’evento glorioso aveva permesso di salvare la città. In seguito, vennero eretti il tempio di Giunone Moneta e la Zecca proprio sulla sommità della rocca, in summa Arce, dove si trovava ubicata la casa di Manlio Capitolino.

Alle pendici del Campidoglio, nella sottostante piazza del Foro, si trovava ubicato anche un altro edificio rilevante nell’ambito dell’organizzazione finanziaria dell’Urbe: il tempio di Saturno (aedes Saturni), che già a partire dal V secolo a. C. era sede dell’”erario” (aerarium Saturni), il tesoro dello Stato, la cassa pubblica dove confluivano i bottini di guerra, custodita e amministrata dai quaestores aerarii urbani, i quali si occupavano della registrazione delle entrate e delle erogazioni disposte dal Senato. Il tempio di Saturno fungeva inoltre da Archivio di Stato, in quanto in esso venivano conservati e archiviati molti documenti pubblici, tra i quali quelli relativi all’amministrazione finanziaria e i registri delle persone stipendiate dalla Res publica. L’aerarium venne infine utilizzato, in un determinato periodo di tempo compreso tra la guerra di Pirro (281 - 272 a.C.) e la prima guerra punica (264 - 241 a. C.), come deposito di lingotti di metallo prezioso (argento e oro) e di moneta coniata.

Le magistrature monetarie, così come gli altri uffici pubblici “minori” del cosiddetto “vigintivirato”, rappresentavano il primo gradino del cursus honorum senatorio: vi accedevano infatti, prima di conseguire la questura e poi passare ai successivi gradi della carriera politica, i giovani delle famiglie più in vista, sia patrizie che plebee, intorno ai 25 anni di età, dopo l’assolvimento del servizio militare, che aveva una durata minima decennale e veniva prestato di solito con il grado di tribuno di legione. La magistratura minore dei triumviri monetali era particolarmente importante per i figli dei Senatori, in quanto una condizione necessaria per l’accesso al cursus honorum era l’avere precedentemente rivestito le cariche pubbliche di minore responsabilità nell’organizzazione governativa della Res publica.

Le principali Gens romane, pertanto, indirizzavano costantemente verso questa magistratura i giovani rampolli che aspiravano alla carriera politica: le ricerche numismatiche e l’iconografia monetale hanno evidenziato, infatti, come le più potenti famiglie romane si preoccupassero di accedere a questa carica per più tempo possibile: ad esempio, la Gens Aurelia espresse triumviri monetali dal 244 al 90 a. C., la Gens Valeria dal 209 al 44 a. C., la Gens Fabia dal 127 all’82 a. C.

Tra le magistrature minori, l’ufficio del triumviro monetale era quello che meglio si prestava allo scopo di “scalare” il cursus honorum in virtù del nome ben impresso sulla moneta che costituiva un potente veicolo di propaganda politica ed elettorale; inoltre, a partire dal 217 a. C. risulta che il nome del triumviro monetale cominciò ad essere indicato sulle monete, dapprima con le sole iniziali e poi per intero in concomitanza con una nuova emissione, con l’aggiunta della rappresentazione – tramite iscrizioni e immagini - dei fasti e delle memorie storiche della famiglia di appartenenza, corredati spesso da episodi leggendari. A titolo di esempio, in un denario coniato intorno all’84/82 a. C. dal magistrato monetario Caio Mamilio Limitano si ritrova un richiamo alla provenienza mitologica della Gens Mamilia, che si diceva discendesse dal figlio di Ulisse e della maga Circe, Telegono, fondatore della città di Tusculum (l’odierna zona di Frascati), località di origine dei Mamili: la moneta presenta, infatti, sul dritto la testa del dio Mercurio, che avrebbe dato all’eroe omerico un’erba misteriosa per proteggersi dagli incantesimi della maga, e riporta sul rovescio la raffigurazione del noto episodio dell’Odissea in cui Ulisse, in vesti da mendicante, viene riconosciuto dal fedele cane Argo dopo venticinque anni di assenza.