Il Record Store Day era nato come giornata in cui si festeggiava l’esistenza, o meglio ancora la r-esistenza, dei negozi di dischi, quei luoghi in cui, gente come me che ha più di quarant’anni, un tempo trovava la felicità senza dover (necessariamente) ricorrere all’uso di droghe leggere. Una giornata all’anno per celebrare posti che, nei decenni recenti ne hanno passate di ogni tipo, e hanno dovuto inventarsi di tutto per restare aperti, quei pochi che ci sono riusciti intendo. C’è stato un periodo in cui in alcuni negozi di dischi si sviluppavano le foto. Poi è arrivata la fotografia digitale e per quei poveracci è stata la fusione di due crisi. Altri hanno messo i telefonini accanto ai compact disc, altri ancora hanno deciso di mangiare una volta al giorno invece che due, vivendo al freddo e al buio pur di non tirare giù la serranda.

Tornando al Record Store Day, negli ultimi tempi, va detto che è diventato qualcos’altro: una data in cui le case discografiche pubblicano un numero infinito di edizioni speciali, delle quali approssimativamente il 97% sono sòle, o nella migliore delle ipotesi trappole per i completisti più incalliti, quelli disposti a comprarsi un vinile o un cofanetto da 24 dischi perché c’è un mezzo inedito cantato sotto la doccia.

Quest’anno però ho una bella storia legata al Record Store Day, che si è festeggiato il 22 aprile. Consultando la lista delle uscite speciali, avevo constatato che tutto ciò che mi interessava era venduto a un prezzo per me ingiustificato. Tutto tranne un disco, che per enorme (mia) fortuna era anche quello che mi interessava di più: la riedizione in vinile del Tuffatore di Flavio Giurato. Ora, io non so bene come spiegarvi questo album uscito nei primi anni Ottanta, e da allora in poi, nonostante un paio di ripubblicazioni, sempre difficilissimo da trovare in vendita. Basti dire che è uno dei due (2) soli dischi, su qualche migliaio, che (anni fa) ho comprato in versione digitale, pagando (!) gli mp3 scaricati da Amazon.

Raccontare questo disco, dicevo, è complicato. Mi limito a dire che è un oggetto quasi unico nella storia del cantautorato italiano, di cui è probabilmente una delle perle più preziose e sicuramente più nascoste. Giurato racconta una storia d’amore nata su un campo da tennis, attraverso una serie di canzoni che compongono un concept-album sui generis. Lo fa con la sua voce particolare, con il suo declamare un po’ strascicato, sempre in bilico tra sofferenza, romanticismo e ironia. È anche un disco suonato meravigliosamente, che eredita la raffinatezza strumentale del prog andando più avanti, ma prendendo una strada alternativa alla new wave. I testi sono di una originalità rara, che non mi stancherei mai di leggere, rileggere e ascoltare. A un certo punto invece devo smettere, altrimenti per giorni continuo a ripetermi in testa “Le delusioni sono unite dalla ferrovia” oppure “Volevo essere un tuffatore, per rinascere ogni volta dall’acqua all’aria”.

La storia che volevo raccontare però c’entra poco con una mia analisi cialtrona del disco, e molto su come funzioni, a volte, l’amore e la passione per un’opera d’arte. Fin dalle settimane precedenti alla ripubblicazione, si era capito, soprattutto attraverso l’interesse sui social, che le 500 copie stampate in vinile azzurro rischiavano di essere poche. Infatti nelle ore in cui questo LP arrivava nei negozi, gran parte dei pezzi erano già prenotati, e sempre sui social scattava la ricerca disperata di una copia-graal, forse l’ultima rimasta. In realtà i distributori ne avevano ancora qualcuna, ma la narrazione funziona meglio se facciamo finta che erano finite proprio tutte tutte. A quel punto è entrata anche in ballo la fortuna. Il mio amico Antonio ne ha trovato uno su ebay, nel tardo pomeriggio, ma si è accorto che a venderlo era il negozio a 500 metri da casa sua. Allora c’è andato di persona (perché fare una cosa on line, quando puoi stringere la mano al tuo benefattore?), ma ha trovato già chiuso. Allora è tornato su ebay, e si è accorto, nominando una lunga teoria di santi, che in quella mezz’ora era stato venduto. Nel frattempo io diventavo una specie di grossista del Tuffatore. Già, perché la mia copia prenotata al discaio lucchese di fiducia, era arrivata puntuale. Ma René aveva fatto di meglio: per sicurezza ne aveva prese un altro paio. Rispondendo agli appelli di Caterina e Dario, altri due amici conosciuti su Facebook, le ho comprate io, e poi le ho spedite a loro la mattina dopo, rendendoli felici. A quel punto si è sparsa la voce che io ero il Mr Wolf del Tuffatore, e altre due persone, che non conoscevo, mi hanno chiesto se potevo trovarne altri. E ancora una volta René ha dimostrato perché è riuscito a rimanere aperto mentre quasi tutti gli altri chiudevano: ne aveva ordinate altre due. Ed è stato così che alla fine ho comprato cinque copie di questo disco, redistribuendone quattro. È stato bellissimo poter sfruttare, per donare felicità a qualcuno, il mio unico talento naturale: comprare dischi.

Ora, metto subito le mani avanti: è possibile che leggendo questo pezzo vi sia venuta la curiosità di ascoltare l’album, e magari la voglia di comprarlo. Non sono un supereroe, ho paura che vi tocchi aspettare la prossima ristampa, ma potete sempre provare in un negozio di dischi a Lucca, non si sa mai.

P.S. Alla fine il mio amico Antonio è riuscito a comprarselo. Ha trovato su ebay un tizio che l’aveva messo in vendita con il titolo sbagliato: Il truffatore. E nonostante le premesse poco incoraggianti, alla fine non era una fregatura, e gli è arrivato davvero. Le belle storie sono sempre a lieto fine.