Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita ...

(Henry David Thoreau)

Camminare nella foresta, oggi siamo qui per questo. Per continuare un percorso inaugurato recentemente. Ci sentiamo vicini più che mai a David Henry Thoreau, che, nel 1845, costruì una capanna di legno in una località isolata e vi rimase per ben due anni, al fine di sperimentare le evoluzioni cui porta il contatto con la sola natura. Da essa si può estrarre energia allo stato puro, forza e idealismo che ne conseguono. Basta camminare, non semplicemente mettendo un passo davanti all’altro, ma staccandosi e isolandosi completamente da ogni pensiero e preoccupazione quotidiana, facendo di sé una sorta di “tabula rasa”, un pensiero vergine che entri in sintonia con le piante, gli animali, con la natura nel suo essere e divenire, con la sua dimensione selvaggia capace di collegare l’uomo con la vera parte di se stesso.

Questo è l’Ecuador, la sua immensa e potente foresta amazzonica che ci accoglie a braccia aperte, vita allo stato puro. E io ci sto in mezzo, come in una favola, con il naso all’insù alla ricerca di una nuvola, di una goccia d’acqua o di un pezzettino di cielo che non sembra davvero voler filtrare da quelle chiome immense che ricoprono i miei pensieri liberi.

Camminatori si nasce, non si diventa, diceva Thoreau, e io credo proprio di esserci nata, camminatrice. Qui, in questo posto che solo un Essere Superiore può aver creato, lo spirito d’avventura non è uno scherzo, bisogna fare attenzione a dove si mettono i piedi, foglie, colori e insetti brulicano sotto la terra ricca e affamata di storie. In questo luogo magico, l’unico progresso consentito è dato dalle comode scarpe sportive di ottima marca e dai vestiti che proteggono dal caldo umido. Senza dimenticare poi lo spray per gli insetti. Il resto è io, io a contatto con lei, la Natura, noi, noi due che ci osserviamo, ci scrutiamo, ci parliamo, ci ascoltiamo. Non ci sono alberi piantati dall’uomo, qui, la strada non conduce a un luogo preciso. Ma, direbbero gli africani, “il cammino attraverso la foresta non è lungo se si ama la persona che si va a trovare”.

E io vado a trovare me stessa, quindi il viaggio non sarà lungo. Un po' faticoso magari, ma non lungo. Qui la vita è puro stato selvaggio, è primitiva, grezza, libera, leggera, solare, eccentrica, vera. Qui la foresta è un’irresistibile e potente calamita, un invito a capire come siamo parte integrante di essa, come necessiti di essere protetta, perché preservare lei significa immancabilmente preservare anche noi. La terra non è di nessuno, appartiene a tutti, la foresta insegna. Camminare, poi, è sempre stata la passione di tanti grandi scrittori, da Jack Kerouac a Arthur Rimbaud, Hermann Hesse, Ralph Waldo Emerson o Tiziano Terzani. Quali migliori maestri. I peripatetici Aristotele, Teofrasto e Stratone meditavano camminando.

L’Amazzonia serve anche a questo, oltre a rappresentare il bacino mondiale della biodiversità. Vedo foglie, piante, alberi, arbusti, insetti. Il silenzio è rotto solo da rumori di animali che non si vedono. Sembra silenzio, ma in realtà è un tripudio di colori e un’orda di suoni incomprensibili e variegati. Se, durante il cammino, si incrocia qualche villaggio sperduto, si notano uomini in costumi tradizionali colorati, poncho azzurri, pantaloni bianchi immacolati, cappelli a falda larga, mentre le donne indossano camicette bianche finemente ricamate, con maniche in pizzo e grandi gonne larghe, avvolgenti come le note delle loro canzoni. Una giravolta a mo’ di derviscio e si intravvede una delicata sottoveste lavorata color avorio, collanine di perline avvolgono colli e polsi. Manufatti di lana sono anche qui una vera valanga travolgente di colori, un tripudio che richiama quello della natura circostante. Perché qui c’è simbiosi, si respira all’unisono, si fa davvero parte del tutto. La stessa simbiosi che noto salendo a Luna Runtun, a Banos, dove le accese tonalità dei fiori si confondono con quelle delle pareti, dove i muri ricamati trasudano energia, forza e luce. Su di essi si arrampicano disegni che sembrano arrivare direttamente dalla foresta. Curiosi, simpatici, allegri, eccitanti. Anche le lucertole sono arancioni o rosse. Intense. Un faro nella notte, anch’esse.

Lontana dalla città e dai pensieri, ho la sensazione di aver attraversato il tempo, nella foresta, fino a qui. Sento di aver nuotato attraverso l’energia vitale, di aver sfiorato la potenza che solo la Natura sa dare. In questo cammino ho compreso e sentito l’essenza della filosofia yoga, mi sono sentita uno yogi per un attimo. La compassione, l’empatia, il rispetto, la gentilezza, questi i cardini di questa filosofia. Qui ci sono tutti. Perché, come diceva Henry James, “tre cose sono importanti nella vita dell’uomo. La prima è essere gentili, la seconda è essere gentili e la terza è essere gentili”.