Il terzo progetto espositivo di Camera, Centro Italiano per la Fotografia, inaugurato lo scorso ottobre a Torino, è dedicato alla mostra di Francesco Jodice intitolata Panorama, fino al 14 agosto 2016, la prima ricognizione sulla carriera del noto fotografo e filmmaker, nato a Napoli nel 1967. L'ampia retrospettiva ripercorre 20 anni della sua storia eclettica, centrata sull'investigazione dello scenario geopolitico contemporaneo e sviluppata attraverso tutti i linguaggi visivi, dalla fotografia al video fino alle installazioni.

“È un’esposizione costruita sulla base dello spazio”, spiega il curatore Francesco Zanot. E Francesco Jodice precisa: “In questa mostra abbiamo deciso di fare un percorso inverso cercando di introdurre opere che respirassero con lo spazio, in linea con le idee dello storico dell'arte svizzero Harald Szeemann sulla creazione delle mostre”. E sono sei i progetti esposti che narrano la sua carriera dagli esordi fino ai lavori più recenti in un percorso che evidenzia come nuclei tematici la partecipazione, il networking, l'antropometria, lo storytelling e l'investigazione.

Lo spazio dedicato a Panorama, a cura dell'Architetto Roberto Murgia, accompagna il visitatore in un corridoio lungo 40 metri dove si accumulano in una specie di background firmato da Jodice mappe, provini, filmati, libri, ritagli di giornali e immagini di backstage. "È una sorta di landmark di questo luogo, una struttura modulare che raccoglie schemi e libri, in pratica una sezione laboratorio o meglio, una raccolta di quello che noi chiamiamo materiali che inducono lo spettatore ad adottare anche lungo il tragitto della mostra un atteggiamento sia contemplativo che partecipativo" spiega l'artista.

E per sottolineare la scelta di una narrazione insolita e non tradizionale, ma dettata da intuizioni e deviazioni, le sale espositive sono in comunicazione con il corridoio attraverso varie porte e passaggi lasciando alla fantasia degli spettatori una linea di visita personalizzata. “C'è una mancanza di cronologia e ciascuno può attraversare la mostra seguendo le proprie aspettative” puntualizza ancora Francesco Jodice. Nello spazio di Camera si susseguono i temi complessi del lavoro di viaggiatore instancabile qual è l'autore. A partire dalle 150 metropoli del progetto What We Want, 1995-2016, un atlante fotografico sull'evoluzione del paesaggio sociale che inizia nel 1996 ed è tuttora un work in progress, dove alle immagini alle pareti si affiancano due grandi libri, contenitori di tutti questi viaggi.

The Secret Traces, 1997-2007, è invece una videoinstallazione sincronizzata su più schermi. Jodice qui indaga sul senso di appartenenza alle comunità urbane. “Ho studiato il concetto di cittadinanza. Benché noi facciamo più meno tutti le stesse cose nel nostro quotidiano, da New York a Milano o a Perth in Australia, in realtà poi c’è un umore o una condizione atmosferica che fa di noi un newyorkese o un milanese. Per cercare di produrre una specie di caleidoscopio di questa contemporaneità messa a confronto ho assunto un comportamento da detective. Ho fatto 27 pedinamenti in cinque continenti, nascondendo una piccola telecamera nel marsupio. Ma è un’investigazione del quotidiano, un pedinamento della normalità, come un caleidoscopio di comportamenti dove le figure diventano un pretesto per vedere la diversità della semiotica del paesaggio. Questo progetto sembra un progetto video, ma è invece un progetto di fotografia”.

Ritratti di classe è un album di fotografia nel quale l'artista ha scattato le classiche foto di classe per catturare un'immagine dell'Italia futura mentre Citytellers, 2006-2010, punta ai mutamenti delle maggiori megalopoli contemporanee come San Paolo, Aral e Dubai creando una forma di documentario a cavallo tra l'arte e la comunicazione di massa. Con Solid Sea, 2002, e The Room, 2009-2016, si completa un itinerario visivo di un'esposizione che a detta dello stesso Francesco Jodice “è da un lato estenuante perché richiederebbe tante ore per vederla in modo esaustivo, ma è anche un gioco nelle mani di chi guarda”. Una pubblicazione edita da Mousse e realizzata in un volume di sole immagini e didascalie accompagna la mostra.