Siamo sempre più legati all’energia, non è una novità, ed in particolare a quella elettrica, così facile da utilizzare ed utilissima. Per questo è così diffusa! Ovvio, se non altro per l’entità dei valori in campo, quasi come un semplice corollario, che ne derivino una serie di problemi non trascurabili. Ma allora perchè non se ne parla? La storia è sempre la stessa, ed evidentemente la “maestra di vita” non ci ha insegnato quanto avrebbe potuto e dovuto.

Da una parte troviamo chi omette di far sapere, ed anzi distrae, applicando l’arci noto panem et circenses, salvo poi l’agire di molti esattamente in questo modo: che altro si può sostenere a proposito della maggior parte dei programmi televisivi -quelli cosiddetti “culturali” compresi- o dello sport che va per la maggiore? Di sicuro il massimo si ottiene quando si realizza il corto circuito tra i due esempi appena riportati: calcio e televisione. Meglio, infatti, se lo strumento volto a mostrare non fa vedere il gioco giocato ma alcuni “esperti” che -loro- guardano la partita e ci raccontano quello che vedono, ovviamente in modo assai colorato.

Dall’altra chi accetta, poco importa se coscientemente o meno, tutto questo. Anche perché, diciamocelo chiaramente, le soddisfazioni non mancano. Chiarito quindi che l’energia sembra essere un bene scontato -anche se non certo dal punto di vista economico- ed anzi disponibile ovunque in quantità apparentemente illimitata, alla sola condizione di sopportare il continuo, ma intervallato, così da farci sbollire, aumento dei costi. Chi può immaginare, ed ancor meglio accettare, che tutto ciò non sia affatto vero ed anzi come in futuro la probabilità di tali interruzioni diventerà sempre più possibile -prima- e -poi- più frequente?

In molti ricorderemo quando nel film del 1984 “Non ci resta che piangere” Roberto Benigni e Massimo Troisi, chissà come proiettati nel passato, cercano di spiegare la corrente elettrica a Leonardo da Vinci, che, facendo brutta figura, non capisce che basta tirare un cavo. Oggi -eremiti a parte- tutto funziona elettricamente, nelle fabbriche e nelle case ma non solo. Limitando l’analisi alle nostre abitazioni si pensi a tutto quello che “funziona”, dal frigorifero alla lavatrice. In realtà, però, anche quello che non sembra -purtroppo- è comandato da apparecchi collegati alla rete elettrica e da questa alimentati: l’esempio più scontato è il riscaldamento a gas -il cui funzionamento per definizione avviene diversamente- è dipendente dal termostato, che è elettrico, per cui spento questo spento tutto!

Nel tempo il fabbisogno di elettricità è aumentato vertiginosamente, e quanto si è fatto in passato sembrava essere sufficiente a soddisfare la crescente richiesta. Oggi però qualche dubbio ci è venuto, e non basta imprecare per la (bassissima) diffusione delle automobili elettriche. Molto spesso, infatti, subiamo la completa interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica, generalmente avvisati dal gestore, che riferisce di necessità relative alla gestione del servizio, dal guasto alla manutenzione. Questo però è niente in confronto a quanto è già successo in diverse parti del mondo, solo in parte qui in Italia, e che non può che allarmare, per non dire di peggio, le persone assennate. Queste non sperano e non si disperano ma osservano, pensano e fanno!

Tecnici -veri!, non come quelli che in televisione fanno esperimenti di nessuna importanza- riferiscono come poco tempo fa si sia giunti qui in Italia in assoluta prossimità del punto di non ritorno, cosa ovviamente non resa nota ma solo trapelata, come già indicato, per non spaventare noi comuni mortali, che pur se impecoriti potremmo -nel nostro piccolo- incavolarci. Così facendo, soprattutto, non si deve rendere conto del proprio operato a chi occupa i posti di comando. Oltre alla vera e propria produzione di energia elettrica, per la quale un vecchio modo di dire recita iI non bastare mai, gli esperti evidenziano come la piccola -ma diffusa- produzione in proprio da parte di una vera e propria moltitudine di “autoproduttori”, che in molti casi non rispettano gli standard previsti, rischi di far saltare l’intera rete!

Come stupirsi se, tra l’altro, vi è chi compera il mitico kit per il fai-da-te di energia elettrica dal sole, ovviamente al supermercato, dove a prezzi irrisori si può acquistare, ad esempio, il trapano a colonna che fa i buchi ovali. Sommando la qualità del prodotto acquisito con quella del montaggio, spero di non dover fare esempi, citando la professione di turno, il risultato è assicurato! Nel migliore dei casi il pannello fotovoltaico da montare sul parapetto della terrazza non cascherà in testa ai passanti.

Del problema della frequenza nell’immissione in rete della corrente autoprodotta quasi non si parla, eppure l’argomento è tanto delicato quanto insidioso, lasciato all’iniziativa di non-esperti che, forti della loro competenza, controllano quotidianamente la produzione, ovviamente con un solo fine: la monetizzazione!

Il recente black-out avvenuto in Spagna, peraltro rischiato anche da noi non troppo tempo fa, non ci insegna nulla? La risposta è una ed una sola: no! Del resto se per essere appagati ci è sufficiente sparare un paio di stupidaggini sui social network, fino a quando abbiamo la possibilità di ricaricare lo smartphone -e quindi le nostre cartucce- siamo a cavallo. Forse però si tratta di un asino e la sella è al contrario ma in fin di conti è addirittura meglio, così non abbiamo davanti agli occhi il fastidio del collo e della testa dell’animale!

Tutto ciò premesso, con la concretezza del caso, che cosa ci dobbiamo preparare a fare per convivere con questa “discontinuità” di cui non sappiamo il momento in cui accadrà e tanto meno quanto durerà. La prima cosa da fare, subito, senza pensarci nemmeno un attimo, è smettere di dare credito ai sapienti onnipresenti sui social network, prontissimi a pubblicare stupidaggini illimitate. Peggio riescono a fare solo i terrapiattisti, maestri probabilmente insuperabili!

Altro da mettere nella to-do-list è la riduzione delle scorte conservate in apparecchi a funzionamento elettrico, quali sono i frigoriferi, i congelatori e simili. Naturalmente, le riserve sono importanti per cui non resta altro che approvvigionarsi di beni conservabili senza l’uso dell’energia elettrica. Che sia la volta buona, magari riusciamo a tornare al cibo fresco? Attenzione però, il problema non è solo se in caso di black-out ci rimettiamo noi, che limitiamo le spese quotidiane, oppure i supermercati, che conservano per noi tutti le scorte!

Bloccati i negozi, non funzionando i semafori (e tutto il resto), come sopravviveremo? In un mondo di obesi almeno per un poco dovremmo riuscire a resistere senza mangiare o facendolo in modo limitato. Non così nel nostro iperattivismo, senza giungere a idealizzare chi si è organizzato le giornate sulla base di slot temporali della durata di cinque minuti, chi riuscirà a passare dagli impegni in sequenza infinita –che non sembrano terminare mai- alla quasi totale inattività? Altro che la tempra dei metalli!

Evitando i soliti racconti sull’aumento delle nascite negli Stati Uniti nove mesi dopo il black-out, conviene ci prepariamo, dal procurarci candele e torce a batteria fino al comprendere come potrebbero essere utilizzate le macchine elettriche per far funzionare casa, naturalmente considerandone i limiti, dato che la ricarica sarà impossibile fino al cessare dell’emergenza. Meglio di tutti stanno coloro che sono dotati di impianto per l’autoproduzione energetica, alcuni perfino con la batteria tampone! Chi non lo possiede dovrebbe farci un pensiero.

Altra soluzione, assolutamente praticabile, è sposare un atteggiamento diverso e dotarsi di qualcosa che sopperisca alla carenza di erogazione. La tipologia può essere molteplice, ad esempio dalla batteria tampone al gruppo di continuità. Nel primo caso, viene utilizzata una grossa batteria, da mantenere sempre carica, ovviamente meglio se questo avvenisse con l’impianto fotovoltaico, in modo da farla erogare in assenza di produzione, quindi di notte -per chi sfrutta l’energia solare- o durante -appunto- i black-out.

Nel secondo, invece, possiamo dotarci di un generatore, sostanzialmente un motore endotermico, che bruciando combustibile fossile produce energia elettrica. Il funzionamento è quindi intermittente, di certo la manutenzione è assolutamente importante ed è un vero e proprio classico smettere di produrla quando l’attrezzatura non è stata utilizzata per mesi se non per anni, con il risultato che quando dovesse servire non sarà in grado di farlo.

Tornando però al più banale fare, noi -come si dice- qui ed ora, dove dobbiamo posare l’attenzione? Qualche simpaticone amante dello sport potrebbe attrezzare la cyclette con un generatore per fare corrente, meglio se anche con una batteria per lo stoccaggio dell’eventuale eccedenza. Non è molto ma un aiuto lo darebbe. Non voglio nemmeno pensare agli ascensori bloccati, con temperature torride. Chi può resistere in queste scatole metalliche in attesa dei soccorsi, che devono dividersi tra centinaia di chiamate? Non è un fatto di claustrofobia, meglio, se possibile, starne lontano. Le candele, che non usiamo da anni, saranno dove pensiamo di averle stoccate? È buono questo posto, abbiamo quanto serve per accenderle? Da me, che non fumo e non cucino col gas, di fiammiferi non c’è traccia, le candele sono invece quasi del tutto colate, sembrano un’opera d‘arte!

Per prolungare la nostra sopravvivenza digitale impossibile non procurarsi -subito, non durante il black-out- un’energy bank, cioè una batteria piuttosto capiente quindi in grado di darci alcune ricariche di tutti gli apparecchi “mobili” che possediamo, dal laptop al tablet ovviamente oltre agli smartphone. Se l’interruzione dovesse durare da alcune ore a un giorno in qualche modo potremmo farcela. Ma se la cosa si prolunga? Dipende dalla batteria, è ovvio, ma tutto ha un limite! Se, così sicuri come siamo della nostra tecnologia, dovesse terminare completamente l’energia? Mica per sempre, basterebbero un paio di giorni. No, guardare la televisione non è la risposta esatta.

Essere previdenti più di un poco indica I'opportunità di preparare qualcosa di alternativo, dal libro -cartaceo!- che vogliamo leggere da anni, se non da sempre, al quaderno -righe, quadrati o nulla, a scelta- su cui tornare a scrivere. Non necessariamente un romanzo, bastano poche righe, da rileggere dopo con la giusta attenzione. Qualcuno, smaliziato e probabilmente giocherellone, potrebbe suggerire, con un poco di ironia e molto sarcasmo, di tornare a pensare. L’attività è nobile ed appagante ma se non esercitata per troppo tempo rischia di farci sprofondare nel vuoto. Autoconvincerci di aver trascorso una intera vita in modo del tutto privo di vero senso può essere deleterio! Non è indispensabile avere un proprio pensiero originale, non lo hanno neppure la maggior parte dei sedicenti filosofi, che non lo ammetteranno mai, però tornare a ragionare sulle cose che ci riguardano, importanti e non, materiali e non, è un gran bello esercizio!

Ciò che conta non è il valore assoluto -entrerà o meno nei libri di storia?- della speculazione messa in atto ma quello -appunto- relativo alla nostra scala. Quello che facciamo ogni giorno, perché imposto subdolamente o d‘imperio, ha il senso che gli attribuiamo o si ripetono schemini dal dubbio senso? L’analisi, liberata dall’incognita temporale, potrebbe fornire a ciascuno di noi la propria “giusta” risposta. Innanzitutto a chi -conformista per definizione- non riesce ad approfittare di questo tempo, non disponibile per l’effettuazione delle solite lavorazioni, e che qualche dubbio potrebbe comunque porselo, finendo per migliorare il proprio stato!

Saltando i gradi intermedi, dalla parte opposta di questa particolare classificazione, vanno collocati coloro che si comportano in modo diametralmente opposto. Non trattiamo del lamento continuo ma di chi vorrebbe di più, sempre, perché questa è la nostra natura. Una sosta, liberata dalla necessità del risultato, anche solo parziale e senza l’assillo del tempo, potrebbe davvero essere foriera di risultati inaspettati. Scritto così vien voglia di augurarci di poter vivere quanto prima questa esperienza, magari non troppo corta. Non è questo lo scopo dello scritto, meglio invece attrezzarci e -perchè no?- provare a staccarci per un poco da queste attrezzature, che sono indispensabili solo per i servizi di sicurezza. Il fatto che ci sembri -o percepiamo- importante il presidiare social network, e-mail e sistemi di messaggistica istantanea non significa che lo siano, è più probabile il contrario!

Molti parlano di vera e propria patologia, nessuno però indica l’impossibilità di uscirne e nemmeno la necessità di terapie lunghe e costose: perchè non provarci, in attesa delle tempeste magnetiche e malgrado gli interruttori temporizzati o di prossimità ed i rubinetti che miscelano l'aria all'acqua, e quindi prima che un black-out ci obblighi a rinunciare ai nostri amati ed odiati device?