Profumo di erbe in una sera primaverile;
fiori di pesco galleggiano sul fiume.
Ho abbandonato ogni furbizia umana;
non mi stanco di contemplare questo paesaggio.

(Daigū Ryōkan)

È questo il tempo nel quale la Natura ci rammenta che la bellezza torna a nascere dall’odore umido delle foglie ingiallite e che nel silenzio scuro della Terra riposa il suono che, al momento opportuno, farà udire la propria voce in una mirabile armonia di colori.

Occorrono attenzione e ascolto per cogliere i piccoli, discreti segni che la Natura inizia a mostrare al nostro distratto sguardo sempre affaticato dal rumore incessante dei pensieri che combattono anche quando siamo fermi, immobili, apparentemente nella quiete, anche quando camminiamo senza una meta o crediamo di stare in silenzio.

La Natura è paziente, la Natura conosce il rispetto che raccoglie lo sguardo come in uno specchio per vedere gli occhi dell’altro riflessi nei propri. La Natura sa aspettare.
Soltanto quando l’oceano è calmo e quieto riusciamo a vedere la luna che vi si riflette (*).

È questo il tempo nel quale la memoria dell’olfatto, la più intensa ed antica, riconosce i profumi che annunciano l’attesa di nuova vita, che preparano la meraviglia della rinascita e la certezza che ogni cosa si compirà secondo l’immutabile ritmo che scandisce l’avvicendarsi delle stagioni.

È tempo di osservare il rinnovato scorrere dell’acqua che, nel suo andare, in continuo mutamento, ci ricorda di non rimanere avvinghiati alla forma del nostro essere, all’immagine che talora ci cuciamo addosso e che, come un abito divenuto troppo stretto, non permette al nostro corpo di attingere al respiro profondo dell’Universo, di trarne alimento sapienziale, nutrimento puro e in incessante trasformazione.

È tempo di ascoltare la voce del vento, del tuono, degli animali, della pioggia che, in una lingua senza parole, ci spalancano orizzonti percettivi capaci di ridare forza creatrice ad una sensorialità appannata dal contatto sempre meno diretto ed esperienziale con le cose.

È tempo di lasciarsi attraversare da stupore e meraviglia, consapevoli di cosa sentiamo, non solo di cosa pensiamo (*).

È tempo di osservare le stelle e le nuvole.

È tempo di svelare segreti.

È tempo di tornare a guardare con gli occhi liberati dal desiderio di fermare le immagini, di possederle e rinchiuderle in fotogrammi “postabili”.

È tempo di spegnere la musica che martella senza tregua le nostre orecchie che hanno dimenticato di essere state un tempo i simboli preziosi dell’ascolto divino, le grandi conchiglie aperte ad accogliere il silenzio risonante delle sillabe prime, delle vibrazioni originarie.
Se sei seduto all’aperto, se presti attenzione alla luce del sole e respiri tranquillamente, riesci a sentire il canto dell’aria (*), puoi ascoltare in profondità e così ti accorgi di ogni percezione.

È tempo di camminare ascoltando i nostri piedi che si posano sul terreno con rispetto per i fiori che si preparano a vedere la luce, per i fili d’erba che si tingono di verde.

È tempo di lasciar cadere il pesante carico dell’inverno per aprirsi alla fiducia e alla speranza, i sentimenti che la vita ci dona perché ad ogni primavera possa rinnovarsi il miracolo.

È tempo di leggerezza, di desideri e di sogni ed è tempo di assecondare le parole che sentono forte il richiamo di altre parole, che vogliono fluttuare nell’incantato universo dei sentimenti e delle emozioni, là dove le voci si accordano per intonare canti di gioia, suoni di festa, ballate d’amore.

È tempo di lasciare che le parole fluiscano lievi, senza il peso della mente che vuole disporle come un drappello schierato per difendersi dall’attacco del nemico.

È tempo che il respiro dia loro la voce perché possano salire e disperdersi nell’aria, rincorrersi per raggiungere o inseguire altre parole, come macchine volanti che portano i nostri desideri e i nostri pensieri più generosi: le parole pronunciate con gioia, aprendo il cuore, arrivano lontano come quelle che in passato venivano legate agli aquiloni per condurre in cielo i messaggi che gli uomini volevano far giungere alla divinità.

E mi piace pensare le parole come aquiloni che si librano gioiosi nell’etere accompagnati dalle intenzioni di chi li guida andando incontro al proprio sogno di volare. Prendono la forma di animali fantastici, ma più spesso sono triangoli di carta variopinta che simboleggiano l’incontro fra le tre forze cosmiche: Cielo, Terra, Uomo.

È bello far volare gli aquiloni e sentire il loro strappo all’estremità della cordicella. Talvolta il vento è così forte che quasi ci solleva dal terreno, ma se il vento non sostiene il nostro aquilone nella direzione che vorremmo non possiamo imporci alla sua potenza, possiamo solo armonizzarci al suo ritmo.

È tempo di riprendere i viaggi per mare, di approdare sull’isola che custodisce misteriosi giardini odorosi di gelsomino dove donne antiche raccontano storie mai udite: le loro voci fanno apparire altri mondi, li attraversano con passo gentile, li illuminano di verità.

Ecco, due fanciulle passeggiano in riva al mare, ridono cercando di scansare l’acqua che vorrebbe bagnare i loro piedi; le loro vesti chiare sono attraversate da un tiepido sole.

Sono Alma e Olga: qui, nella grande casa sull’isola, attendono il ritorno del verbonauta cercatore di parole. Marinaio, pescatore, antico eroe salvatore di mondi, egli si spinge in terre lontane per ritrovarle: a volte sono ferite, fatte a pezzi, spesso senza più vita. Tutte vengono raccolte amorevolmente e portate nella casa sul mare dove le donne se ne prenderanno cura e ridaranno loro nuovo vigore. Una volta ristabilite saranno libere di rimanere lì o di tornare nel mondo.

Ad ogni approdo il verbonauta sosta per riposare prima di riprendere il viaggio.

Alma: Quando credi che tornerà?
Olga: Non so quando tornerà.
Possiamo solo aspettare.
Alma: Ma sarà riuscito a raggiungere la casa costruita sull'albero?
Soltanto da lì può vedere l'orizzonte e interrogare il profeta.

Olga: Non temere! Il suo piccolo amico gli avrà fatto da guida anche questa volta. I bambini sanno viaggiare sugli aquiloni, attraverso le foreste, sugli elefanti di porcellana e dormire nel nido di un passerotto.
Angelo gli avrà dato il messaggio scritto sulle foglie di palma.
I suoi desideri avranno raggiunto la stella del mattino. Il genio sarà entrato nel suo sogno e tutti i prodigi si saranno compiuti.
Alma: Allora tu credi che sarà felice?
Olga: No, sarà orgoglioso di aver obbedito al suo destino ma non può essere felice lontano da qui.
Alma: Attenderemo che il viaggio si compia.
Olga: Prima o poi arriverà e si siederà con te sul grande sasso a guardare le nuvole.
Alma: Si muoveranno piano piano a creare velieri che percorrono oceani sconfinati e cavalieri che sconfiggono mostri.
E poi quando il vento si sarà placato entreremo nel giardino segreto attraverso il cancello nascosto sotto la pianta di alloro.
Cammineremo lungo il sentiero protetto dai rami dei gelsi e forse potremo raccontarci qualcuna di quelle belle storie che il calare del sole interrompeva ma che non potevano finire.
Olga: Ora sediamoci e riprendiamo a leggere il suo diario di viaggio.

Oggi è il primo giorno di Marzo
Mi è tornata alla mente la frase di un vecchio film: "il dolore che non parla sussurra al cuore oppresso e lo spezza". E io ho il cuore gonfio.
A volte penso di essermi assunto un compito troppo arduo. Sono stato temerario, incosciente o folle?
Se chiudo gli occhi sento i passeri che si rincorrono fra i rami e vedo i fiori della grande magnolia. Il loro profumo è così intenso ed inebriante! La loro bellezza dura soltanto un giorno. E perché mai dovrebbe durare più a lungo?
A volte quando fatico a trovare le parole o mi sfuggono quelle che credevo di aver già raggiunto mi siedo nella grande cucina, cerco di ricordarne l'odore, di sentire il caldo del grande camino e aspetto. Aspetto che tornino le immagini di un pomeriggio attraversato da vecchie canzoni. Le loro parole sembravano così prevedibili eppure non potevamo evitare la commozione. I nostri sensi sono sempre più coraggiosi della presuntuosa macchina dell'intelligenza
.

Dobbiamo ricordarci di staccare i frutti del melograno quando saranno maturi.

Alma: Quando apriremo la prima mela conteremo i chicchi e li divideremo per tre. Sette li getteremo in acqua, altri sette li affonderemo nella terra e sette saranno per il primo quarto di luna.
Olga: Ho paura che la nostalgia approfitti di noi e riesca a farmi piangere.
Alma: E perché mai dovremmo temere le lacrime? Non sono altro che le parole che il cuore non riesce a pronunciare. E noi siamo amiche delle parole.
Olga: Adesso tutto è pronto.

(*) Thich Nhat Hanh, "Il dono del silenzio"

A cura di Save the Words®