Il lavoro di Marco Rea “sorge” dall’intervento pittorico con bombolette spray sulle immagini patinate di cartelloni pubblicitari, poster, manifesti cinematografici, ecc., e sulla loro veicolazione di messaggi di desiderio di possesso e di fascino legati alla vendita di un prodotto. L’intervento di Marco è nella rimozione del prodotto da questa immagine e nella creazione di un'atmosfera che evoca la bellezza e il desiderio di una dimensione “altra”, fatta di luce vitale, di sguardi sfuggenti e di passioni ossessive.

Intimità, pensieri e sogni, esplorazioni e spazi mentali... bellezza e desiderio di un continuo cercarsi, indagarsi, esplorarsi. Le creature delle opere di Marco per me hanno la sofficità del gesto che una donna compie di fronte a uno specchio, il gesto di “toglier via” il trucco dalle labbra, dagli occhi, dal viso... e sono intrise dell’odore che ha un batuffolo di ovatta imbevuto di un “cosmetico” difficilmente reperibile sul mercato: il senso di libertà... la magia dello svelamento.

“Quando un maestro indossa una maschera, questo non significa che mette la sua maschera sul suo viso, ma si intende che egli mette il suo spirito nella maschera”. Anni fa lessi questa frase e ne rimasi colpito: in generale si è portati a pensare che indossando una maschera il nostro essere venga annullato, mentre in realtà emerge la nostra vera essenza, la nostra anima. Attraverso la maschera le creature delle mie opere non si nascondono ma si svelano.(M. R.)

Chi è Marco Rea?

Un divoratore di emozioni. Un insoddisfatto cronico. Un uomo che osserva il mondo con gli occhi di un bambino e che ogni volta ne rimane affascinato.

Come sei approdato all’arte, e in che modo l’arte ti si è presentata?

Ho sempre amato disegnare, dipingere, sporcarmi le mani con il colore ma ho capito cos'era davvero l'arte davanti alle opere di Egon Schiele e ho ceduto l'anima a essa dopo aver scoperto Francis Bacon.

Cosa, del mondo che ti circonda, attrae la tua attenzione e cosa riesce ad avere un effetto tale da influenzare la tua ricerca artistica, e cosa influenza te?

Mi piace ammirare le piccole cose e forse curarmi poco delle grandi. Spesso rimango affascinato delle creazioni del tempo: ruggini, muffe, calcare ecc... allo stesso modo nutro un grande interesse per i volti delle persone e per quelle piccole imperfezioni che rendono un viso unico e particolare. Probabilmente il mio lavoro viene anche influenzato da tutto questo ma sento di poter dire che qualsiasi cosa può influenzarmi; credo che un artista sia sempre costantemente ossessionato dalla propria arte e che catalizzi ogni cosa facendola diventare spunto per la propria ricerca.

Attraverso quale dei cinque sensi entri in relazione con il mondo, e quale utilizzi più frequentemente, più volentieri e con più familiarità quando lavori?

Potrà sembrare scontato ma sicuramente la vista, amo osservare il mondo, i suoi spostamenti, il suo scorrere. Mi pongo spesso come uno spettatore esterno, mi diverte osservare le persone e immaginare vite, storie, mondi. Allo stesso modo osservo molto anche le mie opere, passo molto tempo a contemplarle durante la creazione.

Che approccio hai con la materia per arrivare agli aspetti contenutistici e concettuali delle tue opere?

Il mio lavoro è caratterizzato dall'utilizzo di bombolette spray sopra manifesti pubblicitari, mi sono approcciato a questo strumento dopo aver trascorso diversi anni facendo graffiti sui muri della mia città, mentre l'approccio all'utilizzo dei manifesti come supporto è stato quasi ovvio. Vivendo in una città come Roma sono sempre stato circondato da cartelloni pubblicitari e utilizzarli per creare qualcosa di mio è stato per me un passo naturale.

Il tuo lavoro nasce dall’impulso che segue a un’idea o a una necessità? C’è un filo conduttore che ti porta a tessere la trama delle tue opere?

Sì, il mio lavoro nasce assolutamente da un impulso, mi piace affidarmi all'istinto. Quando inizio una nuova opera ho in mente alcune idee generali ma poi lascio che l'istinto faccia il resto, la creazione è come una danza o una lotta o fare l'amore. Il mio impegno consiste nel bilanciare la razionalità e l'istinto creativo, lo “sporco” e l'elegante, il figurativo e l'astratto e tutto questo può essere considerato come il filo conduttore del mio lavoro.

Nella resa finale di un progetto artistico quanto peso hanno la pianificazione e la ricerca e quanto è imputabile, invece, all’imprevedibilità?

Come ti dicevo amo affidarmi molto all'istinto e quindi all'imprevedibile, lascio che il fattore imprevedibilità abbia un margine molto alto, mi affascina non poter gestire a pieno ciò che intendo fare. Lottare con il caso e con il colore fino a far nascere un volto in grado di emozionarmi. Questo non esclude la ricerca, che è sempre costantemente presente e molto importante. Non mi piace rimanere fermo sui miei passi, amo ricercare sempre nuove forme creative (anche se fondamentalmente la tecnica rimane quella) e stupirmi di volta in volta di nuovi orizzonti e nuove possibilità. Inoltre di base c'è sicuramente una buona conoscenza dell'arte e dell'estetica contemporanea.

C come consapevolezza, M come memoria, P come persona... che significato hanno queste parole nella tua ricerca artistica?

“Consapevolezza” è la morte.
“Memoria” è ciò che sconfigge la morte.
“Persona” è ciò che sono e che siamo, con le nostre fragilità, paure, sogni e desideri, inoltre è una parola che ha sempre avuto per me un enorme fascino. Nella sua etimologia c'è un duplice significato: sia volto di un individuo che maschera dell'attore.
Le mie opere vorrebbero essere esattamente questo, una sorta di maschera adattabile a qualunque viso, come se chiunque si fermasse a osservare i volti che ritraggo potesse per qualche strana magia vedersi raffigurato in essi.

Quali delle tue opere ci proporresti come punti di snodo fondamentali nel tuo percorso?

Ogni opera è un ingranaggio fondamentale del mio percorso, anche quelle che ho distrutto perché non mi soddisfacevano, anzi forse quelle sono le più importanti perché spesso dagli errori sono poi nati diversi spunti fondamentali del mio percorso.

Cosa c’è di importante per te che vuoi che le tue opere dicano a te stesso e a chi le osserva? Quali sensazioni prova il tuo corpo quando hai la consapevolezza di aver raggiunto questa meta?

Mi interessa che le mie opere prima di tutto sappiano “dire”, sappiano comunicare forze ed emozioni. Vorrei che sapessero andare oltre quel bello banale cui siamo troppo abituati. Se penso a cosa sia l'arte sicuramente non penso al concetto di “bello”, basta guardare i più importanti artisti del '900, Duchamp, Picasso, Warhol, Bacon in nessuno di loro è presente quel “bello” monotono e scontato a cui ci sta abituando la nostra società e da cui io vorrei rifuggere. È difficile, forse impossibile, spiegare cosa prova il mio corpo quando ho la consapevolezza di aver creato qualcosa di importante: è un misto di eccitazione, stravolgimento, sfinimento, benessere, mi sento pieno e svuotato al tempo stesso.

Come sai che sei un’artista?

Se non lo fossi per quale motivo staresti qui a intervistarmi?

Quali sono le motivazioni, le spinte, i condizionamenti, i limiti e le conseguenze di essere un artista oggi?

Per quanto mi riguarda creare è un'esigenza, non potrei farne a meno, è un modo per dialogare con me stesso, per ricercare quella serenità e quella fame di emozioni di cui parlavo prima. La spinta è forse quell'assurda pretesa di voler lasciare qualcosa di mio al mondo. I condizionamenti sono ovunque, nell'arte di artisti del passato e del presente, nella musica, nel cinema, nella letteratura, in una persona, in un'emozione. I limiti sono nell'ignoranza delle persone, le conseguenze sono il dover convivere con un costante e destabilizzante senso di soddisfazione\insoddisfazione.

A che cosa può aprirsi il mondo attraverso l’arte?

Alla cultura, al rispetto, alla poesia, alla conoscenza, ad andare oltre le apparenze e il banale.

Quanto può essere utile oggi a un artista esporre in un determinato contesto? E quanto può essere utile il loro passaggio al contesto che li accoglie?

Non saprei dirtelo, ma la cosa che so è che se si vuole davvero fare arte non bisogna mai snaturare il proprio lavoro per seguire le mode del momento o per renderlo più vicino e accessibile a certi contesti. Le mie opere sono state spesso associate all'arte Pop Surrealista o alla Street Art, ma sinceramente non mi sono mai preoccupato di voler essere una o l'altra cosa, non ho mai “corrotto” la mia arte, l'unico mio pensiero è sempre stato fare ciò che sentivo e che mi interessava. Ho un forte rispetto per ciò che creo e credo che questo sia la cosa principale.

Che progetti hai in cantiere?

Pochi mesi fa si è conclusa unFashion la mia personale a San Francisco e attualmente ho diverse opere in esposizione alla Lily Clifford Gallery di Eastbourne (UK), ma voglio anche continuare a esporre nel mio paese, infatti, da quest'anno è iniziata una collaborazione fatta di stima e amicizia con la White Noise Gallery di Roma e ci saranno presto grandi novità.

Dai la risposta alla domanda che volevi io ti facessi e che non ti ho fatto... e... mi dedicheresti una tua opera, un libro e una canzone?

Le tue domande sono state sicuramente esaustive, non credo serva aggiungere altro. Opera: Black mirror, libro: Le donne e l'arte nel XX e XXI Secolo, canzone: She's in parties dei Bauhaus.

Marco Rea è nato nel 1975 a Roma, dove vive e lavora.
http://marcorea.carbonmade.com/

Opere di Marco Rea Tecnica: spray su manifesto pubblicitario