Storie che esistono all'interno di altre storie, percorsi che si snodano attraverso vicende umane e sociali, delle quali raccontare gli interpreti e i protagonisti di una quotidianità.

Potrebbe essere così connotata la storia fotografica di un grande protagonista del nostro tempo: Gordon Parks, a cui il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri di Verona dedica la mostra ” Una storia americana”.

Nato nel 1912 a Fort Scott, in Kansas, tra povertà e segregazione - muore nel 2006- Parks è stato non solo un fotografo, ma anche un poeta, scrittore, regista (suoi i film sul detective Shaft), attore, musicista: una personalità dallo straordinario eclettismo, che gli è valso il soprannome di “Uomo del Rinascimento”.

Nel 1937 al banco dei pegni acquista una macchina fotografica, e, poco tempo dopo, comincia (1941) a collaborare con il celebre gruppo della Farm Security Administration (F.S.A.), capitanato da Roy Striker.

Attraverso la fotografia, Parks ha raccontato vere e proprie storie: basti ricordare uno per tutti tra i suoi servizi sulla rivista Life dedicati a una famiglia di neri ad Harlem, nel 1968, che segnerà una tappa importante nelle lotte contro il razzismo in America.

Ed è proprio sulla rivista Life che Parks “incontra” gli scatti di Dorothea Lange, Russell Lee, Walker Evans, e della più estesa pattuglia di fotografi che raccontano la Depressione. Realizzati tra i contadini senza casa della Dust Bowl o nei campi profughi della California, questi scatti mostrano la miseria di un Paese. “Tenevo la rivista sotto il cuscino nella cuccetta. Riflettevo e osservavo. Riflettevo e osservavo”, ricorda Parks. Riflette e osserva perché si accorge che quelle immagini, tutte provenienti dalla Historical Section della Farm Security Aministration (FSA), stanno distruggendo “ i mali causati dalla povertà con le macchine fotografiche” .

Nate dai drammi profondi le storie di Gordon Parks sono tutte autenticamente sentite , tutte raccontate come visioni genuine con la volontà di incidere sulla realtà, affermando attraverso il racconto per immagini il proprio punto di vista.

Curata da Alessandra Mauro e realizzata di Fondazione Forma per la Fotografia in collaborazione con la Gordon Parks Foundation e Contrasto, la rassegna scaligera presenta 160 immagini in bianco e nero e a colori, e molti vintage, realizzati con uno stile fotografico potente, molto cinematografico, con ritratti straordinari che colgono nei volti la tensione e la concentrazione del momento. Lo testimoniano assai bene i primi piani, con campi lunghi, dettagli, “piani sequenze” come in uno storyboard.

Ad aprire la rassegna scaligera è la sequenza di immagini su Ella Watson, una signora delle pulizie che Parks fotografò appoggiata al manico dello spazzolone. Ma la signora era solita raccontare della sua storia, drammatica! Un padre linciato dalla criminalità del Sud, la scomparsa prematura della madre, il matrimonio e una gravidanza quando studiava ancora alla high school, un marito ucciso a colpi d’arma da fuoco due giorni prima che nascesse la loro figlia, la stessa figlia adolescente incinta di due figli illegittimi e infine un nipote paralizzato. D’un tratto a Parks, tornò in mente “ American Gothic”, il quadro di Grant Wood.... Tirò fuori la macchina fotografica e con un’enorme bandiera americana che pendeva dal soffitto fin quasi al pavimento, messa una scopa in una mano, e uno spazzolone nell'altra, Parks scattò!

Ma è ad Harlem che si sposta l'occhio del fotografo statunitense. Qui gli scontri tra gang rivali si fanno sempre più roventi. E Parks ad Harlem era entrato proprio in una sorta di mission: mostrare “quanto fosse stupido uccidersi l’un l’altro”. Così, tentare di fermare le stragi di ragazzi a Harlem non sarebbe stata solo una avventura giornalistica quanto la necessità a denunciare forme di una violenza inarrestabile .E sempre sull'onda delle violenze vi era qualcosa che in Parks doveva essere davvero insopportabile: la segregazione razziale, che soffiava ancora sul fuoco delle tensioni razziali del paese, proprio quando il fotografo americano fu inviato nel Sud per realizzare un servizio su questi temi. Parks toccò così con mano la lotta per la sopravvivenza di un'intera famiglia: la famiglia Causey, “imprigionata” in una landa selvaggia dove il Ku Klux Klan bruciava le croci e la paura e la fame erano uno stile di vita.

Inviato ovunque, infaticabile presenza, Parks insieme al giovane reporter Hank Suydam, fu inviato a realizzare un servizio fotografico sulla criminalità in America. A Chicago, il regno malavitoso di Al Capone, il mondo della criminalità era anche quello dei pesci piccoli. Così con le pistole in pugno, furono Chip e Jimmy, due detective della squadra omicidi, a condurre i reporter nella scena del delitto. E al primo piano di un caseggiato, fu l’urlo di una donna a destare la loro attenzione. Quando fecero irruzione nella stanza, si trovarono di fronte una donna nuda sul pavimento. “In piedi, accanto a un letto, un nero enorme con in mano un coltello da macellaio che grondava sangue.” Scene queste di una vita violenta, storie neanche tanto ai margini, quanto dentro una realtà .

Ed ancora altre storie, come quella di Flavio un bambino di Rio de Janiero che vive in un tugurio, un bambino pelle e ossa, che si arrampicava sulla ripida collina erosa, respirando a fatica.

E poi ecco la “terra di lavoro”: operai all'opera a Sommerville nel 1944; abitanti del villaggio nella bottega di Hercules Brown, e nella sua casa durante la cena sono una decina le persone, donne e bambini, attorno a un tavolo rotondo. Immagini con strade innevate da raggiungere per consegnare alle famiglie la benzina. Sembrano fargli da contrappunto i lavoratori della Grease Plant. A Pittsburgh è una fabbrica di lubrificanti (1944) dove un uomo è immerso da petrolio e rassegnazione. Operai nella centrale elettrica, e in una foto-ricordo di gruppo, ancora tutti nella fabbrica di lubrificanti.

Ma risaltano dall'opera di Parks anche una serie di singolari ritratti: Leonard Bernstein con lo spartito musicale sotto il braccio in un palcoscenico di teatro. Lo scultore Alberto Giacometti in una foto del 1951 a Parigi; Alexander Calder (1952) tra le sue opere a Roxbury nel Connecticut; la ballerina Mary Ellen Terry dalla postura sexy in una cabina telefonica a New York. Paul Newmann e sua moglie Joanne Woodward a New York davanti a uno specchio (1959); Marilyn Monroe affascinante più che mai, e Sidney Poitier in “A Raisin in the Sun “ (1959); Glenn Gould al pianoforte, e Whoopi Goldberg sul set di “The Color Purple” (1985). Ed altrettanto suggestive sono le foto di Ingrid Bergman a Stromboli nel 1949, con Roberto Rossellini, e le foto di moda con Patricia Donovan e Suzy Parker, autentica stella del firmamento della moda. Un nome, il suo, che fiammeggiava tra le pagine delle riviste di moda come una meteora incandescente.

E ancora del 1966 sono le Pantere Nere, e una marea di giovani militanti in preda a una rabbia incontenibile. Malcolm X, Huey Newton, Eldridge Cleaver, Stokely Carmichael, H. Rap Brown, Bobby Seale erano in prima fila, nelle strade e nelle piazze. Ma c'era un uomo, però, che spiccava sugli altri leader: Martin Luther King Jr. “A lui Il compito ingrato di tentare di unire tutti i neri e combattere con una spada temprata nell’amore”. E lungo questo suggestivo percorso non manca neppure la versione originale di Muhammad Ali, con i suoi pugni poderosi, il talento strabiliante e una lingua dura, in un ritratto che lo incarna incisivamente. Infatti, nelle sue fotografie, il colore pastoso racconta, evidenzia. E i volti, come i paesaggi, suggeriscono un’esistenza difficile e un cammino tortuoso per affermare l’identità.

E' questo Gordon Parks, il grande narratore di una storia americana, che appartiene a un mondo di umanità, di passioni e desideri, o un'immagine che vive nelle memorie.