Erina Gambarini, dopo una precoce carriera come soprano e lo studio del pianoforte con il padre Guido, nel 1989 ha fondato il gruppo corale Canticum Novum e dal 2007 è direttore del Coro sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, collaborando con i più importanti complessi sinfonici italiani e con i più affermati direttori d’orchestra europei.

Cosa si sente di raccontarci di lei (gioie e delusioni, sogni e realtà, piacere e dolore …)?

Ogni persona racchiude in sé un mondo di sentimenti e di emozioni che questa domanda mi permette di condividere. Sono cresciuta in una famiglia affettuosa in cui la condivisione era fondamentale. Da piccola tutto gravitava intorno all'attività di papà, insigne musicista, che seguivo con entusiasmo. Anch'io ho voluto creami una famiglia con cui crescere e condividere le cose che amo e con determinazione e dedizione mia ,di mio marito e dei miei figli penso di esserci riuscita. I dolori ti temprano, ti fanno crescere nel momento che mettono in crisi le tue certezze: la morte di mio padre fu il primo, profondo dolore, poi le gelosie delle compagne di scuola per i miei successi alla Piccola Scala (a 13 anni ho cantato come solista nel Giro di Vite alla Piccola Scala appunto, prima voce bianca assoluta a ricoprire il ruolo di Flora). Le delusioni sono arrivate più dalle persone che da fatti concreti, ma si sono rivelate essere fonte di altrettante opportunità straordinarie. Sono una persona fortunata.

Pensando alla donna odierna: liberazione, integrazione, o …

La donna di oggi deve ancora troppo soffrire e troppo impegnarsi per convincere di quello che sa fare e quanto vale... intendo per ogni tipo di carriera... tante riescono anche grazie al supporto di altre donne forti, che infondono loro coraggio: le mamme, le nonne. Anch'io ho avuto la fortuna di avere il sostegno di mia mamma, mia sorella e anche di mia suocera! Gli uomini in questo senso, ovviamente escludendo i miei uomini di casa, sono, oserei dire, un po’ addormentati?!

Donna e/è potere?

La donna di potere... per me subisce lo stereotipo maschile dominante. Si abbassa a diventare più squalo degli squali, a far diventare proprie le graduatorie di valore convenzionali in un mondo maschile, con l'aggravante che spesso le donne fanno guerra tra loro, cosa che gli uomini evitano, sanno fare gioco di squadra. Certo hanno avuto tempi lunghissimi per allenarsi a questo e anche qui noi siamo chiamate a saltare le tappe: la solidarietà tra donne deve migliorare sia nella quantità che nella qualità.

Stereotipo e realtà della donna milanese…

Le donne manager sono ben integrate nel complesso gomitolo che riunisce lavoro, politica e società, sono molto produttive, padrone delle lingue, curano la loro immagine con pratica eleganza, proiettate verso il mondo, ma forse non ancora abbastanza coscienti del grande valore della cultura, quindi non molto disposte a investire su essa. Ma incontro anche una vastissima fascia di donne che cerca di non perdere alcuno degli stimoli culturali che offre la Grande Milano, sono amanti dell’ambiente e dello sport, sono curiose e infaticabili, coordinano tutto e tutti con generoso slancio, sostengono le cause in cui credono: sono stimolate e stimolanti.

Come rappresenterebbe il rapporto donna-uomo contemporaneo: confronto o scontro?

Tra donne e uomini è ancora scontro.Forse perché non abbiamo la stessa tranquilla consapevolezza del nostro valore e quindi siamo sulla difensiva ? Gli uomini hanno qualità di self-confidence che sono ancora da raggiungere per la stragrande maggioranza di noi; certo, hanno goduto di un'influenza culturale positiva secolare! Sta a noi credere per prime nelle nostre capacità e impegnarci perché le nuove generazioni crescano senza questo retrogrado condizionamento.

Sessualità, maternità, lavoro: tre fili che s’intrecciano, confliggono o si elidono?

Penso che oggi molte donne mettano al primo posto la carriera, poi si rendono conto che il tempo è tiranno e cercano di porre rimedio a questa situazione, cosa non facile ! È necessario che ognuna di noi segua i suoi tempi e decida come esprimere al meglio le proprie capacità e la propria identità. Facendo i salti mortali e a volte con discreto stress, mi sono impegnata per perseguire tutti e tre gli obiettivi e ne sono felice e orgogliosa: ho un marito eccezionale che fa il tifo per me, due figli fantastici, una nipote di cui sono orgogliosa nonna.

È maestra e direttrice di un importante coro, impegno che implica anche il sapere impostare e fondere voci e persone diverse per farle diventare un “unicum”: quali sono i dettami e le doti umane necessari per tessere questa trama?

Ho avuto il privilegio di conoscere, studiare e lavorare con straordinari maestri: è stato faticoso tenere il passo, ma meraviglioso. La preparazione musicale è basilare, ma non basta. Insegnare note, ritmi, testi, fraseggi, può essere semplice, ma saper toccare le corde della sensibilità, l'anima di ogni corista, liberare sensazioni e sentimenti nel canto, condurre il coro ad essere strumento consapevole di comunicazione emozionale si ottiene solo con la psicologia e ponendosi in prima persona in gioco, offrendo tutto il bagaglio di analisi e di interpretazione in modo autentico e coinvolgente.

Il canto corale nasce, praticamente, con la civiltà umana…

Il canto corale è il frutto della condivisione, è il dilatarsi delle emozioni, il moltiplicarsi della sensibilità: questa amplificazione dei sentimenti e degli stati d'animo è di tutti i tempi, senza eccezione anche dei tempi moderni.

Ha collaborato con molti affermati direttori d’orchestra, ci può parlare di qualche incontro particolarmente fecondo?

Teresa Stich-Randall, mia straordinaria insegnante di canto, famosa interprete mozartiana. Il M. Gandolfi, che ha segnato profondamente la mia crescita professionale, musicista di eccezionale raffinatezza tanto quanto semplice nei modi, umanamente ricco, sensibile. Claudio Abbado, che dirigeva quasi invitandoti a proporre la tua parte musicale intrecciandola con quelle degli altri, in modo naturale e concertante: ti faceva sentire parte di un momento privilegiato. Riccardo Chailly, che trasmette un'energia catalizzatrice che ti coinvolge totalmente, che ti tiene con il fiato sospeso, concentrato nel seguire il cammino che ti indica con gesto efficace e chiaro, proponendo guizzi espressivi sorprendenti che ti catturano fino alla fine.

Ha diretto, oltre che nell’Auditorium di Milano, sede dell’orchestra Giuseppe Verdi, anche in prestigiose altre sedi, come La Scala, il Duomo di Milano, la Sala Nervi di Roma, ecc. Quali ambienti le hanno suscitato profonde emozioni?

L'Auditorium Fondazione Cariplo, sede dell'orchestra sinfonica e del coro sinfonico Verdi è una sala dall'acustica eccezionale, che ci viene richiesta per incisioni da varie case discografiche: ci ha viziato ed è un privilegio fare concerti lì. Resta però chiaro che ogni concerto è per me un'emozione diversa. La Scala: iI teatro lirico del mondo! La Sala Nervi, gigantesca: mi sembrava impossibile poter far arrivare anche nelle ultime file il Canto del Destino di Brahms: che sfida!!! Il Duomo di Milano, al contrario, tutto sviluppato verso l'alto, cattura il suono nelle fughe di archi gotici sulla sommità delle colonne, altissime ,una sfida verso il cielo: la musica rimbalza e si rincorre liberamente e pericolosamente: non bisogna seguirla lassù, si rischia di perdersi... un'altra straordinaria sfida!

Fa parte della “famiglia” musicale dell’Orchestra Giuseppe Verdi di Milano, ci può parlare della storia di questa associazione e del suo ruolo nel panorama musicale milanese?

La Verdi è nata come orchestra di giovani, per dare sbocco professionale agli allievi diplomati del Conservatorio G. Verdi, vista la chiusura dell'orchestra sinfonica della Rai di Milano e dell’orchestra dell’ Angelicum. Sostenuta da privati ,è cresciuta qualitativamente man mano fino al '98,anno in cui accetta di venire a dirigerla Riccardo Chailly, che ne sarà per 7 anni il Direttore musicale. Nello stesso anno viene fondato il Coro Sinfonico, diretto dal M. Romano Gandolfi, già direttore del coro della Scala. La Verdi, come è chiamata in primis dal suo pubblico, è andata sempre crescendo di qualità e effettua tournée in Europa, in Giappone, in Sudamerica ecc., quasi sempre coro e orchestra insieme. L'attività de La Verdi si è allargata arrivando ad offrire una stagione sinfonica che dura tutto l'anno, aggiungendo anche proposte collaterali; corsi per cori di voci bianche e stonati, orchestra dei bambini, orchestra amatoriale La Verdi per tutti; e stagioni collaterali: musica da camera, Crescendo in musica, La Verdi Barocca. Si capisce da tutto ciò che l'incidenza di un’attività così ricca e poliedrica sulla città è molto alta. La Verdi si propone come qualificato servizio, a disposizione di tutti coloro che amano la musica e come punto di incontro con essa per coloro che sono anche solo curiosi di avvicinarla. Il pubblico fedele e numerosissimo de La Verdi è il segnale che la sua funzione è efficace, speriamo che se ne rendano conto anche i politici per garantire a questa istituzione di continuare sempre meglio il suo lavoro.

Milano si può definire una città amante della musica e dei musicisti?

Milano è sicuramente città amante della musica e dei musicisti, ma ha sofferto della malattia tipicamente italiana di un compiaciuto immobilismo, cosa che non conosce in ambito tecnologico e industriale. Mi pare che negli ultimi tempi le cose si muovano: Milano merita vivacità di confronto, innovazione e fantasia, deve tenere il passo con le altre grandi capitali europee!

Se dovesse eseguire un’opera corale in un ambiente, luogo, chiesa, palazzo milanesi, al di fuori di quelli “classici”, quali sceglierebbe?

Ho eseguito concerti in tre meravigliose chiese sconosciute ai più: S. Gottardo dietro Palazzo Reale, S. Antonio vicino a via Larga e S. Maria dei Miracoli presso San Celso, ricche di opere d'arte, con acustica bellissima: Milano ha ancora molto da far scoprire di sé!

Il segreto di cantare in coro…

Penso che cantare in coro, oltre che dare grandi emozioni a chi lo fa e a chi ascolta, sia un modo straordinariamente educativo di convivenza. È fondamentale respirare insieme, sentire la musica insieme, non rimanere indietro e non uscire dal gruppo, misurarsi con chi è più dotato di te e chi ti sprona ad essere di stimolo a chi è meno dotato. Tutto tenendo d'occhio la musica e le sue esigenze: una volta che ognuno ha trovato il suo "posto" può attingere alle emozioni nel profondo del cuore e lasciarle fluire, perché la musica è comunicazione. Ecco perché penso che il canto corale sia il mezzo più idoneo per coinvolgere e avvicinare alla musica ognuno fin da piccolo, non importa se stonato.