Capita che, arrivati ad un punto della vita, si guardi la situazione nel suo complesso, dalla sfera privata a quella lavorativa, dalla famiglia alle relazioni in genere, dagli interessi alle difficoltà; a quel punto, guardandosi indietro e poi osservando di nuovo la situazione presente, capita che ci si interroghi sul perché di quello che è accaduto prima e di quello che sta accadendo al momento presente. Succede anche che, dopo essersi chiesti il perché dell’accaduto e di ciò che si sta vivendo, ci si imbatta, quasi per caso, nella domanda “Qual è il senso di tutto questo?”

Ed ecco che, quasi per magia, in un modo che risulta del tutto naturale, pur nella sua imprevedibilità, ci si ritrova catapultati nel pensiero astratto, alla ricerca del significato di tutto quello che succede. Questa operazione appare, a chi la vive, come un passaggio del tutto naturale, quasi che fosse la logica conseguenza del normale processo del pensiero. E difatti è proprio così. Nonostante la domanda sul senso di ciò che ci accade possa sembrare qualcosa di strano, un’elucubrazione viziosa, un inutile orpello nella linearità razionale della giornata, è tuttavia cosa naturale, umana, diremmo quasi fisiologica dell’essere. È l’essenza stessa del vivere, dello stare al mondo.

Oggi la ricerca di un senso di ciò che succede a livello globale stimola ulteriormente la comprensione di quello che succede a livello individuale. A volte si trova un significato, una sorta di logica a ciò che succede, altre volte – forse la maggior parte delle volte, a dire il vero – si riesce a individuare una sorta di “funzione” per le cose piccole, per le cose grandi, per quelle belle come per quelle negative.

A livello psicologico, è molto importante per la crescita di una persona, in particolare per il rafforzamento del Sé, riuscire a individuare una funzione, analizzandone l’effetto, degli avvenimenti della vita che si sono individuati come negativi. La rilevazione di un senso/funzione degli accadimenti negativi spinge infatti la persona a ricercare, magari nascoste tra le pieghe della propria storia individuale, quelle luci positive, legate per esempio alla propria capacità di reazione (magari non immediata, ma pur sempre di reazione si tratta), o ad aspetti del Sé e risorse che non si pensava di possedere, o ancora ad accadimenti successivi che in seguito hanno avuto risvolti positivi per la propria esistenza o per la propria crescita.

Non si tratta di sforzarsi di essere ottimisti, bensì di ricercare e individuare le risorse che altrimenti non sarebbero lette, se concentrati solo sulla negatività dell’accaduto. Si tratta inoltre di concentrarsi più su di sé che sull’esterno, tralasciando in un certo senso ciò che di esterno non era comunque controllabile, gestibile o modulabile dalla persona, per individuare spunti di riflessione, di conoscenza, di responsabilità individuale e di crescita personale.

Ma veniamo alla seconda parte di questa riflessione: la necessità di agire.

Una volta individuato il senso, il significato, la funzione degli accadimenti passati, personali soprattutto ma anche sociali, globali, una volta colte le risorse che si possiedono, in termini di meccanismi difensivi, reattivi, di forza dell’Io, di capacità di gestire le situazioni tutte, quindi anche e soprattutto le più difficili, si può fare appello ai propri valori e passare all’azione.

Ma che cosa significa passare all’azione?

Significa comportarsi, nel proprio ambito e nelle proprie possibilità, secondo i propri valori, utilizzando al massimo le capacità del Sé (risorse, capacità reattive, resilienza, sicurezza etc.).

Intanto occorre quindi, come si è detto, fare appello ai valori. Spesso si dice che nella società odierna si sono “persi i valori”. A mio parere questo non è esatto, o non è totalmente vero. Io trovo che si dia forse meno importanza ai valori, si tramandino meno quelli propri, coprendoli in un certo senso con “cose” futili, passeggere, materiali, superficiali, competitive. Ma a mio avviso ogni persona dentro di sé possiede e fa riferimento – magari per opposizione – ai valori centrali dell’uomo: la dignità, la ragione, la libertà, la bellezza, l’armonia, la giustizia, il rispetto.

Esistono dei cardini etici universali, che sono insiti in ogni persona, che possono essere nascosti o affievoliti o messi totalmente a tacere, ma che possono anche venire coltivati, recuperati, rafforzati.

Faccio riferimento alle virtù secondo Platone, che rappresentano un cardine importantissimo per qualsiasi essere umano e per qualsiasi società. Anche quando virtù e valori sembrano disattesi o perduti, come spesso vediamo nella società attuale, in realtà vengono soltanto “capovolti”, perchè alcuni governanti tentano di ribaltarli al fine di acquisire potere e dominio.

È dunque particolarmente importante, proprio oggi, andare a recuperare dentro di noi i valori centrali dell’essere umano, per poi passare ad attuare un comportamento ad essi coerente, sintonico, funzionale in ultima analisi ad una società equa e in pace.

L’azione, ossia il comportamento e le decisioni, è l’ultima espressione, quella concreta, visibile e tangibile, di un lavoro interno di recupero del Sé, di conoscenza di sé stessi e delle proprie capacità, che abbiamo il compito di utilizzare per i fini più nobili.