Che il matrimonio sia in crisi, non ci sono dubbi. E non mi riferisco soltanto al rito religioso, che pure ha radici profonde e lontane, tanto che esso viene menzionato nel Pentateuco e nel Vangelo (il primo miracolo che Gesù ha operato fu a Cana, durante i festeggiamenti di un matrimonio).
Non basta dire che il matrimonio è diventato troppo caro per molte coppie, anche se in effetti, un costo minimo di venticinquemila euro per un centinaio di invitati, è suscettibile di scoraggiare anche le coppie più innamorate, in un momento in cui la crisi si fa sentire in ampie fasce della popolazione italiana. Infatti sarebbe sufficiente restituire al vincolo religioso la sua reale importanza e rinviare i festeggiamenti civili a un altro momento.
Una fetta di responsabilità ce l’ha certamente il fenomeno della disaffezione ai valori religiosi in generale e cattolici in particolare, che si è andato affermando nell’ultimo quarantennio.
Ma io credo che la ragione principale sia da ricercare nel cambiamento di mentalità e di costume che ha riguardato il ruolo della donna nella società contemporanea.
Mi sembra ieri, anche se in realtà sono passati almeno quarant’anni, da quando un amico che aveva girato il mondo in lungo e in largo mi disse in termini perentori e senza tema di essere smentito:
Tutte le donne hanno in testa sempre e soltanto una cosa: il matrimonio. Puoi girare dove vuoi: in Asia, nelle tribù dell’Africa, nelle isole del Pacifico, in Europa e perfino in America tra gli Indiani, ma la donna ha sempre quel chiodo fisso in testa: sposarsi e solo sposarsi. Tutto il resto non conta.
Da ragazzo sentivo parlare, spesso e con paura, se non con terrore, di donne incantatrici e fattucchiere, capaci perfino di dotarsi di pozioni magiche pur di fare crollare ai loro piedi gli uomini desiderati, costringendoli al matrimonio.
Il matrimonio, al di là delle paure di maschi immaturi e impreparati, era comunque un traguardo. I genitori raccomandavano alle ragazze di non cedere alle voglie dei maschi, se prima essi non si fossero presentati davanti al prete (e ancor prima davanti al sindaco) per pronunciare il fatidico sì.
E quando accadeva che taluna restasse incinta al di fuori del matrimonio, le si scatenava contro tutto un mondo di benpensanti, pronti a criticarla per avere ceduto le proprie grazie, e a condannarle al nubilato perpetuo, bollata come una donna persa, una ragazza madre.
E la Rosina di Rossini, a prescindere dal matrimonio, non canta in una delle sue arie più note “… e mille trappole, farò giocar, prima di cedere…?”
Insomma per una ragazza di rispetto occorreva, quantomeno, farsi desiderare a lungo e cedere, le proprie virtù nascoste, soltanto dopo il matrimonio.
Ma qualcosa è cambiata di sicuro, se è vero come è vero che molte donne adesso, tanto più se incinte, rifiutano il matrimonio e addirittura lo stesso riconoscimento del nascituro da parte del padre, preferendo dichiarare all’anagrafe che si tratta di un figlio di padre sconosciuto, piuttosto che ritrovarsi a condividere una genitorialità con un uomo di cui si è persa la stima.
Il mio fratello maggiore, la buonanima, si crucciava su questi episodi e non si dava pace, non riuscendo a capire come fosse possibile che certe ragazze dal viso d’angelo, giacessero, perfino al di fuori del matrimonio, con dei brutti ceffi dalla faccia patibolare e magari anche con un passato da delinquenti. E mio padre ancora prima, sosteneva che se fosse nato donna sarebbe morto vergine, perché mai si sarebbe accostato carnalmente a un uomo.
È uno dei tanti misteri dell’attrazione fisica, inspiegabile come l’amore che attrae uomini e donne, talvolta tanto diversi, al punto che dopo avere concepito un figlio, la donna preferisce separarsi dal padre del bimbo che porta in grembo, ancor prima che la sua creatura veda la luce (anche se in passato, erano gli uomini e spesso volentieri, a scappare di fronte a una gravidanza indesiderata della propria fidanzata).
A parte l'irrisolta questione di cosa sia veramente l'amore, devo confessare che, agli occhi di un settantenne come me, queste donne costituiscono una novità di carattere eccezionale.
E pensare che soltanto sessant’anni fa il matrimonio aveva la forza sociale di estinguere addirittura due reati gravissimi come il sequestro e lo stupro. Si pensi alla nota vicenda di Franca Viola che venne rapita da un sedicente innamorato respinto.
Franca era figlia di una coppia di coltivatori diretti e, all'età di quindici anni, con il consenso dei genitori si fidanzò con un certo Filippo, un picciotto, membro di una famiglia benestante. Tuttavia in quel periodo il fidanzato di Franca venne arrestato per furto e appartenenza a una banda mafiosa e ciò indusse, a torto o a ragione, il padre di Franca, Bernardo Viola, a rompere il fidanzamento.
Franca venne rapita e violentata selvaggiamente. Il padre della ragazza fu contattato dai parenti dello stupratore per la cosiddetta paciata, ovvero per un incontro volto a mettere le famiglie davanti al fatto compiuto e far accettare ai genitori di Franca le nozze dei due giovani.
Ma qualcosa stava già cambiando nei costumi e ciò che aveva funzionato per secoli adesso stava per fallire miseramente. Il padre e la madre di Franca, d'accordo con la polizia, finsero di accettare le nozze riparatrici, ma dopo poco tempo la polizia fece irruzione nell'abitazione, liberando Franca e arrestando il sequestratore aspirante marito.
Secondo la morale del tempo, una ragazza uscita da una simile vicenda, avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo stupratore, salvando il suo onore e quello familiare. Si pensi che all’epoca l’articolo 544 del codice penale, recitava:
Per i delitti di violenza carnale, il matrimonio, che l'autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.
Era questo il famigerato istituto del matrimonio riparatore che ammetteva la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora fosse stato seguito dal cosiddetto matrimonio riparatore, contratto tra l'accusato e la persona offesa; la violenza sessuale era considerata oltraggio alla morale e non reato contro la persona.
Incredibili e bellissime le parole di Franca Viola:
Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce.
Penso che il nuovo atteggiamento che si è andato affermando negli ultimi decenni sia legato alla emancipazione della donna. Da notare che anche la legge numero 66 del 15 febbraio 1996 meglio nota come “legge contro la violenza sessuale” è sintomatica di questo movimento culturale, avente come obiettivo l’emancipazione femminile.
La legge 66/96, che ha spostato nel codice penale, i reati legati alla violenza carnale dalla sezione dedicata ai reati contro la moralità pubblica, a quella dei reati contro la persona, è stata innanzitutto espressione della rivoluzione culturale e sociale riguardante la sessualità della donna nella società moderna. Non a caso questo intervento di riordino è stato sostenuto non solo da tutte le forze politiche del tempo ma anche da rilevanti e qualificati movimenti culturali e in primis da quelli cc.dd. femministi.
Io ho potuto verificare quanto sia autentico e profondo questo cambiamento di costume, anche da un punto di vista professionale.
Numerose donne si sono rivolte a me, negli ultimi decenni del secolo scorso, per chiedermi assistenza professionale contro i padri dei loro figli che si erano rifiutati di sposare, ma dai quali pretendevano, giustamente, l’assolvimento dei doveri economici di assistenza genitoriali.
Più di recente, in un mutato e più coraggioso atteggiamento di sfida, le istanze delle donne avevano come obiettivo principale quello di respingere i tentativi di certi uomini di riconoscere dei figli di cui le madri, loro ex compagne, si rifiutavano di dichiarare la paternità.
Voglio concludere questa mia disamina sull’evoluzione del matrimonio con un aneddoto leggero e spero simpatico. Quando negli anni ottanta del secolo scorso allestii una mia trasposizione teatrale de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni con i miei studenti, mi posi il problema del personaggio di Lucia.
Nella mia trasposizione teatrale del capolavoro manzoniano avevo lasciato inalterati tutti i personaggi: il pavido don Abbondio, il sanguigno e focoso Lorenzo, lo spaccone e arrogante don Rodrigo con i suoi bravi, da me trasformati in spacciatori di droga senza scrupoli; anche la peste, sotto forma di HIV avevo lasciato in campo. Ma su Lucia mi vennero i dubbi: potevo lasciare un personaggio così attaccato al matrimonio? Chi era, negli anni ottanta del secolo appena scorso, che tra le giovani donne potesse ancora pretendere di opporre un diniego ai rapporti sessuali, per mancanza del vincolo matrimoniale?
Allora decisi di fare un sondaggio. Tutti i miei studenti conoscevano il romanzo e io chiesi loro come dovessi disegnare il personaggio di Lucia, se avesse cioè un senso lasciare la sua incrollabile fedeltà al vincolo matrimoniale e la difesa della sua verginità prima del matrimonio. Una ragazza dell’ultimo banco alzò la mano per chiedere la parola e disse, letteralmente:
Ma quale matrimonio prof! Io lo voglio provare prima. Se poi non gli funziona, col cavolo che io me lo sposo!
Tutti risero della battuta. Ma la migliore della classe, una certa Linda, chiese a sua volta la parola per dirmi:
Professore, io ero fidanzata con un ragazzo, poco tempo fa, e mi diceva che se io non fossi andata a letto con lui, si sarebbe cercato un’altra ragazza. Io non mi sentivo pronta per avere dei rapporti completi. Non l’ho fatto per la Chiesa. Io non sono neppure una cattolica frequentante. Il l’ho fatto per la mia dignità di donna. Non mi sentivo pronta e sarei andata a letto con lui ma soltanto con il tempo. Ecco, avevo bisogno di tempo. Ho preferito dirgli di andare pure a cercarsi un’altra donna se era soltanto questo ciò che voleva.
Dopo questa testimonianza decisi di mantenere il personaggio tale e quale che nell’originale.
Certi personaggi letterari sono davvero immortali.