Le Isole Mentawai, sospese tra il mare e la giungla al largo della costa occidentale di Sumatra, ospitano una delle culture più antiche e autentiche dell’Indonesia. I Mentawai, anche chiamati “il popolo dei fiori”, vivono secondo l’animismo: credono che ogni elemento della natura, il cielo, la terra, gli alberi, gli animali, possegga uno spirito vitale, e che ignorarli comporti sciagure o malattie. Al centro della loro vita spirituale c’è Arat Sabulungan, un sistema di credenze ancestrali che onora gli spiriti della natura e degli antenati.
I Mentawai vivono in case tradizionali chiamate Uma, lunghe abitazioni su palafitte, realizzate in legno e foglie, che ospitano anche più famiglie; vi si tengono rituali, riunioni comunitarie e si celebrano le tradizioni tribali. Gli uomini indossano un semplice perizoma ottenuto dalla corteccia di gomma o di altre piante (“kabit”), mentre le donne usano gonna o gonnellini fatti con foglie di palma o banana.
Un elemento culturale tra i più emblematici dei Mentawai è l’arte del tatuaggio. Qui la tatuaggi titi non sono semplici decorazioni, ma riti di passaggio, simboli di appartenenza sociale e collegamento spirituale con la natura. I motivi tatuati riflettono ruoli come cacciatore, sciamano (sikerei), pescatore; possiedono significati simbolici profondi, dalla protezione allo status sociale. Il processo stesso è sacrale: lo sciamano prega sull’inchiostro (a base di carbone, zucchero di canna o foglie), poi il sipatit (l’artista tatuatore) usa aghi, bastoncini e mazzuole per tatuare a mano.
A giugno del 2025 ho avuto la fortuna di passare quasi una settimana nella giungla con alcuni membri di questa tribù grazie all’agenzia Mentawai Tribe, un’esperienza indimenticabile che mi porterò dietro tutta la vita, giorni intensi ma che mi hanno ricordato che basta davvero poco, a volte anche solo vedere un cielo stellato nel cuore di un’isola remota, per essere felici.
4 giorni nella giungla con la tribù
Giorno 1: Padang, Siberut e l’inizio dell’avventura
Mi sveglio all’alba a Padang. Alle 5:00 un furgone organizzato dal tour mi preleva per portarmi al porto, dove un traghetto veloce mi conduce a Siberut, l’isola principale della tribù Mentawai. Dopo una sosta per pranzo in un villaggio di transito, un motocarro tradizionale mi accompagna lungo il fiume giungla, fino al punto in cui inizia il trekking. Lungo il tragitto, il paesaggio diventa più silenzioso e avvolgente, finché non arrivo al cuore verde dove mi attende la famiglia ospitante e lo sciamano, il sikerei. La serata passa velocemente, tra il provare a comunicare con la tribù con le poche parole che ci sono state insegnate prima del nostro arrivo (Anaileuita = Ciao ; Kipa sosoa = Come stai) a mangiare tutti assieme, facendo svanire così l’imbarazzo tra di noi. Andiamo a dormire presto, per avere le energie necessarie per i prossimi tre giorni nel cuore della giungla.
Giorni 2 e 3: immersione totale nella vita tribale
Durante le giornate con la tribù ci siamo svegliati presto con il cinguettio della giungla e abbiamo affiancato i membri della famiglia in ogni attività quotidiana, dal tagliare sago (un cibo tipico composto da amido estratto dal midollo delle palme) alla pesca con le donne del villaggio al preparare veleno per le frecce da caccia. Tra le varie cose abbiamo anche osservato come creano abiti tradizionali: gli uomini con “kabit” ricavati dalla corteccia e le donne con gonne fatte di foglie intrecciate e tuberi lavorati. La vita era molto spartana e ha richiesto molta adattabilità: abbiamo infatti dormito su un materassino con zanzariera, senza elettricità, senza comodità occidentali e con tappi alle orecchie per non sentire il rumore dei maiali che vivevano in uno spazio sotto la capanna. Non sono mancati nemmeno incontri ravvicinati con ragni enormi e serpenti, creature che, di solito, mi paralizzano dalla paura, ma lì, sorprendentemente, sembrava quasi normale imbattersi anche in loro.
Tra le attività più intense, c’è stata la caccia all’alba con gli uomini del villaggio, un momento intenso in cui abbiamo girato tra la fanghiglia alla ricerca di scimmie e volatili, con scarsi risultati. Una delle esperienze più belle è stata sicuramente quella di ricevere un tatuaggio tribale. Io ho scelto una decorazione floreale che indica “una persona che possiede caratteristiche come la bellezza della freschezza e della tenerezza”. Non è stato doloroso anzi, ed è stato bello essere lì tutti riuniti a tatuarci e sentire gli sciamani raccontare aneddoti e cantare per noi.
Le serate le abbiamo passate tutti insieme nella nostra Uma, casa, a mangiare cibo delizioso preparato dal team dell’agenzia, ridere provando a comunicare nella lingua Mentawai e intrattenerci con giochi di magia da parte degli sciamani. Prima di andare a dormire osservavamo il cielo stellato, cercando qualche stella cadente in mezzo all’Oceano Indiano.
Giorno 4: ritorno alla civiltà
La mattina del quarto giorno è stata carica di emozione. Abbiamo salutato la nostra nuova famiglia alle Mentawai, raccogliendo ricordi e comprendendo che quell’esperienza ci ha cambiati. Torniamo sotto il solo cocente lungo il fiume, sul motocarro e poi in traghetto verso Padang, con il cuore pieno di gratitudine per quello che abbiamo vissuto, per le sfide affrontate e nuove prese di coscienza.
Vivere quattro giorni nella giungla con la tribù Mentawai non è un’esperienza turistica: è un’immersione nel tempo, nelle radici dell’umanità. È imparare che ogni gesto, una danza, un tatuaggio, una freccia, porta con sé un significato, una memoria, una connessione con ciò che ci circonda. È la testimonianza che una cultura può prosperare in armonia con la natura, se la rispetti e la ascolti. E io, coinvolta nei loro rituali, li ho ascoltati con rispetto, curiosità e gratitudine, trovando un pezzo di me stessa tra le foglie, i canti, i tatuaggi e i sorrisi della giungla.















