Presidente della Fondazione Milano – Scuole Civiche, ente partecipato del Comune di Milano, che opera nel campo dell’Alta Formazione, Marilena Adamo ha svolto la funzione di consigliere, assessore comunale e capogruppo regionale; nel 2008 è stata eletta senatrice nel Partito Democratico. Pedagogista e docente, si è occupata della formazione degli insegnanti e ha riservato gran parte dei suoi interessi e della sua attività alla condizione femminile.

"Alla mia età qualche bilancio si fa, è ovvio. Anche se a me piace ancora fare progetti e vivermi al presente intensamente, per quanto posso. Ho vissuto una vita in equilibrio tra tante cose: il lavoro e la famiglia, la politica, soprattutto nelle Istituzioni, ma anche amicizie e viaggi. In equilibrio come tante donne della mia generazione tra compiacere gli altri e le loro aspettative e fare liberamente le proprie scelte. Quello che sono e sono stata lo devo a tante persone che mi hanno dato fiducia, che hanno creduto in me, in famiglia e fuori, e al fatto che sono una sgobbona, con un superego piuttosto incombente. È da pochi anni, in realtà, che ho preso davvero consapevolezza del fatto che non posso più pensare di ricominciare da capo, inventarmi altri percorsi e interessi, che sono insomma soprattutto quello che sono stata. Sicuramente ho cercato di essere una persona libera, anche in politica, che in realtà è il filo rosso delle mie tante esperienze, la mia più intensa passione. Premetto che non parlo volentieri della mia vita privata, provo imbarazzo di fronte all’ostentazione di questi anni di tutto ciò che è personale, vedo dell’esibizionismo da un lato e del voyeurismo dall’altra. La gioia è mio figlio, sicuramente; è nato che avevo 35 anni, primipara attempata si diceva ai tempi, prima non mi sentivo pronta a differenza di molte mie amiche. Soddisfazioni tante: da quelle professionali, anche molto semplici da insegnante, quando si vede che la relazione pedagogica ha dato i risultati sperati, a quelle politiche".

La politica, dunque, è stata la sua “più intensa passione”...

Ho fatto sei elezioni con le preferenze e sono sempre stata eletta, a volte con fatica, a volte con bellissimi risultati, ma sempre con la fiducia di tante persone. Questo emoziona tantissimo e naturalmente responsabilizza anche. Delusioni e dolori, in politica certo ce ne sono stati, perché io mi sono sentita sempre, pur liberamente, all’interno di un progetto collettivo, per il bene comune, per la mia città e il mio Paese, per e con le altre donne e quando ci sono stati i fallimenti nonostante i tanti sforzi, l’impegno e l’intelligenza generosa di tante persone, la delusione è stata grande. In questi tempi, ad esempio, mi interrogo molto, con grandissima preoccupazione, su quanto sta succedendo nel mondo e in Europa in particolare. Vede, io appartengo a una generazione fortunata, che ha fatto importanti battaglie e ha cambiato tante cose, ha cambiato la cultura diffusa e il senso comune. Pensi ai diritti civili, alla parità e alla liberazione delle donne, alle tante conquiste sul lavoro, la liberazione dal colonialismo, la pace e il disarmo, l’Europa dei popoli, e sul piano personale l’ascensore sociale che funzionava. Se studiavi, se ti impegnavi, trovavi lavoro, un lavoro e un reddito migliori di quello dei tuoi genitori. Da anni non è più così e davanti ai giovani mille possibilità, ma nessuna certezza, e nubi pesanti, guerre di religione e nazionalismi.

Il suo è stato anche un lungo e intenso percorso nelle istituzioni...

Sì, io ho fatto le tappe lunghe e pazienti che si richiedevano una volta (non a tutti veramente anche allora), in particolare nel PCI nel quale io militavo dalla fine del ‘70. Le due esperienze che mi hanno dato più soddisfazioni sono state il Presidente di circoscrizione e l’Assessore. La prima per il rapporto con le persone e la forte conoscenza del tuo quartiere. Era la zona 8 (allora ce n’erano 20), Affori, Comasina, Bruzzano, 50.000 abitanti, quartieri molto diversi tra loro, alcuni problematici. L’altra esperienza indimenticabile è stata quella di Assessore in Comune. Assessore all’educazione, per me insegnante e pedagogista, una bella messa alla prova. 4.500 dipendenti allora, la seconda voce di spesa corrente del Comune. Ancora oggi, dopo tanti anni, con i tanti diversi ruoli che ho ricoperto, l’ultimo quello di Senatrice, forse considerato più prestigioso, quando giro per Milano mi sento chiamare da qualcuno “Assessore” e mi fermano per ricordare quegli anni e le cose fatte insieme.

E il suo impegno come donna?

Ultimamente si è ricordato il processo della Zanzara, il giornale del Parini, il mio liceo, e mi sono ritrovata a parlarne, anche con delle giovani cui sembrava raccontassi della Prima guerra mondiale. Era il 1966 e io avevo 16 anni. Al Parini, come negli altri licei, le ragazze indossavano il grembiule nero, la minigonna, appena arrivata dall’Inghilterra non si poteva portare; la legge che regolava i rapporti in famiglia prevedeva un Capofamiglia, cui spettavano le decisioni sui figli, prevedeva anche il delitto d’onore, e lo stupro era un reato contro la morale. Sul lavoro molte carriere erano precluse alle donne. In quello stesso anno una giovane donna in Sicilia, Franca Viola, rifiutò il matrimonio riparatore e portò i suoi stupratori a processo. Giustamente quell’episodio è considerato l’inizio simbolico della liberazione femminile, almeno in Italia e le tappe di quel percorso sono un pezzo importante della mia vita.

Oggi le giovani donne vivono un clima culturale completamente diverso, sia in termini di emancipazione e parità che di libertà. Anche i rapporti uomo-donna nel privato sono molto cambiati, a guardare anche come gli uomini vivono la paternità. C’è da essere tranquille quindi? No. Prima di tutto perché in alcune aree del Paese e in alcuni gruppi sociali non è affatto così e i padri-padroni o i mariti-padroni incombono pesantemente sulla vita delle donne. Più in generale, i confronti con gli altri Paesi europei del centronord ci vedono ancora distanti negativamente. Prendiamo ad esempio le carriere: oggi troviamo donne dappertutto, tantissime in magistratura, ad esempio, e perfino nelle professioni tecniche e scientifiche, con splendidi risultati. Difficilmente le troviamo ai vertici. Potremmo dire che dove si entra e si fa carriera per merito, ci sono le donne, dove si arriva per cooptazione in ambienti occupati da lobby maschili si resta fuori. Anche in questo caso sono state conquiste legislative condotte da donne a produrre cambiamenti, come nel caso dei consigli di amministrazione delle società. Mi riferisco alla legislazione in questo, come in altri settori, delle cosiddette quote, che io preferisco chiamare invece politiche antidiscriminatorie.

Le donne si sono stancate di dover continuamente dimostrare di essere più brave, di lavorare il doppio... Sicuramente molti uomini sono in crisi di fronte alla libertà femminile e ancora non accettano quella che è stata giustamente chiamata la principale rivoluzione del secolo scorso. Da alcuni questo spaesamento maschile viene invocato per giustificare l’altro terribile fenomeno di questi nostri tempi, il femminicidio o comunque i maltrattamenti psicofisici. Una nuova sottile forma di colpevolizzazione femminile. Ma credo che giustamente la riflessione e l’iniziativa dei gruppi femministi oggi sia orientata anche ad affrontare su un piano diverso i rapporti con gli uomini, ad entrare in una nuova relazione che li aiuti a guardarsi dentro, a fare essi stessi quella riflessione che fecero le donne su se stesse cinquant’anni fa. E infine l’altra frontiera, oggi, è quella del confronto molto più vicino con le altre culture e religioni, proprio sul ruolo della donna, con problemi per alcuni aspetti inediti.

Donna milanese tra le milanesi...

Di tutto quello che abbiamo ricordato Milano è sempre stata avanguardia ed esempio di realtà avanzate e contraddizioni. Se esiste uno stereotipo della donna milanese, esso ha un fondamento storico e sociale molto forte. Come in tutte le città europee a forte vocazione industriale e commerciale, le milanesi lavorano: basti pensare che dalla seconda metà dell’Ottocento esistono e operano organizzazioni femminili forti e autorevoli, che hanno portato avanti battaglie di emancipazione e di liberazione, dalle tutele sul lavoro e la parità salariale, al diritto di studio a quello di voto. È la città di Anna Kuliscioff e della Mantegazza, di Bianca Mozzoni e della Majno, per citare solo alcune delle tante a cui di recente Milano ha dedicato la giusta memoria e riconoscenza (prima di questa amministrazione solo il 5 % delle vie era dedicate a donne, tra cui sante e madri di uomini illustri). Studiano con risultati brillanti, lavorano e sono cittadine partecipi ed esigenti: la rete di servizi di conciliazione, che credo sia una delle migliori d’Italia, non basta mai e giustamente. Sono le donne ad essere promotrici e attive nei comitati genitori e in quelli di quartiere, con alterne vicende in politica - ma oggi chi si azzarderebbe a Milano a non dare posti di responsabilità a donne nella Giunta municipale? Animano e dirigono le tante realtà di quel volontariato per cui si dice Milano essere la capitale d’Italia. Che dire ancora? Faticano? Sì, soprattutto, naturalmente, le meno fortunate e le più giovani con meno tutele per la maternità, che esistono sulla carta certo, anzi recentemente sono state estese anche a categorie prima non tutelate ma, con la crisi economica e occupazionale, in molte non se la possono permettere; faticano, ma vanno avanti. Oggi e domani...

Sono in pensione, mi occupo di più dei miei cari, ma anche delle mie due passioni. La politica, come semplice militante del PD, e la formazione. Sono Presidente di Fondazione Milano scuole civiche, chiamata da Pisapia a dare una mano come “volontariato civico”. Le scuole di alta formazione di Fondazione Milano sono 4, Musica, Teatro, Cinema e Traduttori e Interpreti. Qualcuno mi chiede, quando mi vede troppo impegnata in questo incarico o preoccupata, “ma chi te lo fa fare?”, rispondo semplicemente “perché mi piace”. Mi piace stare in mezzo ai giovani e ai loro docenti, esplorare mondi che prima non conoscevo, migliorare per quanto è possibile, offrire nuove opportunità, sono onorata di presiedere una istituzione del mio Comune. Oppure semplicemente perché sono una donna milanese, “sun minga bona de sta a ca mia”.